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Quella casa nel bosco di Drew Goddard

17 maggio 2012 Recensioni 6 Commenti
Quella casa nel bosco

M2 Pictures, 18 Maggio 2012 – Imprevedibile

Un gruppo di cinque studenti universitari decide di trascorrere un week-end fuori città. Quando però arrivano nella casa nel bosco in cui prevedono di rimanere, li attende una notte di infinito terrore a base di esseri sovrannaturali e fiumi di sangue…


Una scena di Quella casa nel boscoSembra l’incipit di un horror come tanti, ma con Quella casa nel bosco Drew Goddard – alla sua opera prima – mette in scena tutti gli archetipi del genere proprio per ribaltarli completamente, facendone un film di una certa complessità sociologica. Infatti, tra le urla disperate dei cinque giovani sfortunati ascoltiamo le voci dalla sala operativa, dove una regia sta dirigendo la follia omicida della famiglia zombi, tornata in vita alle parole di una preghiera in latino pronunciata dalla protagonista, con l’intento di condurre i ragazzi ai loro destini crudeli. I capi della sala operativa sostituiscono il pubblico, che quasi gode nel vedere la violenza inflitta sui corpi dei protagonisti, il sacrificio degli eroi sullo schermo ci affascina e ci attrae verso il genere horror stesso.

Richard Jenkins, Amy Acker e Bradley Whitford in Quella casa nel boscoQuella casa nel bosco è un film pieno di colpi di scena, che va sempre oltre ciò che ci si aspetta, va percorso su un doppio binario narrativo che alla fine si ricongiunge inesorabilmente. È un’ottima riflessione sulla pratica del reality, qualcuno tranquillamente seduto sulla poltrona del suo studio ci osserva e condiziona le nostre azioni e il progetto deve riuscire a tutti i costi a patto di sacrificare vite umane, le aspettative del pubblico non vanno mai deluse. Il disegno questa volta non lo delinea il destino, ma la mente umana schiava di eccessi.

Kristen Connolly in una scena di Quella casa nel boscoAnche se Quella casa nel bosco rappresenta il suo esordio alla regia, la lunga esperienza di Goddard come sceneggiatore per la televisione (Buffy, Alias e Lost, ma anche Cloverfield al cinema) l’ha preparato bene a questo nuovo ruolo e soprattutto lavorare a quattro mani con Joss Whedon (padre di Buffy l’ammazzavampiri e regista di The Avengers) ha dato una marcia in più al film. Tutto è stato svolto con grande scrupolosità, dalla scelta degli attori, per i quali si è cercato di unire volti nuovi e affermati, come Kristen Connolly rispetto a due mostri sacri come Richard Jenkins e Bradley Whitford, i responsabili della sala operativa; alla scelta delle location che doveva ben sposare la narrazione a due livelli; agli effetti speciali, per i quali si è cercato di evitare il più possibile le immagini generate al computer.

Il film è intriso di citazioni del genere stesso distribuite qua e là: da La casa, ai vari Venerdì 13, da Halloween a Hostel e L’armata delle tenebre, con un’ironia in più, così sottile e tagliente da potersi permettere di strizzare l’occhio a ogni cliché del genere.


La locandina di Quella casa nel boscoTitolo: Quella casa nel bosco (The Cabin in the Woods)
Regia: Drew Goddard
Sceneggiatura: Joss Whedon, Drew Goddard
Fotografia: Peter Deming
Interpreti: Kristen Connolly, Chris Hemsworth, Anna Hutchison, Fran Kranz, Jesse Williams, Richard Jenkins, Bradley Whitford, Brian White, Amy Acker, Tim De Zarn, Tom Lenk, Dan Payne, Jodelle Ferland, Dan Shea, Maya Massar
Nazionalità: USA, 2011
Durata: 1h. 35′


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Attualmente ci sono 6 commenti a questo articolo:

  1. Marco ha detto:

    D’accordo con la recensione (e su molte altre lette nei vari siti) che tessono lodi allo script del film, in effetti per 3/4 uno si fa una concezione su chi siano quei misteriosi impiegati mostrati mentre i ragazzi vivono la loro avventura arrivando alla fine con 20 minuti di puro “minestrone” del genere, condito da una sorprendente e plusibile spiegazione.
    Purtroppo però mentre cerchi di dare una spiegazione a chi siano quei misteriosi signori, ti devi sorbire un classicissimo slasher, ovvio che è voluto (come alla fine verrà spiegato) ma questo non giustifica la noia, l’assoluta mancanza di suspence, i soliti bù, le citazione dei capisaldi del genere e i stranoti clichè del genere che durano per la maggior parte del film.
    Anche perchè (una personale considerazione) una volta visto il film, capito tutto, che voglia hai di rivedere un noioso horror sapendo già che la forza di questo film sta nel finale che già sai?
    Penso che solo una visione sia più che sufficiente per questo film, ci si diverte a capire gli intenti ma una volta finito, finisce la magia.
    Comunque buono il reparto tecnico, regia, attori ben calati e quant’altro.
    LA Pecca è quella sopracitata.
    Albe una tua opinione?

