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Boyhood di Richard Linklater

29 ottobre 2014 Recensioni 3 Commenti
Boyhood

Universal, 23 Ottobre 2014 – Personale

La storia quotidiana del giovane Mason Evans e delle persone che lo circondano, dalle scuole elementari fino all’Università. In poche parole, l’adolescenza di un ragazzo come tanti, seguita anno dopo anno in ogni più piccola esperienza e in ogni più piccolo incontro…


Ellar Coltrane in BoyhoodÈ difficile approcciarsi a Boyhood senza tenere conto delle circostanze della sua lavorazione, ed è ancora più difficile non lasciarsi influenzare da questa consapevolezza nel momento di emettere un giudizio. Richard Linklater e i suoi collaboratori hanno lavorato a un pezzo di questo film ogni anno dal 2002 al 2013, con l’intento di restituire su schermo i cambiamenti fisici e psicologici dei suoi interpreti. Un lavoro che ha sicuramente richiesto una pazienza invidiabile, imparentato forse solo all’analogo tentativo compiuto da Marco Bellocchio con Sorelle e Sorelle Mai. Laddove però le vicende della famiglia di Bellocchio lasciavano più spazio all’improvvisazione e alla discontinuità, il lavoro del regista texano mostra invece una ricerca costante dell’uniformità e della trasparenza della messa in scena, tanto che spesso si può distinguere in quale anno sia ambientato un particolare episodio solo grazie ad un’esplicita ammissione in un dialogo o al riferimento a una canzone o un film.

Patricia Arquette, Ellar Coltrane e Lorelei Linklater in BoyhoodSe dal punto di vista puramente tecnico siamo di fronte ad un prodotto assolutamente encomiabile date le premesse, i contenuti potrebbero risultare spiazzanti. A episodi più drammatici ma che suonano talvolta di già visto (il nuovo marito ubriacone di mamma) si accompagnano tanti altri momenti del tutto quotidiani, che sembrano semplicemente accadere, senza alcuna reale utilità per la trama che si sta cercando di seguire. Una delle scene più memorabili è un lungo piano sequenza di una conversazione tra Mason e una sua compagna di scuola a proposito di una prossima festa, dialogo che in realtà non porta da nessuna parte, ma che tutti abbiamo potuto vivere in prima persona. Sono momenti come questo a rendere Boyhood unico e speciale nel suo risultato finale: film autentico nel raccontare le piccole cose quotidiane se ce n’è uno, questo colossale lavoro di accumulazione arricchisce lentamente i personaggi protagonisti e fa lievitare in modo naturale l’affetto che il pubblico arriva a provare per loro. Non è un caso se il cuore del racconto è proprio una famiglia, un piccolo nucleo di cui tutti quanti facciamo parte, con ruoli che si evolvono col tempo.

Ellar Coltrane e Lorelei Linklater in BoyhoodIl regista texano non va tuttavia alla ricerca dell’empatia più facile, ma anzi mantiene viva la sua capacità di parlare di sentimenti universali mescolandoli con i temi ricorrenti che hanno formato la sua identità di uomo, a partire dal suo stato d’origine. Più ancora della trilogia sull’amore di Jesse e Céline, Boyhood è quindi il film più ambizioso e personale di Richard Linklater. Gli amanti di una filmografia vitale e coerente vi possono trovare quindi l’opera definitiva, mentre per tutti gli altri il fascino non è immediato, ma basta avere pazienza e la ferma convinzione che anche i momenti più insignificanti acquisteranno un senso sul finale: talvolta la vita può agire in questo modo, e così è anche nel racconto dell’adolescenza di Mason Evans.


La locandina di BoyhoodTitolo: Boyhood (Id.)
Regia: Richard Linklater
Sceneggiatura: Richard Linklater
Fotografia: Lee Daniel, Shane Kelly
Interpreti: Ellar Coltrane, Patricia Arquette, Ethan Hawke, Elijah Smith, Lorelei Linklater, Steven Prince, Libby Villari, Marco Perella, Jamie Howard, Andrew Villarreal, Ryan Power, Charlie Sexton, Byron Jenkins, Barbara Chisolm, Cassidy Johnson, Cambell Westmoreland
Nazionalità: USA, 2014
Durata: 2h. 43′


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Attualmente ci sono 3 commenti a questo articolo:

  1. Guido ha detto:

    Sono d’accordo con Enrico, con cui mi congratulo per la recensione.

