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"Millennium" di David Fincher

4 febbraio 2012 Recensioni 22 Commenti
Millennium

Warner, 3 Febbraio 2012 – Ispirato

Il giornalista in declino Mikael Blomkvist, indagando sulla scomparsa avvenuta quarant’anni prima della nipote di un anziano uomo d’affari, troverà un inaspettato alleato nella giovane hacker Lisbeth Salander…


Daniel Craig in una scena di MillenniumLa scelta di girare un adattamento in lingua inglese del popolare romanzo di Stieg Larsson, a soli due anni di distanza dalla trasposizione svedese, aveva suscitato fin da subito qualche perplessità, apparendo come l’ennesimo remake di cui nessuno, a parte i produttori, sentiva il bisogno. In più, vedere un autore di spicco come Fincher cimentarsi con un rifacimento non pareva certo una prospettiva allettante. E’ invece sorprendente quanto questo nuovo adattamento sia riuscito. Fin dai titoli di testa, un trip acido fatto di fuoco e carne trasudante petrolio, è chiaro che si sta per assistere a un film perfettamente in equilibrio fra esigenze artistiche e commerciali.

Daniel Craig e Christopher Plummer in MillenniumLo sceneggiatore Steven Zaillian sceglie di mettere la trama principale sullo sfondo: il film si configura man mano come uno studio approfondito dei due personaggi principali, analizzando prima il loro complesso rapporto con il mondo, e poi quello molto particolare che essi stringono l’uno con l’altra. Si viene trascinati di peso nel racconto anche grazie a un montaggio sincopato che, anche quando i protagonisti sono divisi, riesce a unirli tematicamente.
Rooney Mara in MillenniumUno studio riuscito, soprattutto grazie all’alchimia palpabile fra i due attori principali, che si dimostra il principale punto di forza della pellicola. Craig, in maniera sottilmente ironica, fa lentamente affezionare lo spettatore a questo giornalista smarrito e spesso spaesato, mentre la prova della Mara riesce a mostrare tutte le contraddizioni che convivono in Lisbeth, facendone un personaggio stratificato, con un’anima traumatizzata nascosta sotto il trucco pesante: una persona complessa, ben lontana dalla maschera impenetrabilmente inespressiva portata in scena da Noomi Rapace. Se nel film svedese il personaggio appariva fin da subito fisicamente intimidatorio, la Lisbeth di questa nuova versione, all’apparenza fragilissima, è capace di inaspettati scoppi di furia vendicativa, intervallati a intensi momenti di affetto per le pochissime persone che le sono vicine. Ottime interpretazioni arrivano anche dal resto del cast, in particolare da Christopher Plummer e Stellan Skarsgård.

Daniel Craig e Rooney Mara in MillenniumNonostante i dubbi, la regia di Fincher si adatta perfettamente all’atmosfera malata della storia, inanellando scelte ispiratissime: basti pensare all’uso dissonante di una canzone di Enya in un’intensa scena, o a tutti i flashback, che appaiono quasi come un “film nel film”. La violenza è sentita più che mostrata, ma colpisce come un pugno nello stomaco. Uno stile sicuramente più efficace rispetto a quello televisivo del film di Oplev.

Robin Wright e Daniel Craig in una scena di MillenniumLa livida e cupa fotografia di Cronenweth si adatta alla perfezione ai gelidi paesaggi scandinavi, così come la colonna sonora minimalista di Reznor e Ross contribuisce notevolmente a far crescere l’inquietudine. Purtroppo, giunti a un importante climax, la pellicola si protrae più del dovuto, e qualche taglio sarebbe stato sicuramente necessario. Anche così, ci si trova di fronte ad un lavoro notevolissimo, che si spera non venga seguito da un inutile secondo episodio.


La prima locandina statunitense di MillenniumTitolo: Millennium – Uomini che odiano le donne (The Girl with the Dragon Tattoo)
Regia: David Fincher
Sceneggiatura: Steven Zaillian
Fotografia: Jeff Cronenweth
Interpreti: Daniel Craig, Rooney Mara, Christopher Plummer, Stellan Skarsgård, Steven Berkoff, Robin Wright, Yorick van Wageningen, Joely Richardson, Geraldine James, Goran Visnjic
Nazionalità: USA – Svezia – Regno Unito – Germania, 2011
Durata: 2h. 38′


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Attualmente ci sono 22 commenti a questo articolo:

  1. Plissken ha detto:

    Molto bene quindi. Anche io ero assai scettico sulla validità della ritrasposizione filmica del romanzo attuata con così scarsa distanza temporale da quella di Oplev.

