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"Quando la notte" di Cristina Comencini

7 settembre 2011 Recensioni 10 Commenti
Quando la notte

01 Distribution, 28 Ottobre 2011 – Malriposto

Marina e suo figlio di due anni si trasferiscono in una casa di montagna per tre settimane. Lì incontrano lo schivo Manfred, guida alpina e proprietario dell’appartamento dalla storia familiare tormentata…


A Venezia 2011, come ogni anno, è guerra fredda tra accreditati e film italiani. Scrivere anche una sola parola su Quando la notte vuol dire prendere parte a un dibattito forzato, senza vinti nè vincitori. In sala si ride e si fischia, in sala stampa si punta il dito. E via così, fino a Venezia 2012.

Filippo Timi con Claudia Pandolfi dietro le spalle in una scena di Quando la notteNel mezzo, questo dramma romantico-familiare porterà in sala quello che Comencini chiama “cinema delle emozioni”, il quale purtroppo è anche un cinema dalla mano pesante, che antepone il tema alle immagini e alla storia. La linea di trincea sta a cavallo della sequenza di sfogo in cui la protagonista Marina chiede perché nessuno parli di quanto sia difficile essere madre. È lì che partono i primi fischi beceri (spiace che molti fossero di chiaro stampo maschilista), ed è lì che il film ridicolizza proprio la tematica cui teneva tanto. Peccato, perchè nella prima metà di film – la migliore – la questione risultava già piuttosto evidente senza dover essere urlata. In quel gioco di assenza/presenza tra Timi e Pandolfi, come il gatto con il topo, c’era del potenziale. Così come ce n’era in quella prospettiva serrata sul rapporto tra una madre e suo figlio, isolati in una casa di montagna. L’ambientazione inconsueta e la fotografia che suggeriva risvolti oscuri facevano il resto.

Claudia Pandolfi e Filippo Timi in Quando la notteLa caduta, invece, era dietro l’angolo. Una valanga di simbolismi atroci, di trascinamenti melensi, di lacrime e comico involontario già visti tante, troppe volte. La storia si trasferisce in altura, ma invece di rarefarsi si squaglia, trascinando via per primi i protagonisti (una Pandolfi coraggiosa, un Timi dal tono burbero ancora troppo mussoliniano per una guida alpina). Quando la notte prenderà diligentemente il suo posto sul nutrito scaffale dei drammi irrilevanti che popolano il nostro cinema, inadatti non solo al concorso veneziano ma anche alla permanenza nella memoria. Non per questo si merita però la dannazione: il film vive e muore dei suoi difetti senza pretendere di più. Da quella sala veneziana usciamo tutti (giornalisti, cineasti, produttori e selezionatori) consapevoli di aver perso l’ennesima occasione per comportarci meglio.


La locandina di Quando la notteTitolo: Quando la notte
Regia: Cristina Comencini
Sceneggiatura: Cristina Comencini, Doriana Leondeff
Fotografia: Italo Petriccione
Interpreti: Claudia Pandolfi, Filippo Timi, Thomas Trabacchi, Denis Fasolo, Michela Cescon, Manuela Mandracchia, Franco Trevisi
Nazionalità: Italia, 2011
Durata: 1h. 54′


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Attualmente ci sono 10 commenti a questo articolo:

