L'uomo che uccise Don Chisciotte di Terry Gilliam
M2 Pictures, 27 Settembre 2018 – Ricorsivo
Un giovane regista sta girando uno spot pubblicitario in Spagna quando decide di visitare i luoghi in cui, anni prima, aveva girato un film su Don Chisciotte. Qui ritrova gli attori che aveva utilizzato in quel film, ormai completamente trasformati nei loro personaggi…
Per apprezzare completamente un’opera d’arte contemporanea è spesso necessario conoscere l’autore, la sua storia, i motivi della sua arte. Tuttavia, l’opera pregressa dell’artista e le spiegazioni dei suoi lavori non sono sufficienti a rendere l’opera in sé degna di nota o di essere vista, se questa non è portatrice di una innovazione o di un messaggio particolare. D’altro canto, un’opera cinematografica dovrebbe essere conclusa in se stessa e la conoscenza della filmografia (anche parziale) dell’autore potrebbe arricchire l’esperienza di visione ma non rendersi imprescindibile. L’uomo che uccise Don Chisciotte rientra in questa categoria: la visione propedeutica di Lost in La Mancha è quasi obbligatoria, e conoscere almeno le traversie produttive che ha subito il film è utile per meglio comprenderlo.
Il film di Terry Gilliam nasce quindi come un’opera difficile, la cui piena comprensione risulta difficoltosa se manca uno dei pezzi precedenti, e molti riferimenti possono risultare incomprensibili o fastidiose aggiunte se si è digiuni dell’autore americano. Nonostante questo, pur conoscendo tutte le traversie produttive, L’uomo che uccise Don Chisciotte è un film che non colpisce al cuore: colpa principalmente di una sceneggiatura che si sviluppa in modo troppo meccanico e fa procedere i personaggi per salti improvvisi rivoluzionando il loro carattere costringendo lo spettatore ad accettare passivamente quello che accade sullo schermo. Allo stesso tempo, si ha la netta sensazione, soprattutto in alcuni passaggi-chiave, di vedere un film di Terry Gilliam quando non addirittura dei Monty Pithon.
L’uomo che uccise Don Chisciotte è un film che lascia perplessi, in parte perché inevitabilmente delude le aspettative di chi si aspettava un capolavoro, dopo una gestazione durata quasi trent’anni, e in parte perché appare chiaro fin dall’inizio dell’azione che la storia e gli attori sono un rattoppo di una pezza, ovvero non è il film che originariamente Gilliam aveva pensato di realizzare. D’altro canto, va dato atto a Gilliam di essere stato abbastanza folle – come Don Chisciotte – da aver voluto pervicacemente portare avanti il suo progetto nonostante tutte le difficoltà e di essere stato abbastanza lucido – come il protagonista della pellicola – da aver saputo tenere la barra dritta e aver realizzato un film coerente (pur nell’inevitabile delirio di situazioni e dialoghi) e sensato, più compatto del suo ultimo lavoro (The Zero Theorem).
L’uomo che uccise Don Chisciotte è un film curioso, forse non perfettamente riuscito, ma interessante. Da vedere non tanto per quello che viene rappresentato sullo schermo o per quello che ci vuole comunicare, ma come un unicum cinematografico, una specie di evento, un’ossessione autoriale. Si può forse rimanere spiazzati davanti ad alcune sequenze, e l’entrata in scena e l’evoluzione di alcuni personaggi può risultare indigesta, ma forse in un film dedicato alla follia (con davvero molto poco metodo) tutto è concesso.
Titolo: L’uomo che uccise Don Chisciotte (The Man Who Killed Don Quixote)
Regia: Terry Gilliam
Sceneggiatura: Terry Gilliam, Tony Grisoni
Fotografia: Nicola Pecorini
Interpreti: Adam Driver, Jonathan Pryce, Stellan Skarsgård, Olga Kurylenko, Joana Ribeiro, Jordi Mollá, Jorge Calvo, Antonio Gil, Rossy de Palma, Sergi López
Nazionalità: Spagna – Belgio – Francia – Regno Unito – Portogallo, 2018
Durata: 2h. 12′
Io ci ho visto una critica dell’ambiente cinematografico odierno.
Regista, secondo me, identificato nella pazzia di Don Chisciotte e nella lucidità del protagonista.
Magnifiche le locations iberiche e fotografia.
Poteva durare meno, tagliuzzando scene superflue e fine a sé stesse.
Gilliam in tutto e per tutto.