    Pensavo che nemmeno la “mano felice” di Fincher potesse essere in grado di riproporre la vicenda in chiave interessante. Indicativo del talento del regista e dello Staff l’essere riusciti a valorizzare il personaggio di Lisbeth mediante una nuova e soprattutto efficace chiave di lettura, cosa non certo facile dopo la fascinosa performance della Rapace.

    Andrò senz’altro a vedere il film, grazie anche alla esaustiva recensione.

  2. Edoardo ha detto:

    Visto oggi.
    Davvero molto bello, sorretto da interpretazioni ottime, e sicuramente di gran lunga superiore alla mediocre trasposizione svedese. Fincher dirige benissimo, e può anche contare su una fotografia davvero splendida. Bellissimi i titoli di testa (anche se non avrebbe guastato mettere la versione originale dei Led Zeppelin di “Immigrant song” anziché la tamarrissimaa versione moderna). Ne consiglio senz’altro la visione.

  3. Riccardo ha detto:

    Posso dirlo? Ma si: IL MIGLIOR FINCHER ASSIEME A BENJAMIN BUTTON E FIGHT CLUB

  4. Edoardo ha detto:

    Per me il miglior Fincher è “Zodiac” (che a molti non è piaciuto).

  5. Plissken ha detto:

    Visto. Ahi ahi ahi… 🙂

    Un film -forse- passabile, ma per niente superiore alla versione di Oplev, anzi a dirla tutta direi che è decisamente peggio. Francamente non vi ho rilevato caratteristiche eccelse, la regia è discreta d’accordo ma non vi ho ravvisato peculiarità tali da poter definire l’opera di Fincher sopra la media (anzi…).

    Per molti versi mi è parso “tirato via”, con meno attenzione ad alcuni particolari e qualche “americanismo” gratuito.

    La figura di Harriet viene svilita moltissimo, l’immagine-icona presente nel primo film qui non ha valenza alcuna, di conseguenza la pena dello zio per la sua morte assume minore rilevanza.
    L’idea di fare interpretare la figura di Martin a Stellan Skarsgard non mi è parsa brillantissima, visto che probabilmente è conosciuto dai più per i ruoli negativi e già all’inizio vi si scorge il probabile colpevole.
    Alcune scene sono di livello bassino (l’intimidazione mediante il gatto morto, assolutamente prevedibile e da giallo di serie C, oppure l’incontro nell’ascensore tra Lisbeth ed il tutore) mentre i comprimari hanno ben poca personalità. Scialba anche la figura dell’amico hacker di Lisbeth.

    La scena in cui Lisbeth rompe il suo prezioso portatile rispetto al primo film è una mezza porcheria: solo gli americani pensano che una donnina di 50 chili possa avere ragione di un uomo di 85, che tra l’altro, nonostante le abbia scippato il computer, dopo dieci metri se ne sta tranquillissimo sulle scale mobili come nulla fosse (!).

    La figura della figlia di Michael dedita alla Bibbia poi, una cosa vergognosa… a metà tra il ridicolo ed il patetico, con tanto di preghierina pre-lunch… neanche fossimo in “Don Tonino” sui Raiuno. Mooolto meglio come viene affrontata la scoperta del significato dei numeri nella prima pellicola. Ma i ragazzini si sa, sono sempre un passo avanti a tutti, purché siano americani of course…

    Decisamente pessima nel confronto con il precedente la scena del ribaltamento dell’auto del cattivo e conseguente rogo: nel film di Oplev è molto intensa ed ha grande significato, questa potrebbe andare bene in “Fast & Furious 8”.
    Inoltre, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata questa: Lisbeth che chiede “posso ucciderlo”? Diamine… in totale contrasto con il film precedente, alla faccia dell’intraprendenza e lato oscuro del personaggio.

    La parte inerente la spiegazione del perché Lisbeth sia sotto tutela è a mio avviso penosa, in fin dei conti “ha solo dato fuoco al padre, ha ha…”. Nel film di Oplev, ciò è stato esposto in maniera ben più efficace e ponderata.

    La figura di Lisbeth infine è vero che rispetto al primo film appare più “fragile”, ma solo negli ultimi tre minuti della pellicola. Prima non direi proprio (torniamo alla scena dell’ascensore). Oltre a ciò, mi è sembrata totalmente gratuita e prolissa la parte in cui Lisbeth si prepara al “colpo finale”, risolto molto meglio nel primo film.

