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Soundtrack: "Cars 2" di Michael Giacchino

29 giugno 2011 Soundtrack 0 Commenti
Roberto Pugliese, 29 Giugno 2011: * * * *
In collaborazione con Colonne Sonore

Quarta collaborazione tra la Pixar e Michael Giacchino, che sostituisce il Randy Newman del primo episodio e si conferma uno dei compositori cinematografici più interessanti del momento. A fianco dei suoi 21 brani, ci sono anche due cover di vecchi successi e tre canzoni originali…


Rilevando il testimone da Randy Newman (autore dello score del primo Cars), e qui alla sua quarta collaborazione con la Pixar, Michael Giacchino toglie ulteriormente qualsiasi dubbio a chi pensasse che nel suo approccio al mondo del cartoon contemporaneo vi potesse essere un atteggiamento in qualche maniera riduttivo o “revisionistico” rispetto alle modalità del suo comporre. Era già apparso evidente con il polittico scoppiettante di Gli incredibili, con il citazionismo colto di Ratatouille e il lirismo poetico di Up. Ora, per il seguito del geniale “car… toon” di Lasseter, qui firmato da un fido scolaro come Brad Lewis, il compositore di Lost adotta quella che è la sua cifra più peculiare: un eclettismo adulto e disinibito che adotta e sussume i moduli della musica per film “live” plasmandola sulle inesauribili e movimentate invenzioni dell’universo dell’animazione digitale: con l’aggiunta di una briosa e inafferrabile varietà di toni e di ammiccamenti, nei quali sentiamo passare echi del western all’italiana, musica da thriller, illuminazioni pop anni ’60, spigolature rock e – predominanti – ampie e dense aperture sinfoniche.

Il guizzante e galoppante tema principale, molto rockettaro, si fa largo nella chitarra elettrica vintage di “Turbo Transmission”, ma già in “Its’s Finn McMissile!” il cocktail di suoni (chitarre e archi) si rivela foriero di un dinamismo incontenibile, nel quale alle singole sezioni sono richieste – come spesso in Giacchino – eccezionali doti virtuosistiche (batteria, archi, ottoni). I piccoli brani chiusi come lo “scherzo” in stile saloonistico di “Mater the Water” (iterato, ma più rallentato, in “Radiator reunion”) sono occasioni ghiottissime per il colto humour sonoro del compositore, che però si ritaglia anche pagine di effetto sospensivo notevole, come il fraseggio spezzato, ansimante, dei violini e poi dei celli in “Cranking up the heat”, portatore di una tensione che ricorda alcuni momenti di Lost (si ascolti il finale del brano col crescendo degli ottoni). “Towkyo takeout” si apre con una full immersion nel sound più caratteristicamente Sixties-Seventies (chitarra, organo Hammond…), ma si riserva uno sviluppo intermedio ben più drammatico nel disegno degli archi. Sembra comunque l’elemento ritmico (centrale il ruolo della batteria) il sostegno principale dello score, quasi a tenerlo in moto perpetuo, ruotante intorno all’adrenalinico Leitmotiv. Leitmotiv che trova una singolare variante lirica in “Tarmac the Magnificent” prima di una stringente progressione ritmica e di una riesposizione a tutta birra.

La frammentazione, che in altri compositori contemporanei è un difetto dovuto alla mancanza di una visione generale della partitura e del film, diventa in Giacchino una marcia in più (tanto per stare sull’argomento…) perché gli consente di suddividere in microepisodi, tutti perfettamente conchiusi, l’architettura complessiva di una partitura poliedrica e caleidoscopica. I sommessi tremoli degli archi che accompagnano l’ostinato di “History’s Bigger Loser Cars”, severo brano di meditazione sul quale in chiusa si alza sbarazzina la figurazione pop dell’Hammond, ne sono un esempio, così come la solennità celebrativa e ironicamente pomposa di “Porto Corsa”, tutto fanfare, squilli, marce e un’intelaiatura che sta fra il Williams di Guerre Stellari e l’Elgar di “Pump and circumstance”. Perché il punto è che Giacchino, come pochi altri musicisti del momento (e come prima di lui aveva saputo fare solo l’inarrivabile Alan Silvestri), è in grado di manipolare qualsiasi cliché e climax fino a camuffarvisi dentro: una dote questa che, nel pazzo mondo Pixar denso di citazionismi, rimandi e parodie, si rivela preziosissima.

Ancora grandioso, con una vena di tragicità in sottotraccia, “The Lemon Pledge”, che dispiega tutto l’organico strumentale con toni incombenti, mentre è fulminante lo scatto rock-sinfonico di “Mater’s Getaway”; e il ritmo scandito, con la sinistra frase dei violini e poi degli ottoni, di “Mater warms McQueen” è una delle pagine che forse meglio di qualsiasi altra testimoniano il cotè adulto dello score. L’inventiva di Giacchino nel tallonare ogni immagine e situazione con una costruzione musicale ad hoc non conosce limiti: si ascoltino gli staccati, le evoluzioni degli archi, le dissonanze degli ottoni, gli accordi ribattuti, tutto perfettamente coeso e cogente, in “Going to the backup plan”; adrenalina pura, nel rullare frenetico della batteria, nelle scalette violente discendenti dei fiati e nella inarrestabile velocizzazione degli archi, sgorga poi da “Mater’s the bomb”. E il Leitmotiv che ci ha accompagnato per tutto lo score viene “liquidato” e macinato, tra corni e ottoni ululanti e pesanti, perturbanti inserzioni degli archi, in “Blunder and lightning”; “Axelrod exposed” ripropone materiali di “Mater warms McQueen”, con la frase obliqua e minacciosa dei violini su un ritmo incalzante in battere, gli spunti dissonanti del clarinetto, e quel crescendo ostinato e ostile che prelude però a una coda più solare e rasserenante. Di nuovo pompieristico e ammiccante l’incipit di “The Radiator Springs Gran Prix” prima della chitarra acustica che propone il Leitmotiv e dei legni che chiosano liricamente; liberatoriamente scatenato, infine, “The turbomaster”, dove deflagra la baldanza giovanilistica di un compositore che – non dimentichiamolo – unisce a una preparazione accademica solidissima anche gusti, cultura e predilezioni abbeveratisi pur sempre al rock&pop anni ’70 e ’80.

Dell’album fanno parte anche, in apertura, cinque canzoni. Due sono dei vecchi successi: “You Might Think” (1984), originariamente dei The Cars (?!), è reinterpretata dalla band di alternative rock californiana dei Weezer, mentre “Polyrhythm” è un successo del 2007 delle giapponesi Perfume. Le tre canzoni originali sono invece “Mon coeur fait vroum”, scritta da Giacchino e interpretata dal cantautore francese Bénabar; “Collision of Worlds” scritta e cantata in duetto dal cantante country Brad Paisley e dalla popstar inglese Robbie Williams; e “Nobody’s Fool” scritta e interpretata da Brad Paisley, che aveva già composto e interpretato due canzoni per il primo Cars, “Behind the Clouds” e “Find Yourself”.


Titolo: Cars 2 (Id.)

Compositore: Michael Giacchino

Etichetta: Walt Disney Records, 2011

Numero dei brani: 26 (21 di commento + 5 canzoni)

Durata: 63′ 37”


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