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Pieces of a Woman di Kornél Mundruczó

9 settembre 2020 Recensioni 3 Commenti
Festival di Venezia 2020

Disponibile su Netflix – Disomogeneo

Una donna partorisce una bambina in casa. La bimba, per, muore pochi minuti dopo essere venuta alla luce. L’elaborazione del lutto investe necessariamente il marito, ma coinvolge anche il resto della famiglia, in particolare l’ossessiva madre della ragazza…


La premessa di Pieces of a Woman (la morte della bambina) viene declinata da Kornél Mundruczó con un potentissimo piano sequenza che rappresenta tutto il parto e si conclude appunto con la morte della bimba. Da quel momento in poi, il film ci guida nel tunnel oscuro del lutto, con tutto quello che ne consegue. La pellicola, tratta da uno spettacolo teatrale con lo stesso titolo scritto dalla moglie del regista, analizza meravigliosamente i rapporti tra i protagonisti in seguito al tragico evento anche se non sempre con la stessa intensità. A scene sicuramente ben riuscite, Mundruczó ne alterna altre con una potenza e un’efficacia decisamente minore. Non c’è dubbio che il tema sia stato preso di petto, e la prospettiva principalmente femminile sia interessante ma cionondimeno nella seconda parte il film sembra perdersi in mille rivoli poco utili, che nulla aggiungono alla trama e tantomeno ai personaggi.

Sono i personaggi, infatti, la parte più interessante di Pieces of a Woman. La scrittura è sicuramente il punto di forza della pellicola: i dialoghi – dove è chiara la derivazione teatrale – sono spesso eccezionali e riescono a dare un ritratto a tutto tondo non solo dei personaggi ma anche dei rapporti tra di loro. Mundruczó li riprende traducendo in immagini i sentimenti dei protagonisti, con una macchina da presa che accarezza gli attori nei momenti più lirici e che si sposta in modo violento negli alterchi.

Il risultato è un film poco omogeneo, in cui si possono trovare facilmente alcune perle, ma anche molti momenti morti o poco efficaci anche se non sempre per colpa del regista. Gli attori, infatti, spesso non sono all’altezza del compito a loro assegnato. Se Vanessa Kirby regge bene l’urto del piano sequenza dedicato al parto, in altre scene è molto meno espressiva e si fa fatica a capire dalle sue espressioni l’evoluzione del suo personaggio. Shia LaBeouf, dal canto suo, si salva principalmente grazie al mestiere del regista (che lo riprende quasi sempre di profilo) e al fatto di interpretare un personaggio irascibile, molto probabilmente simile a lui stesso. Chi svetta davvero è Ellen Burstyn che, nelle poche scene a lei dedicate (ma con un monologo notevole nel finale), riesce a catalizzare completamente l’attenzione.

Pieces of a Woman rimane tuttavia un film interessante per la rimarchevole analisi dei rapporti umani – di come questi si sbriciolino e vengano ricostruiti – di fronte a un lutto, con una regia tutto sommato al servizio di una sceneggiatura ottima, ma con alcuni macroscopici difetti che ne appesantiscono tutta la struttura.


La locandinaTitolo: Pieces of a Woman
Regia: Kornél Mundruczó
Sceneggiatura: Kata Wéber
Fotografia: Benjamin Loeb
Interpreti: Shia LaBeouf, Vanessa Kirby, Sarah Snook, Molly Parker, Benny Safdie, Iliza Shlesinger, Ellen Burstyn, Jimmie Fails, Vanessa Smythe, Domenic Di Rosa, Tyrone Benskin, Sean Tucker, Dusan Dukic, Noel Burton, Letitia Brookes
Nazionalità: Canada – Ungheria – USA, 2020
Durata: 2h. 06′


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Attualmente ci sono 3 commenti a questo articolo:

  1. Marco ha detto:

    Meritevolissima la coppa Volpi alla prestazione della Kirby ma anche un bellissimo monologo della Burstyn, come già enunciato sopra.
    Concordo coi pregi e difetti sulla regia, tra cui vari momenti di stanca nella parte centrale.

  2. Marco ha detto:

    Albe l’hai visto?

  3. Alberto Cassani ha detto:

    Non sono mai riuscito a convincermi a vederlo.

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