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Soundtrack: Sulla mia pelle di Mokadelic

24 settembre 2018 Soundtrack 0 Commenti
Sulla mia pelle

Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore* * * *

Con la colonna sonora di “Sulla mia pelle” i Mokadelic dimostrano per l’ennesima volta di essere interessati soprattutto ai ritratti umani, agli aspetti intimi e psicologici dei personaggi. E infatti, anche nelle situazioni forti le loro sonorità sono soffusu, lente e ipnotiche…


Una serie di terzine pianistiche – do-sol-do – sembra introdurre una rassicurante “lullaby”, ma mentre la mano destra tesse divagando un tema innocente e incerto, la sinistra allarga e sposta continuamente gli intervalli creando disorientamento tonale e senso di estrema fragilità. Inizia così, nel brano omonimo d’apertura, con semplicità ma forte suggestione, la breve e penetrante OST creata dai Mokadelic (al secolo Alessio Mecozzi, Cristian Marras, Alberto Broccatelli, Maurizio Mazzenga e Luca Novelli) per Sulla mia pelle, uno dei film più applauditi alla Mostra del Cinema di Venezia, che Alessio Cremonini ha dedicato alla tragedia di Stefano Cucchi, il trentenne romano morto nell’ottobre 2009 in carcere dopo essere stato arrestato e trovato in possesso di alcune quantità di stupefacenti, e il cui cadavere appariva martoriato e ridotto a poco più di uno scheletro. Una vicenda, la sua, giudiziaria e umana che non è ancora chiusa e che ha scosso l’opinione pubblica, rivelandone altre, troppe di consimili, e gettando un’ombra ulteriore sui meccanismi e le modalità con cui lo Stato esercita le proprie funzioni.

Tuttavia nel film l’aspetto – nettissimo – di denuncia civile non può non andare di pari passo con il ritratto umano, psicologico, intimo del protagonista, dei suoi familiari e delle loro sofferenze. Ed è precisamente questo, il lato che sembra stare maggiormente a cuore alla band. Come hanno già ampiamente dimostrato nelle partiture per film come ACAB o per la serie Gomorra, i Mokadelic prediligono anche nelle situazioni forti sonorità soffuse, andature lente e ipnotiche, costruzioni musicali di evidenti ascendenze classico-sinfoniche o cameristiche, in una sorta di neosperimentalismo “ambient” che li colloca in una nicchia molto particolare e privilegiata dei complessi rapporti tra il post-rock e la musica per film.

Va in questa direzione la struttura delle tracce, sintetiche e autoconcluse come una serie di “studi” dove il pianoforte ha un ruolo di primo piano, a cominciare da quello solistico del brano già citato in apertura. La levigatezza del suono, le lunghe eco prodotte, il melodismo trasognato in tonalità prevalentemente minore non sono però finalizzati a derive sentimentali o sdolcinate, e l’intervento di altre fonti serve a chiarirlo. Il pedale elettronico che regge gli accordi pianistici gravi e pensierosi di “Niente fa male”, ad esempio, contiene gli elementi di una impalpabile minaccia, anche perché il baricentro tonale si sposta continuamente, mentre il sound assume colorazioni “psichedeliche” e notturne, e il pianoforte rivendica una propria autonomia spesso in conflitto con la base strumentale e/o sintetizzata. Lo si evince nel cadenzato, cupo “Rx” e in “Calmo e zitto”, gravido di mistero e di pericolo; una sensazione che i Mokadelic perseguono e ottengono senza bisogno di alzare il volume ma con tocchi semplici ed efficaci, come l’aspra ostinazione accordale del pianoforte e la disturbata elettricità di “La prima notte”, dove le linee melodiche del pianoforte, opportunamente campionate e manipolate, si vestono di una luce celestiale, visionaria; o le note e gli accordi ribattuti di “Le scale” rivestiti nuovamente di un afflato concertistico.

Se “Viaggio in tribunale” evoca estraneità e ostilità nel ringhio dell’elettronica, gli accordi violinistici e il pianoforte di “Immobile” assumono valenza inequivocabilmente funerea, pur senza un’ombra di retorica o di enfasi: tutto è affidato alla fascinazione timbrica e alle sensazioni alienanti, inconsce che le sonorità a tratti quasi fantascientifiche (“Notizia morte”) dei Mokadelic suscitano all’ascolto. Si tratta, dunque, di una pietà consapevole, razionale e non emotiva o impudicamente lacrimevole quella che il gruppo mira a sollecitare con la sua musica: lo dimostra anche il severo “La fine sulla pelle” per pianoforte, pedale elettronico ed effetto-violoncelli, che ha tutte le connotazioni di un omaggio funebre ma dove il sentimento del dolore è comunicato con grande sobrietà di linguaggio e compostezza formale. I pochi secondi di “Running rave”, fulminea concessione discotecara alla score, chiudono così una partitura intensa e delicata, breve e prosciugata, esile: come il corpo di Stefano Cucchi, che era stato preso in custodia dallo Stato. E che lo Stato ha restituito in una bara.


La copertina del CDTitolo: Sulla mia pelle

Compositore: Mokadelic

Etichetta: GDM Music, 2018

Numero dei brani: 12

Durata: 24′ 27”


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