    Insomma il film di Oplev nonostante i suoi difetti mi è parso assolutamente superiore. Questo è il peggior Fincher che io abbia visto, una mezza ciofeca. Come sempre, opinione personalissima.

  6. Riccardo ha detto:

    @ edoardo: bhè anche the game non è da buttare via e ho apprezzato anche alien3 che in molti stroncano.

  7. Edoardo ha detto:

    “Alien 3” è piaciucchiato anche a me. “The game” è un buon film.

  8. Nino ha detto:

    @Plissken. Scusa ma alcune cose non posso accettarle: la parte del gatto è presente nel libro, ora non ricordo se nell’ “originale” ci fosse ma nel libro è così, poi le scene della figlia (tranne la primissima nella festa forse) sono identiche a come descritte nel libro (e non capisco perchè nella versione svedese abbiano eliminato la figlia). Se vuoi criticare qualcuno per queste 2 scelte critica Stieg Larsson.

    Per quello che penso io, il film era abbastanza buono tranne alcune differenze dal libro tipo l’inesistenza della madre, eliminare il particolare che Harriet è stata la baby sitter di Mikael (che per me è molto importante visto che è strano il fatto che ingaggino Blomqvist senza un perchè in se) e sopratutto Harriet… gli costava veramente così tanto fare qualche scena in australia? Ma comunque in se è un buon film, sopratutto la musica e preferisco questa Lisbeth più anticapitalista di quella emo della fiction svedese.

    Una nota di merito alla fine del film per (a questo punto) non aver eliminato il fatto che Lisbeth si fosse innamorata di Mikael 🙂

    PS: non ho visto tutti i film di Fincher per dire quale è il migliore ma il peggiore è sicuramente Alien 3 per me. Un film bruttissimo che ha distrutto una saga stupenda.

  9. Plissken ha detto:

    Figurati Nino è solo un’opinione personale, per quel che ne posso sapere può essere che la tua/vostra lettura del film sia la più equa. 🙂

    Oltre al gatto ed alla figlia vi sono parecchi altri particolari in questo film più fedeli al romanzo rispetto alla pellicola di Oplev, ciò non toglie comunque che a mio -personale- avviso questo film è mediocre. Per quel che mi riguarda, l’eliminazione nella prima pellicola delle due figure di cui sopra è stata una scelta giusta, quindi come giustamente dici la mia “critica” riguarda sia Fincher che di rimando Larsson.

    Rileggendo ciò che ho scritto confermo il mio giudizio “a caldo”, sottolineo come a mio modesto avviso molte scene siano state realizzate male e come nel complesso il film mi sia parso superficiale. Francamente per i miei gusti nel paragone tra le scene che ho descritto non c’è storia: Oplev ha risolto (molto) meglio.

    Lisbeth, in questa versione, (sempre a mio personale avviso) perde la sua credibilità quando si trova a dover chiedere il permesso a Michael di uccidere il cattivone.

    Questo Fincher quindi non mi è (purtroppo) piaciuto.

    “Alien 3”, anche se non può assolutamente sostenere il confronto con Scott e Cameron, ritengo sia nel complesso un discreto/buon film, più “personale” e adatto a Fincher; credo sia penalizzato soprattutto da una ambientazione poco adatta. Va specificato che non era facile filmare un terzo capitolo dopo l’eccellenza dei primi due.

    P.S.: certo che questa Lisbeth più “anticapitalista” non ha disdegnato di appropriarsi di due miliardi di dollari… . 😀

  10. Nino ha detto:

    Scusami Plissken, volevo scrivere ANTICONFORMISTA 😀 stare al pc tardi la notte fa brutti scherzi 😀

  11. Plissken ha detto:

    Beato te Nino, a me stare al pc fa brutti scherzi indipendentemente dall’orario… 😀