  1. […] Lido di Venezia, 1 Settembre 2011, ore 9:00. Secondo giorno di Festival. Si chiudono le porte della Sala Darsena (l’ex Palalido di cui parlava Müller nell’intervista riportata più sopra) e inizia la proiezione di Carnage di Roman Polanski. In sala, solo ed esclusivamente accrediti rossi e blu (giornalisti di periodici ma anche persone accreditate per la stessa testata per almeno tre anni consecutivi, tra cui il sottoscritto); fuori, tutti gli accrediti gialli (siti internet e giornali locali) e pure diversi blu. Per recuperare il film perduto, agli esclusi della Sala Darsena non resta che aspettare la mattina dopo e vederlo al PalaBiennale insieme agli accrediti definiti “cinema” (verdi), ossia riservati a «chi opera in ambito cinematografico sotto il profilo culturale», quindi responsabili di cineforum, sale d’essai e studenti di cinema. Dopo un primo giorno poco frequentato, già dal secondo si manifestano in pieno tutti i problemi relativi al rapporto tra posti disponibili e accrediti concessi, ed è evidente che gli accrediti gialli non riuscianno a entrare alla Sala Darsena neanche nei giorni successivi. E’ solo nella seconda settimana, quando i film hollywoodiani si trasferiscono al Festival di Toronto e molta gente lascia il Lido, che gli accrediti gialli riescono finalmente a entrare in Sala Darsena con regolarità e in massa, potendo così tornare a svolgere il proprio lavoro nei tempi previsti invece che con 24 ore di ritardo. La rabbia degli accreditati gialli arriva a produrre un volantino fortemente critico nei confronti della capoufficio stampa del Festival Fiorella Tagliapietra e della cricca “rossa” che arriva in coda all’ultimo momento «puzzando ancora di cappuccino» e pretendendo di avere diritto di precedenza sugli altri accreditati che erano invece in fila da tempo. Proprio all’inizio della seconda settimana, la sera di lunedì 5 settembre, abbiamo avuto modo di scambiare in maniera informale due chiacchiere con Marco Müller, che sull’argomento ha dato la colpa al fatto che la Biennale deve ospitare nelle sue sale due entità esterne come la Settimana della Critica e le Giornate degli Autori, finendo così per fare meno repliche e creando problemi a tutti. La realtà è invece diversa: che ci siano code per entrare in sala è comprensibilissimo, ma che ci facciano fare la coda per poi lasciare fuori un numero inaudito di persone è una cosa inaccettabile. L’organizzazione sapeva benissimo quanti posti avrebbe avuto a disposizione per le proiezioni, quindi avrebbe dovuto regolare di conseguenza il numero di accrediti. Ma un accreditato in meno sono 60 euro di meno nelle casse della Biennale (150 per gli addetti ai lavori), e appare quindi abbastanza ovvio cosa abbia spinto l’organizzazione a non ridurre il numero di accreditati nonostante ci fossero molti meno posti a disposizione per vedere i film. Una volta diminuito il numero di persone presenti nei luoghi del Festival, comunque, il problema si è quasi completamente risolto ed è stato apparentemente dimenticato, per lo meno fino a mercoledì 7, quando viene presentato il film di Cristina Comencini Quando la notte. […]

  2. AR_81 ha detto:

    però pare che al pubblico il film sia piaciuto, gli 8 minuti di applausi parlano chiaro. Non è che voi tutti (giornalisti, cineasti, produttori e selezionatori) vi siete sbagliati per l’ennesima volta a stroncare così prematuramente un film di una regista molto apprezzata dal pubblico?

  3. Alberto Cassani ha detto:

    Bisognerebbe capire che tipo di pubblico c’era in sala, però. Solitamente in queste occasioni molti degli spettatori sono comunque addetti ai lavori e/o amici di qualcuno. Tanto per farti capire: il biglietto in Sala Grande per la proiezione delle 19:30, ossia quella di questo film, costava 45 euro, quindi è da escludere che un adolescente o un 25enne spendano questi soldi per vedere un film come questo (diverso il discorso per un Clooney o un Soderbergh, ovviamente).
    Tra l’altro, che la Comencini sia MOLTO apprezzata dal pubblico mi sembra un’esagerazione. Certamente diversi suoi film sono andati bene al botteghino, ma non mi sembra abbia mai fatto sfracelli. Potrei anche ricordare male, però. Detto questo, già la critica cinematografica non sta benissimo, se poi dovesse preoccuparsi di seguire i gusti del pubblico invece che provare a guidarli, allora tanto varrebbe cercar lavoro alla Breda.

  4. Tommaso Tocci ha detto:

    Come già spiegato (ma ripeto perchè è una cosa importante), il concetto di “X minuti di applausi/fischi al Festival Y” non ha nessun valore perchè dipende dal tipo di proiezione a cui ci si riferisce. In particolar modo non ha valore quando si parla di Venezia, e in particolarissimo modo non ha valore quando si parla di film italiani (a cui viene riservato sempre un trattamento “speciale”).

