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"In memoria di me" di Saverio Costanzo

6 marzo 2007 Recensioni 0 Commenti
In memoria di me

Medusa, 9 Marzo 2007 – Irrisolto

Andrea sceglie di entrare in seminario. Il silenzio, le regole, la vita in comunità, lo studio, l’accompagnamento spirituale, lo fanno entrare in un percorso teso e straniante. Andrea si trova di fronte al primo vero incaglio della sua vita…


Hristo Jivkov in una scena di In memoria di meScritto e diretto da Saverio Costanzo, In memoria di me è un film complesso e sofferto al quale è faticoso tenere testa, sia perché vive di dialoghi esitanti e quasi sempre interiorizzati, sia perché segue anche visivamente una linea spirituale, trascendente qualsiasi appiglio terreno e materiale, difficilmente individuabile attraverso una visione classica. L’opera, presentata in concorso alla Berlinale 2007, richiede uno sguardo impegnato, poiché indaga i risvolti più profondi dell’animo umano utilizzando una chiave di lettura che si discosta categoricamente da ogni ricerca di intrattenimento. Al contrario, ogni elemento del film (dalla recitazione, tutta maschile, che alterna austerità e sofferta lacerazione, alle musiche, bellissime e puntuali, che scandiscono i passaggi degli stati d’animo) sembra accompagnarsi ad un ostinato senso di ricercatezza formale e ad un impegno rigoroso a non snaturare mai il suo più autentico significato.

Una scena di In memoria di meDella storia di Andrea (Hristo Jivkov), giovane in crisi esistenziale che approda nel monastero dei novizi per sottoporsi ad una serie di esercizi spirituali per l’avviamento al sacerdozio, viene dato risalto soprattutto al senso di inadeguatezza che non lo abbandona mai, all’espressione incerta che costantemente ce lo restituisce come un pesce fuor d’acqua. Non è chiaro il motivo per cui lui sia lì: sappiamo che è scappato da un mondo dal quale non trovava più risposte, sappiamo che vuole disperatamente diventare una “persona”, ma in fondo rimane volutamente in penombra per lo spettatore, come per lo stesso Andrea, la motivazione reale, ovvero la presenza o meno di una vocazione, l’unica che spingerebbe a compiere un’azione così radicale come prendere i voti. E’ proprio il senso di questa parola, vocazione, che viene costantemente messo in discussione, partendo dall’ambiguità di Andrea, ma spaziando poi verso direzioni nuove, esplorando i conflitti degli altri novizi, in particolare quelli del tormentato Fausto (Fausto Russo Alesi) e quelli del sovversivo Zanna (Filippo Timi), fino ad includere le parole del padre maestro (Marco Baliani), non sempre coerenti con l’espressione del suo credo, soprattutto quando si rivestono di quella “omertà” tipicamente cattolica che getta ombre sull’onestà di tutto il “sistema Chiesa” in quanto Istituzione.

Hristo Jivkov e Marco Baliani in In memoria di meLungo la profonda navata dove si dispongono ordinate le porte che conducono agli alloggi dei novizi, si sviluppa tutto il film e soprattutto il suo senso latente ed inafferrabile. Difficile non cogliere un simbolico dietro ogni porta che si apre sospettosa nel silenzio della notte fatta di passi e preghiere cadenzate, o dietro l’uomo curioso che ascolta irresoluto il rumore delle soglie che si aprono e si chiudono dietro agli sfuggenti universi spirituali dei suoi compagni. E’ sempre di notte che per Andrea si dischiude la strada del dubbio, che si insinua pungente la lacerazione sul senso di quel suo trovarsi lì, ai confini del mondo, solo con se stesso.
Filippo Timi in un'immagine pubblicitaria di In memoria di meE mentre sul fondo della navata si intravedono i grandi traghetti che segnano gli arrivi e le partenze della vita reale, quella di cui Andrea non ha saputo sostenere il peso schiacciante, il film scava ancora nelle ferite dell’anima fino a lasciar intendere l’inafferrabilità della verità. Non ne esiste una assoluta, imprescindibile, universale. C’è la verità di chi sceglie di andarsene, ma anche quella di chi prova a rimanere, magari dopo aver pianto di fronte all’ammissione di non saper amare, di fingere, di non credere in niente. E ancora, c’è la posizione neutra del regista che si limita a consegnare le immagini di tante strade possibili, che si incontrano, si dividono, si liberano in un giudizio sospeso, si ritrovano nella riflessione di una difficoltà del vivere che è comune a tutti: a chi la fede ce l’ha e la vive con l’inevitabile tormento che richiede, e a chi non ce l’ha e cerca risposte solo da se stesso.

Hristo Jivkov con André Hennicke sullo sfondo in una scena di In memoria di meFilm molto intenso, che regala sequenze di grande impatto emotivo, soggettive che accarezzano la suggestione del sogno (come quella in cui Andrea e gli altri novizi dalla finestra guardano incantati una pioggia di fuochi d’artificio) e sguardi dai quali trapela la sensibilità di porsi continuamente domande e non sentirsi mai con la coscienza appagata. L’unico appunto può essere mosso nei confronti del modo in cui la sceneggiatura di Costanzo, ispirata al romanzo del 1960 Lacrime impure di Furio Monicelli, insiste sugli accenti rigidi e compassati dei dialoghi, troppo dipendenti dal testo letterario, mentre una maggiore spontaneità avrebbe sicuramente reso più vivo il tormento interiore dei personaggi.


La locandina di In memoria di meTitolo: In memoria di me
Regia: Saverio Costanzo
Sceneggiatura: Saverio Costanzo
Fotografia: Mario Amura
Interpreti: Hristo Jivkov, Filippo Timi, Marco Baliani, André Hennicke, Fausto Russo Alesi, Alessandro Quattro, Milutin Dapcevic, Massimo Cagnina, Ben Pace, Matteo d’Arienzo, Stefano Antonacci
Nazionalità: Italia, 2006
Durata: 1h. 53′


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