  12. Donato ha detto:

    Dopo la trilogia “originale” svedese, mi sono visto anche questo. A dire la verità, ho guardato il film più che altro per fare il raffronto tra le due versioni e, soprattutto, tra le interpretazioni del personaggio di Lisbeth. Devo dire che, nonostante il film sia meno “americano” di quanto temessi (ebbene sì, non sopporto l’attuale modo di fare cinema delle produzioni americane), il remake comunque non regge il confronto con l’originale. Secondo me, le cose che non funzionano sono le seguenti:
    1. nel remake americano il personaggio di Lisbeth appare psicologicamente più fragile rispetto alla versione svedese e il suo coinvolgimento sentimentale nel confronti di Blomkvist risulta eccessivo e gestito male (inoltre, secondo me Noomi Rapace aveva le “fisique du role” perfetto ed insuperabile per questo personaggio);
    2. il colpo di scena della rivelazione dei riferimenti biblici da parte della figlia di Blomqvist può anche essere più aderente all’originale letterario, ma funzionava meglio il modo in cui avveniva nel primo film, poiché fungeva da catalizzatore, da innesco per dar vita al controverso rapporto tra i due personaggi principali;
    3. la scena dello scippo nella metropolitana è davvero patetico, un’autentica “americanata” su cui stendiamo un velo pietoso;
    4. il modo in cui vengono scoperti gli omicidi seriali funziona meglio nella versione svedese, facendo salire gradualmente la tensione e l’inquietudine dello spettatore e contribuendo a cementare il rapporto tra Lisbeth ed il giornalista;
    5. quella domanda “posso ucciderlo?” è assolutamente fuori luogo e non c’entra nulla con un personaggio, come quello di Lisbeth, che non ha mai dato conto a nessuno delle proprie azioni;
    6. la scena della morte del killer all’interno della macchina incidentata è molto più efficace nella versione svedese, dove appare come una vera e propria esecuzione;
    7. proprio nella scena di cui al punto precedente, traspare la volontà di non volersi allontanare troppo dai cliché hollywoodiani, dove il buono è buono e anche se sembra cattivello alla fine non può macchiarsi con azioni da cattivo come un omicidio a sangue freddo;
    8. terribilmente prolisse ed ampiamente superflue le appendici finali (mi ha ricordato il terzo capitolo del “Signore degli Anelli”, con la gente disperata in sala che esclamava “oh no, ancora”, “ma quando finisce?”, “basta! non ne posso più” e via discorrendo).

  13. Andrea ha detto:

    Io invece ritengo che questo sia molto meglio della versione svedese. Non sto a giudicare se sia più attinente o meno al libro (che ho letto e che trovo decisamente sopravvalutato): dico che questo è un signor film.

  14. Donato ha detto:

    Dimenticavo qualcosa (leggendo i commenti sopra mi sono ricordato). Da aggiungere alle note di demerito che avevo elencato nel mio post precedente:

    9. mancano i flashback di memoria di Blomqvist e di Lisbeth, molto importanti per motivare la scelta del giornalista di accettare l’incarico (il ricordo d’infanzia di Harriet che gli faceva da babysitter) e per capire le motivazioni del tormento interiore della protagonista.

    x Andrea: intendiamoci, non è che sia un filmaccio, anzi, è più che dignitoso (soprattutto considerando l’attuale produzione hollywoodiana). E’ solo che, a mio parere, il primo funziona meglio, per tutti i motivi che ho elencato. Qualcuno dirà che sono solo dettagli, ma spesso sono proprio i dettagli che ti fregano. Dirò di più: alla fine dei conti, viste le poche differenze sostanziali tra i due film (di ambientazione, di sviluppo della storia e di caratterizzazione dei personaggi), la sostanziale aderenza ai contenuti del romanzo e, soprattutto, il cortissimo intervallo temporale che li divide (meno di tre anni), non riesco oggettivamente a comprendere il motivo (al di là dell’incapacità del pubblico americano di vedere qualcosa d’altro che non sia stato prodotto a Hollywood) per il quale sia stato prodotto questo remake. Potrei capire se il film svedese fosse stato piuttosto datato (magari di 10-15 anni fa): le tecniche di regia e di ripresa cambiano negli anni e raccontare la storia in chiave più moderna avrebbe potuto giustificare un remake. Avrei compreso se avessero storpiato la storia originale, prendendosi delle licenze e realizzando un film diverso, magari molto “americano” (con inseguimenti, sparatorie, effetti speciali a gogo e altre minchiate del genere) destinato sostanzialmente al pubblico medio statunitense. Invece niente di tutto ciò: hanno fatto un remake di un film europeo uscito meno di tre anni prima, creando qualcosa di molto simile al precedente, tanto che, a parte i dettagli che ho citato in precedenza, le uniche differenze sostanziali sono gli attori e la sigla di apertura… Ma non facevano prima a doppiare e distribuire negli USA il film di Oplev? Boh, valli a capire ‘sti americani…

  15. Plissken ha detto:

    In questo frangente non posso che essere d’accordo con Donato, che ha praticamente “fotocopiato” un mio precedente intervento, con riferimento a parecchi punti che entrambi consideriamo dolenti nella pellicola. Donato, mettiamo su un club… 😀

    Pur rispettando le opinioni che ergono il film a riuscito, continuo a ritenerlo superficiale e per nulla all’altezza del precedente “Opleviano”; a mio personale parere è una mezza ciofeca, come ho già espresso.

