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"Australia" di Baz Luhrmann

16 gennaio 2009 Recensioni 3 Commenti
Australia

20th Century Fox, 16 Gennaio 2009 – Scenografico

Australia, 1939. L’inglese Lady Sarah Ashley arriva in Australia per raggiungere il marito, proprietario terriero e allevatore di bestiame. Rimarrà affascinata da un mondo totalmente diverso dal suo, come ad affascinarla saranno anche le persone nuove che incontrerà…


Hugh Jackman e Nicole Kidman in una scena di AustraliaCiò che appare subito piuttosto evidente in Australia è che si tratta di un film che intende narrare una vicenda sempre funzionante – quella del grande amore, eccezionalmente non contrastato, attraverso due personaggi fascinosi – all’interno di un contesto prescelto. In questo caso, e il titolo non è certo fuorviante, tutto va in un’unica direzione: celebrare l’Australia con i suoi paesaggi mozzafiato, con il suo fascino di un mondo tanto lontano da apparire quasi altro e, punto di merito al regista, si vogliono narrare due vicende storiche sconosciute o quasi. La prima riguarda le cosiddette “generazioni rubate“, ovvero tutti quei bambini aborigeni, o figli meticci di coloni e aborigeni, che venivano stappati dalle famiglie di origine per essere affidati a istituzioni religiose con lo scopo razzista di cancellare in loro le radici non tollerate dai bianchi. La seconda vicenda riguarda invece il bombardamento della cittadina australiana di Darwin avvenuto ad opera dell’esercito giapponese agli inizi della Seconda Guerra Mondiale.

Nicole Kidman e Brandon Walters in AustraliaLa parte iniziale del film introduce il personaggio di Lady Sarah e contemporaneamente lo fa conoscere insieme a quello del mandriano Drover; per far questo, la sceneggiatura si avvale di tocchi di apprezzabile humor – anche se a farne letteralmente le spese è l’icona australiana per eccellenza, ovvero il canguro, oggetto di un certo humor nero – che, seppure maggiormente presenti in questa parte del film, non svaniscono completamente con lo sviluppo della vicenda. A questi due personaggi centrali è legato quello di Nullah, il bambino aborigeno del quale si segue il destino e che si pone a sua volta come simbolo delle generazioni rubate la cui sorte ingiusta si vuole rendere nota. Da un lato, questi tre personaggi sono impegnati in uno scopo comune: quello di salvare proprietà e bestiame della neo vedova Lady Ashley, sempre guardandosi le spalle dalle malefatte neanche troppo imprevedibili del cattivo di turno. Dall’altro lato, i rispettivi destini che si incrociano porteranno ciascuno di loro a una conoscenza di se stessi e del proprio percorso individuale. Nel caso di Nullah, l’elemento magico che lo caratterizza è sì ciò che salva la sceneggiatura – già non particolarmente brillante per originalità – da soluzioni altrimenti inverosimili, ma appunto per questo ne costituisce uno degli elementi deboli, per quanto ne sia il fulcro. In questo contesto avventuroso, nel quale maestose immagini di deserti, tramonti e montagne – spesso ripresi con ragguardevoli campi lunghissimi – edulcorano la vicenda scontatamente avvincente, nella parte finale viene dato breve ma sufficiente spazio alla distruzione di Darwin a opera dei giapponesi.

Hugh Jackman in AustraliaInfine, ci sono un paio di film che si pongono come leit motiv per Australia: il primo – che prevale abbondantemente sul secondo – è Il mago di Oz, mentre l’altro è Via col vento. Il mago di Oz – uscito nel 1939, ovvero l’anno in cui la vicenda di Australia ha inizio – lo accompagna tematicamente con la canzone che lancia il messaggio della possibilità di realizzare sogni anche impossibili e che si accosta in qualche modo alla tematica della magia presente nel personaggio di Nullah.
Anche Via col vento risale al 1939, ma la sua funzione è quella di accompagnare Australia dal punto di vista stilistico specie nei tramonti, nei paesaggi e nella fotografia spettacolare. È poi impossibile non accostare la sequenza dell’asta di beneficenza che vede Sarah come protagonista alla sequenza dell’asta di beneficenza già presente in Via col vento, anzi: sia nei maligni commenti verso Sarah/Rossella O’Hara neo vedove che nei personaggi femminili stessi che li pronunciano, è evidente che ne sia stata presa volutamente in prestito per rafforzare le citazioni.


La locandina di AustraliaTitolo: Australia (Id.)
Regia: Baz Luhrmann
Sceneggiatura: Stuart Beattie, Baz Luhrmann, Ronald Harwood, Richard Flanagan
Fotografia: Mandy Walker
Interpreti: Hugh Jackman, Nicole Kidman, Brandon Walters, David Wenham, Jack Thompson, Bryan Brown, David Gulpilil
Nazionalità: Australia – USA, 2008
Durata: 2h. 45′


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Attualmente ci sono 3 commenti a questo articolo:

  1. roberta ha detto:

    kIdman e Jackman nonostante siano bravi e belli aimhè svanisce come neve al sole perchè la purezza e la sconvolgente bellezza di Brandon Walters fa di lui la star più bella del film! Attraverso la sua voce e la purezza sia del personaggio Nullah e di Brandon fanno si che illumina lo scermo da solo! FAVOLOSO ATTORE FAVOLOSO RAGAZZO!

  2. Marco ha detto:

    D’accordo con la recensione, film che è un chiaro omaggio alla terra di origine del regista e non a caso dei due attori protagonisti.
    Azzeccato l’aggettivo “scenografico” difatti la fotografia e le riprese della magnifica terra australiana sono le cose di maggior pregio in questo film, come del resto anche la regia che ci regali squarci mozzafiato, capace di farci innamorare, come se gia non lo fossimo, dell’Australia, complici anche dei buonissimi effetti specilai, un pò troppo “pixellati” forse.
    La sceneggiatura è la parte più debole del progetto, con una prima parte che mi ha fatto pensare ad una presa per i fondelli: la solita storia scontata che già si è vista e rivista con l’ovvio ending dell’innamoramento dei due protagonisti. Da segnalare solo la fuga del bestiame a fianco del burrone.
    Ad alzare il livello vi è una seconda parte riguardante l’attacco di Darwin, qui il regista ci regala veramente ottime riprese grazie anche all’ausilio di pregevoli effetti speciali, ricordando però un pò i 40 minuti (e unici interessanti ) finali del film “Pearl Harbour” di Bay.
    D’accordo anche nel voler raccontare la storia della “stolen generations”, però alla fin fine si tratta di uno script già visto, lo spettatore non mancherà di anticipare ciò che succederà dopo.
    Purtroppo vi sono anche momenti di stasi registica e momenti di montaggio frettoloso.
    Attori nella norma, senza guizzi.
    Ci si apettava sicuramente molto di più.

  3. Tiziana ha detto:

    Sì, diciamo che si tratta di un film essenzialmente spettacolare/scenografico e che la sceneggiatura non propone nulla di nuovo se non un paio di pagine di storia, merito comunque non trascurabile.

    Infatti, a distanza di tempo restano impresse nella memoria più che altro le immagini di sequenze spettacolari –
    tra le quali quella citata che ha per protagonista la mandria sull’orlo del burrone -, anche se il fatto che delle sequenze restino nella memoria dimostra come l’effetto di stupire spettacolarizzando sia stato raggiunto.

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