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"Ultraviolet" di Kurt Wimmer

12 giugno 2006 Recensioni 0 Commenti
Emanuela Perozzi, 12 Giugno 2006: Inutile
Sony, 16 Giugno 2006

Sul finire del XXI secolo una mutazione genetica provoca la comparsa di creature umane più veloci, più resistenti e dotate di un’intelligenza superiore. La mutazione prende la forma di un’epidemia, e gli infetti sono sottoposti a test aberranti per poi essere messi in quarantena prima di essere sterminati…


Il nuovo film di Kurt Wimmer (Equilibrium) si ispira al mondo dei fumetti per descrivere una futura società apocalittica e ipertecnologica dominata dalla paura per una nuova incontenibile piaga, la guerra biologica. A causa di un errore nella sperimentazione biogenetica, alcuni ricercatori hanno propagato nell’umanità un virus che tramuta in Ematofagi tutti coloro che ne entrano in contatto. Questi ultimi, a loro volta, diffondono il morbo mettendo a rischio la sopravvivenza dell”intera specie umana. Tra i vampiri assetati di sangue e dotati di incredibile forza e qualità atletiche fuori del comune, spicca la scultorea figura di Violet (Milla Jovovich), una guerriera infetta che si fa promotrice di una spietata resistenza al governo, capeggiato dal tiranno Daxus (Nick Chinlund), che intende sterminare con una misteriosa arma ogni traccia della minaccia rappresentata dai mutanti.

La logica binaria del digitale con cui la guerra civile tra “razze” viene combattuta rende impossibile la semplificazione della complessità della vita e non può che ridurre a banalità anche gli interessanti risvolti sociologici dell’idea di partenza del film, ovvero la tematica della diversità. Essa, infatti, ci viene sapientemente introdotta dalla fugace visione degli Ematofagi costretti ad indossare una fascia distintiva della loro diversità, che non può non rievocare le barbare discriminazioni razziali nei confronti degli Ebrei, ma poi si smarrisce completamente, non se ne ha più traccia se escludiamo la fitta rete di simbolismi che tentano (invano) di dare una compattezza al senso del film. Senso che vive solo ed esclusivamente delle manipolazioni ad alta definizione digitale con cui il film è girato e che sembrano rappresentare la prova concreta e inconfutabile di come la vita non sia “digitalizzabile”, compresa la morte che rappresenta l’evento ineluttabile che ne mette fine, almeno se parliamo degli esseri umani.

La virtualità di Ultraviolet amplifica a livello esponenziale ciò che la tecnologia sta realizzando attraverso potenzialità di riproduzione sempre più rapide, segnando il passo ad una immortalità che scaccia via qualsiasi finitezza del tempo, condizione primaria per le possibilità delle azioni umane, finendo per abbracciare una temporalità accelerata e infinita in cui la figura fumettistica della vendicativa Violet (ispirata a Gloria del mito John Cassavetes) sembra piuttosto richiamare la foga assassina dell’eroina di Kill Bill, con la differenza che quest’ultima impersona molto bene l’amalgama tra crudeltà di gesti e umanità di pensiero, mentre in Violet-ammazzatutti la vaga presenza di un cuore tenero è accennata con la stessa rapidità che impiega lo spettatore a dimenticarsela. Col risultato che il sub-plot dell’amicizia con il bambino/arma (un Cameron Bright imbambolato, e non solo per esigenze di copione) non è mai approfondito, sviscerato, smascherato di quei sentimenti genuini che avrebbero costituito una valida giustificazione alla sua presenza, ma si riduce ad un modesto espediente per riempire una già scarna sceneggiatura.

Il fatto che si tratti di un film di fantascienza, di un genere in cui gli effetti speciali e la spettacolarità dell’azione rappresentano il vero punto di interesse nei suoi estimatori, non significa che tutto ciò possa bastare a renderlo guardabile. Basti prendere l’esempio degli X-Men targati Bryan Singer (soprattutto il secondo) in cui il tema della discriminazione cui si accennava prima trova ben altro spazio e coesione con il progetto complessivo del film. Il lavoro di Wimmer non riesce mai a superare una generale soglia di banalità e noia, non diverte né tantomeno commuove.

Negli Stati Uniti la pellicola ha avuto scarsa risonanza. Chissà se il pubblico italiano saprà risollevarne le sorti, magari attratto dalle ottime doti della statuaria Jovovich che spesso e volentieri convogliano verso una deformazione professionale in cui passo da top-model su immaginaria passerella duetta con piroette umanamente impensabili e colpi di destrezza sferzati al ritmo della prontezza fulminea della sua super intelligenza. A parte questo, il nulla.


Titolo: Ultraviolet (Id.)
Regia: Kurt Wimmer
Sceneggiatura: Kurt Wimmer
Fotografia: Arthur Wong, Jimmy Wong
Interpreti: Milla Jovovich, Cameron Bright, Nick Chinlund, Ida Martin, Sebastien Andrieu, William Fichtner, David Collier, Kieran O’Rorke, Digger Mesch, Ryan Martin, Steven Calcote, Ricardo Mamood, Mike Smith, Clay Cullen, Jennifer Caputo
Nazionalità: USA, 2006
Durata: 1h. 28′


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