    Dal punto di vista tecnico il prodotto finale è assolutamente impeccabile, dal momento che tra la prima e l’ultima scena l’uniformità dello stile è evidente. La regia di Linklater è precisa e classica senza alcun vezzo.
    La durata non si avverte mai, e tutto è reso con una naturalezza incredibile, per situazioni (la ricerca di affetto iniziale di Mason verso la madre che si trasforma in “vergogna” per un bacio della stessa, le serate con gli amici, l’evoluzione tecnologica, le mode del momento…) e il realismo è ai massimi livelli tanto che sembra quasi di assistere ad un documentario più che ad un film di finzione, grazie anche alla “complessa semplicità” dei dialoghi.

    Tuttavia ancora non capisco se Linklater abbia deliberatamente scelto di non inserire (quasi) alcun momento particolarmente rilevante della vita di Mason perché è innegabile che nei dodici anni di vita di questo ragazzo, succeda ben poco, almeno sullo schermo. L’esempio di Enrico sul dialogo sulla festa che non porta da nessuna parte (sequenza girata benissimo, peraltro) è perfetto.

    Ciò che invece manca completamente sono i riferimenti al passato; molto strano che in una pellicola ambientata nell’arco di più di un decennio non ci sia neppure un “ricordo” di situazioni vissute (eccetto le esperienze sentimentali della madre, accennate un paio di volte), o che nessun personaggio ricordi un momento degli anni precedenti. Per fare un esempio, anche una semplice citazione del momento in cui il padre aveva venduto l’auto tanto desiderata da Mason quando vediamo per la prima volta il ragazzo alla guida, avrebbe, secondo me, arricchito la sceneggiatura.
    Tuttavia va detto che il discorso finale di Patricia Arquette è veramente bello.

    Perfetti i quattro protagonisti e bravi tutti gli interpreti secondari.
    Straordinaria la colonna sonora, come sempre nei film di Linklater, con canzoni che vanno dalle più commerciali alle più raffinate, e da antologia il discorso di Ethan Hawke sul “Black Album” dei Beatles.

    Nota di demerito all’edizione italiana che non ha sottotitolato le (belle) canzoni cantate da Hawke e altri brani della colonna sonora che parlano chiaramente di crescita e di età adulta.

    Un film da vedere e rivedere.

  2. skumkyman ha detto:

    Un film davvero molto intimo che non ha bisogno di mettere in scena la finzione riuscendo a ricreare la realtà attraverso il filtro dell’emozione.
    Si finisce cosí per ricreare la sensazione di un album di fotgafie e per provare un certo senso d’appartenenza alle vicende narrate, al contesto storico-culturale e ai rapporti tra le persone. La musica scandisce perfettamente il ritmo.
    Complimenti per la recensione

    p.s. credo che sia un errore del doppiaggio ma credo che Mason parlando con la madre dica N.S.A. e non N.A.S.A.

  3. Marco ha detto:

    Bellissimo ed originale esperimento cinematografico, riuscito magnificamente tra l’altro.
    Concordo sia con la recensione che con i precedenti commenti.
    La durata di 165′ non si avverte minimamente, grazie alla maestria di Linklater, ai dialoghi molto convincenti come del resto le interpretazioni di tutti gli attori (menzione d’onore alla Arquette giustamente vincitrice dell’Oscar) e alla sceneggiatura di una semplicità ma di una realistica naturalezza.

    Una nota: avrei inserito lo scandire degli anni piuttosto che ritrovare i ragazzi tutto d’un tratto cresciuti.

    Momento preferito: quando l’ex operaio delle fogne rincontra la madre e la ringrazia per avergli consigliato di andare a studiare.

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