    Alle proiezioni per il pubblico gli 8 minuti di applausi si tributano anche a un’immagine di un muro imbiancato lunga un’ora e mezza, posto che in sala ci sia l’imbianchino.
    Quindi al pubblico questo film è piaciuto come piace qualunque film di cui viene tenuta una proiezione pubblica. Non ha niente a che fare con la qualità dello stesso.

  5. Alberto Cassani ha detto:

    Va detto però che proprio quest’anno abbiamo avuto l’eccezione alla regola, con il film di Garrel fischiato nonostante la presenza in sala di regista e protagonisti. Ma il figlio del regista ci ha tenuto a specificare che a fischiare erano solo quelli vestiti male…

  6. Plissken ha detto:

    Non ho visto il film e non credo che lo farò, vista la recensione. Certo è che oramai mi rendo conto di essere prevenuto verso il cinema italiano, per quanto mi dispiaccia. Poi non vengano a dirmi che ciò accade in quanto “non si è mai profeti in patria” poiché potrei chiedere spiegazioni su come mai salvo rare eccezioni si passi da insulse commedie demenziali (come può essere che nel 2011 qualcuno vada ancora a vedere un film di Ezio Greggio?) a pellicole in cui emergono le solite manfrine da “fiction” Rai e Mediaset, di cui sono invasi i palinsesti.

    Fin troppo facile criticare certe cose per carità, ma a quel che noto lo è talmente che tutti se ne infischiano e continuano a propinarci tematiche che farebbero piangere perfino De Amicis o ridere un pollo.

    E basta, diamine…

  7. AR_81 ha detto:

    Non dico che la critica debba seguire il pubblico, però non deve avere neanche la presunsione di guidarne i gusti. Che poi il pubblico in sala non fosse un campione rappresentativo del pubblico italiano che va al cinema sono d’accordo, però non si può pretendere che un adolescente o un 25enne vada a vedere un film del genere; il target a mio avviso è diverso. Comunque io il film della Comencini lo andrò a vedere al cinema quando uscirà, primo motivo perchè non essendo un assiduo telespettatore dei canali Rai e Mediaset, non lo ritengo la solita manfrina da fiction, e secondo perchè ho letto il romanzo, mi è piaciuto e sono curioso di vedere come la Comenicini ha re-interpretato una sua storia.

  8. Alberto Cassani ha detto:

    AR, ma la funzione della critica è proprio quella di guidare le scelte (non i gusti) del pubblico. Esiste proprio per questo motivo, non è una questione di presunzione: le recensioni si scrivono per far capire al lettore se un film gli può piacere oppure no. Certo, poi ci sono difetti intrinsechi nel modo in cui la critica viene usata, così come ci sono altre funzioni che la critica va a svolgere quando si disimpegna dall’attualità cinematografica, ma la funzione principale per la quale esiste è informare il pubblico sui contenuti e della qualità dei film.

    Comunque, se ti è piaicuto il romanzo della Comencini è giusto che tu vada a vedere anche il film.

  9. Plissken ha detto:

    Giusto per la cronaca, non serve essere “assiduo telespettatore dei canali Rai e Mediaset” per potervi ravvisare l’esubero di fiction e controfiction: basta accendere la TV ad una qualunque ora del giorno ed osservare non più di due minuti, lasso di tempo più che sufficiente per analizzare, commentare ed archiviare.

    Detto questo, credo anche io che AR faccia più che bene ad andare a visionare il film: anzi a dirla tutta, sarei contento di sapere quali impressioni abbia tratto dalla visione dello stesso ed avere un suo giudizio inerente sia il confronto con il romanzo che il film a sé.

  10. AR_81 ha detto:

    certo! vi farò sapere!
    Credo che se parkiamo di contenuti, va dato almeno atto alla Comencini di aver trattato un tema del quale altrimenti se ne parla solo quando succede qualche tragedia.
    Poi, ripeto, sulla qualità ognuno ha i suoi gusti, per come la vedo io.

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