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Io non ho visto il film, però me ne hanno parlato tutti molto bene, anche degli insospettabili. Magari lo recupero. Per quanto riguarda l’inutilità di una seconda visione, la maggior parte dei prodotti di genere non la cercano affatto. Anche e soprattutto quelli con il finale a sorpresa.

  3. Plissken ha detto:

    Concordo con Marco su parecchi punti, primo fra tutti la mancanza di suspance. Lo sviluppo del film rende risibile la definizione di “horror”, ci si spaventa ben di più con i vetusti film del Dr. Phibes.

    Gli “archetipi” del genere a cui giustamente fa riferimento la recensione ci sono tutti, ma proprio tutti; qua e là si può scorgere appunto un po’ ( anzi parecchio) di “La casa”, “Non aprite quella porta”, “Hellraiser”, “Halloween”, “The Mist”, vari film di zombie, qualche horror asiatico, alcuni classici dell’horror, qualche omaggio a Stephen King e così via, ma l’amalgama (per quanto incredibilmente riuscito in più punti, onore al merito) pecca in quello che dovrebbe essere l’obiettivo primario: spaventare appunto.

    Per ciò che riguarda la presunta “sorpresa” nel finale, mi permetto di dissentire: già dopo dieci minuti dall’inizio avevo intuito quale fosse il ruolo dei cosiddetti “impiegati”, basta aver già visionato “Cube Zero” o magari, per certi versi, “Battle royale”. Il finalissimo poi ricorda un passaggio di un altro film (quello sì spaventoso) ovvero “Il seme della follia” di Carpenter di cui il Cassani è colpevole artefice della recensione non presente nel sito. (!-)

    Comunque nel complesso secondo me il film è guardabile, proprio per i “punti di forza” espressi in recensione, che perlomeno evidenziano oltre ad una certa perizia da parte del regista la (buona) volontà di proporre qualcosa di valido. Particolarmente felice la parte della recensione che fa riferimento alla “pratica del reality”.

    Non so se tale pellicola piacerà al Cassani, poiché per certi versi si avvicina a quei film che hanno un detto incipit per poi andare a svilupparsi in maniera diversa.

  4. Marco ha detto:

    Allora menomale che non avevo già visionato ne “Cube Zero” ne “Battle Royale” (che con queste similitudini penso proprio di essermeli bruciati involontariamente 🙂 ).

    Se un film vuole avere un twist-ending deve per forza appoggiarsi su di una trama che sia accattivante, avvincente o, nei casi dell’horror far paura, allora si uno lo riguarda volentieri il film, anche se inevitabilmente sa già come va finire.
    A tal proposito mi vengono in mente i primi di M. Night, Saw (ma c’è ne saranno ovviamente altri) che riguarderei sempre.
    Poi un film di genere se piace lo si riguarda volentieri, nonostante quest’ultimo non cerchi la seconda visione, se non piace no, scontato certo ma, leggendo il commento di Albe, capisco che la produzione della maggior parte di questi film interessa solo la visione al cinema?

  5. Alberto Cassani ha detto:

    Marco, in un certo senso sì. Produrre film costa, il cinema è il modo più rapido di guadagnare (nel senso che è il primo, cronologicamente) e quindi ciò cui i produttori puntano. Spesso i guadagni dell’home-video, quando i diritti appartengono alla stessa casa, arrivano molto dopo e quindi sono tenuti in secondo piano come importanza (e credo anche come margine di guadagno, ma non sono sicuro). Pensa che all’epoca di “The Island” il costo del film è stato tale rispetto agli incassi statunitensi che Spielberg ha dovuto vendere la Dreamworks per rientrare, senza poter aspettare neanche gli incassi (buoni) dell’Europa, figurati quelli dell’home-video… Poi, comunque, è chiaro che ai produttori se gli spettatori vedono il loro film più volte fa solo piacere, ma loro puntano sicuramente ad avere un’audience più alta possibile, non ristretta ma appassionata.

    Intanto mi segno “Il seme della follia” da recensire. Mi ci metto appena finisco “Ufficiale e Gentiluomo”.

  6. Plissken ha detto:

    Riguardo la presenza nel film dei vari “archetipi del genere” credo sia da sottolineare il passaggio finale della recensione, ovvero che con molta probabilità il regista li ha inseriti apposta per sottolineare come TUTTI i mali sulla Terra derivino da quanto esplicato nel finale (per quanto esso possa apparire inverosimile perfino nel non-verosimile) . Sotto questa veste detta scelta assume valenza maggiore, anche perché, oltre ad omaggiare i “must” del genere, risulta appunto investita dalla forte carica ironica descritta in recensione. In ogni caso ribadisco, la componente horror è quasi impalpabile al di là degli effetti splatter/slasher.

    Credo che un film di questo tipo possa avere buoni incassi anche nell’home-video: contiene parecchi ingredienti cari ai teen-agers per una collettiva visione muniti di pop corn e birra (ok, anche Coca Cola per carità…).

    Riguardo la recensione di “Il seme della follia” occhio Cassani, che ti aspettiamo al varco… ci aspettiamo grandi cose (parlo spero a nome di tutti) 😀

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