  16. Andrea ha detto:

    Non ne sono sicuro ma credo proprio che negli USA, salvo che per i film di animazione, non esista proprio il mestiere di doppiatore.
    Potrei citare un sacco di film non USA che sono stati rifatti dopo poco tempo (il magnificoTwo sisters, Lasciami entrare, Funny games, the ring fra i primi che mi sovvengono…).

  17. Alberto Cassani ha detto:

    Ogni tanto capita che doppino qualche film straniero (è capitato a “La vita è bella”, ad esempio), ma è una cosa rarissima perché ovviamente il pubblico non abituato al doppiaggio rifiuta un film in cui i movimenti delle labbra non sono sincronizzati con la voce. Di conseguenza i film stranieri escono in pochissime sale in lingua originale con i sottotitoli e trovano chiaramente poco pubblico. Per questo, commercialmente parlando, ha senso un remake più o meno fotocopiato a distanza di poco tempo: si tratta comunque di materiale che il grande pubblico non conosce. Dalll’equazione però sarebbe da escludere “Funny Games”, che oltre ad essere stato rifatto esattamente dieci anni dopo era un progetto ben preciso (fallito, tra l’altro) del suo autore originale.

  18. Donato ha detto:

    Come si dice: “ogni giorno si impara qualcosa”…

    Chi, come noi italiani, è cresciuto guardando film e fiction TV rigorosamente doppiate, tende naturalmente a pensare che il ricorso al doppiaggio sia una pratica universale, ignorando che esistono realtà in cui tale pratica è pressoché sconosciuta (o rigettata).

    Il fatto che gli americani non digeriscano i film doppiati, in quanto abituati a sentire i dialoghi registrati in presa diretta, mi era del tutto ignoto.

    Tale circostanza mi consente di capire finalmente il motivo per cui vengono fatti certi “remake” e spiega anche perché l’americano medio sia incapace di guardare film non americani.

  19. Alberto Cassani ha detto:

    Eh, per noi assuefatti al doppiaggio è difficile immaginare l’effetto che provoca il fuori sincrono, tanto che molti non si accorgono nemmeno quando il sonoro è davvero fuori sincrono… Ma prova a pensare a un video musicale in cui la voce del cantante non collima con le immagini, e avrai un’idea.

  20. Donato ha detto:

    Riesco a immaginare. Quando ho riversato in digitale alcuni film della mia collezione in VHS, ho dovuto spesso “combattere” spesso con l’asincronia causata dalla perdita di fotogrammi durante il processo di acquisizione. Basta un’asincronia di 2-3 decimi di secondo perché l’effetto sia avvertibile e sgradevole.

    Il fatto è che noi italiani siamo stati “viziati” da quelli che sono stati probabilmente gli esponenti della migliore scuola di doppiatori a livello mondiale. Quanto fossero bravi i doppiatori della vecchia scuola l’ho capito osservando alcuni doppiaggi fatti recentemente. Doppiaggi da cani, sempre più frequenti, purtroppo…

  21. Alberto Cassani ha detto:

    Vero, di certo una volta si prestava più attenzione alla qualità del doppiaggio mentre oggi si lavora in fretta e di grana grossa. Senza contare il fatto che sono fatti molto peggio anche gli adattamenti, non solo il doppiaggio vero e proprio.

  22. Marco ha detto:

    Non d’accordo con la recensione ma d’accordo con i commenti di Plissken: Noioso e prolisso.
    C’è da dire però che la prima parte è abbastanza vedibile e, grazie al montaggio e alla regia sempre di buon livello, scorre tranquillamente ma quando ci si avvicina alla soluzione (tra l’altro telefonata quasi a metà film) il film perde notevolmente di ritmo, pathos e lo spettatore tende (parlo per me) a disinteressarsi completamente alla vicenda.
    Ho faticato veramente a tenere gli occhi aperti.
    Non ho letto il romanzo ma come script non mi è piaciuto più di tanto, molti altri thriller-gialli sanno tenere veramente la suspence. L’investigazione è abbastanza disinteressante e le soluzioni a cui arrivano i protagonisti non hanno senso d’esistere.
    Alcune scene poi ridicole, bene o male tutte quelle espresse da Plissken.
    Comunque buone le prestazioni attoriali, musica adatta e bella fotografia.

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