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"L'amico di famiglia" di Paolo Sorrentino

9 novembre 2006 Recensioni 0 Commenti
L'amico di famiglia

Medusa, 10 Novembre 2006 – Opulento

Zampettando tra le quadrature urbanistiche di epoca fascista come un Mr Scrooge molto agitato, Geremia detto “Cuoredoro” accumula. Piccole cifre, mai esagerate. Nella comunità in cui vive si prende cura della gente, rende possibili i loro sogni, le loro perversioni. Geremia è un usuraio…


Giacomo Rizzo in L'amico di famigliaNei rinnovati 100 minuti de L’amico di famiglia, rimontato dopo aver portato a Cannes una prima versione poi scorciata nel finale ma non solo, Sorrentino dispensa conferme. Con i suoi tre lungometraggi ha finora tenuto altissimo lo standard, in una mirabile integrità di valori cinematografici. Anche questa volta è fondamentale il setting (l’asfissiante hotel-acquario de Le conseguenze dell’amore diventa lo spazio aperto oppressivo e surreale delle piazze cittadine), l’ambiente peculiare che deve dire molto del protagonista colto nell’attimo in cui la vita gli butta all’aria tutto.
Geremia è deforme, puzza, è spregevole e tirchio fino al midollo, ma sembra veramente l’unico elemento dinamico in un contesto immobile. Un tale concentrato di qualità negative da far pensare ad un rito di evocazione collettiva capace di convogliare in lui il soffio vitale di tutti gli abitanti di questa piccola città. Nessun altro vive, eccetto che per rapportarsi a Geremia. Gino che vorrebbe essere un cowboy, Rosalba che vorrebbe essere altrove, tutti i clienti di Geremia che vorrebbero essere/fare/comprare/vivere qualcosa.

Giacomo Rizzo e Laura Chiatti in L'amico di famigliaIronia vuole che invece il film si apra sulla celebrazione del dinamismo, un’epica ouverture che attraverso l’esasperata ricerca formale definisce le tematiche del film. Come spesso succede con Sorrentino, a prima vista l’eccesso di barocchismi fa storcere il naso, ma ritornando a posteriori sull’incipit si possono apprezzare i paradossi che letteralmente scolpiscono nell’immagine (ralenti in composizioni geometriche, intersezioni di linee e punti di fuga) le psicologie dei personaggi. Proprio la stretta dipendenza del racconto dall’immagine è stata la boccata d’aria che Sorrentino, insieme ad altri giovani degli anni 2000, ha portato nel cinema italiano. È bello vederne quindi gli sviluppi, anche quando rischia (rischia) di apparire non necessaria.

Giacomo Rizzo in L'amico di famigliaSorrentino grottesco, orrorifico, straniante ma divertente, come ci tiene a far presente lui. Non sembra il caso infatti di addentrarsi nel ricamo sociologico, nel piegare questo film alla logica seriosa della blanda denuncia. L’unica cosa che dovrebbe far riflettere è l’enorme piacere filmico che L’amico di famiglia riesce a procurare, anche quando si addentra nel perturbante come faceva il più cupo L’imbalsamatore di Garrone (un altro del gruppetto di cui dicevamo in precedenza, che ci ha aperto gli occhi su un cinema che in quel momento era disperso). Guardate i mille punti di vista che giocano con la composizione dell’inquadratura, acchiappate con gli occhi la figura piccola di Geremia che in campo lungo trotterella verso casa, o le frange di Bentivoglio che patetiche si agitano nel ballo. C’è, a tutti gli effetti, la messa in scena di uno “stile Sorrentino” che è nato già maturo e che continua a deliziarci (speriamo non venga mai il momento in cui si stancherà di se stesso).

Giacomo Rizzo in L'amico di famigliaAllontanatosi dal mostruoso Toni Servillo, il regista partenopeo non ha comunque smesso di costruire personaggi atipici su caratteristi di sicuro successo. Il Geremia di Giacomo Rizzo è, in una parola, meraviglioso. Ma ce lo aspettavamo. Non ci aspettavamo invece un Bentivoglio così, che sembra nato cowboy con gli occhi tristi (una specie di Kit Carson elegiaco e anacronistico), simulacro a cui il regista consacra alcune delle più belle inquadrature del film.

Un film che coniuga al meglio il ludico e il grottesco. Bravo Sorrentino, e speriamo che duri.


La locandina di L'amico di famigliaTitolo: L’amico di famiglia
Regia: Paolo Sorrentino
Sceneggiatura: Paolo Sorrentino
Fotografia: Luca Bigazzi
Interpreti: Giacomo Rizzo, Laura Chiatti, Fabrizio Bentivoglio, Gigi Angelillo, Clara Bindi, Barbara Valmorin, Marco Giallini, Alina Nedelea, Roberta Fiorentini, Elias Schilton, Lorenzo Gioielli, Valentina Ladovini, Giorgio Colangeli
Nazionalità: Italia, 2006
Durata: 1h. 50′


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