"Everest" di Baltasar Kormakur
Universal, 24 settembre 2015 – Prescindibile
1996: diversi gruppi di turisti partono contemporaneamente per scalare la cima dell’Everest. Questo “traffico” crea problemi e incomprensioni tra i vari responsabili, ma soprattutto rende molto più pericolosa la scalata per gli alpinisti non professionisti…
Everest è tratto dal libro Aria Sottile, scritto da Jon Krakauer, uno dei sopravvissuti alla spedizione. Già la formula “tratto da una storia vera” applicata a un film mainstream hollywoodiano è di solito prodromo di dramma incombente con finale tragico e strappalacrime. Diciamo però che non è facile raccontare la storia di una tragica spedizione in alta montagna senza cadere nello scontato. Aggiungiamoci la donna incinta e la famiglia in crisi che ti aspettano a casa, e allora diciamo pure che vuoi fare un’americanata in piena regola. Se però, nel bel mezzo di una scena che dovrebbe creare tensione ed ansia, la prima cosa a cui ti viene da pensare è la scena di Ciuchino sul ponte in Shrek, allora il film non funziona proprio.
Pensate alle mille ovvietà che potreste trovare in un film avventuroso/drammatico sull’alta montagna: la tempesta in alta quota? C’è. Gli scalatori in fila che perdono l’appiglio? Ci sono. Lo sherpa morto congelato delle spedizioni precedenti? C’è. Il conflitto tra guide/maschi dominanti? Pure. E la storia va avanti per più di due ore tra riprese più o meno uguali di montagne altissime, trasmissioni radio che vanno e vengono, imbecilli che non dovrebbero salire nemmeno una scala a pioli, lacrime a non finire.
Forse sarebbe ora di considerare lo spettatore un po’ più intelligente, forse sarebbe ora di raccontare altre storie, oppure di raccontare meglio queste. Forse ci siamo stancati di un cinema che ci ripropone sempre gli stessi cliché. Un cinema fatto di macchiette stereotipate e non di personaggi con un proprio spessore: eroi che buttano la propria vita per salvare quella di riccastri che si vogliono togliere lo sfizio di dire che sono stati sull’Everest; maschi alfa che prendono il sole a petto nudo a 7000 metri e che sopravvalutano le proprie capacità; asmatici che decidono di scalare il tetto del mondo.
In tutto questo, potreste anche avere voglia di vederlo, Everest. Allora, almeno vi meritereste una maggiore dose di tensione, di spettacolarità, di suspense, di commozione; perché Everest fallisce anche da questo punto di vista. Le riprese in alta quota sono tutte uguali, la suspense crolla sotto il peso della totale prevedibilità, la commozione si trasforma in ridicola stucchevolezza. Potete farne tranquillamente a meno.
Titolo: Everest (id.)
Regia: Baltasar Kormakur
Sceneggiatura: William nicholson, simon Beaufoy
Fotografia: Salvatore Totino
Interpreti: Jason Clarke, Josh Brolin, Jake Gyllenhaal, John Hakes, Robin Wright, Keira Knightley, Emily Watson, Michael Kelly
Nazionalità: USA, 2015
Durata: 2h. 02′
“imbecilli che non dovrebbero salire nemmeno una scala a pioli”. Grande! 🙂
Gyllehaal mi sta facendo un po’ preoccupare.
Si imbarca in progetti interessanti tipo Enemy, ma che non mi sembrano esattamente destinati al grande pubblico (e va bene).
E’ protagonista di film davvero interessanti tipo Nightcrawler, in cui tira fuori interpretazioni notevoli, ma che non vengono degnate neppure di una nomination agli Oscar (ed è un peccato).
E adesso me lo ritrovo nei cinema con addirittura due film, che, al netto della sua recitazione, molto diffcilmente rimarranno impressi a fuoco negli annali della storia del cinema (questo e Southpaw. Ed è male).
Spero sinceramente che Demolition stia dalle parti del capolavoro…
Bah…in completo disaccordo con la recensione.
Il cinema deve regalare emozioni ed in questo caso tensione e suspense e, a parer mio, “Everest” ci riesce appieno.
Deve cercare di coinvolgere lo spettatore e dopo la visione io sentivo freddo dappertutto.
I clichè enunciati ci sono, certo, ma fanno (o possono) far parte della vita di ognuno di noi. Siamo esseri umani che stringiamo relazioni, tutti abbiamo una famiglia a casa preoccupata se noi non dovessimo dare più notizie, non credete?
Il regista ci regala un film stile documentaristico, ma come già enunciato, riesce a trasportarci pienamente (con gli occhi e con l’anima) sulla vetta più alta del mondo e, se avete un briciolo di cuore, quando i protagonisti raggiungono la vetta, il vostro batterà molto più velocemente.
Una pecca la posso affibiare al fatto che non tutti i personaggi ricevono un’adeguata descrizione, ma sono molti (a volte li si confonde) ma ciò non lede assolutamente alla riuscita del film.
Bellissime riprese in loco e musica molto incisiva e drammaticamente azzeccata.
Ottime scenografie e fotografia.
Piaciuta di più la prima parte piuttosto che la seconda un pò confusionaria e dal ritmo un pò blando, ma tant’è…la storia è quella.
Consiglio caldamente.