Soundtrack: "The Danish Girl" - "Suffragette" di Alexandre Desplat
Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore – * * * * – * * * *
L’iperattivo compositore parigino Alexandre Desplat ha potuto coniugare al femminile la sua ben nota sensibilità musicale scrivendo le partiture, partecipate e commosse, per due vicende umane diversissime tra loro ma che vedono entrambe al loro centro delle “pioniere”…
Due storie completamente diverse (tragica e privatissima, ma carica di valenza sociale la prima; tutta politica e collettiva, ma non meno drammatica, la seconda) hanno consentito all’iperattivo compositore francese Alexandre Desplat di coniugare al femminile la propria ben nota “sensiblerie”, con altrettante partiture che vibrano di partecipata solidarietà e sobria commozione per le umane vicende delle protagoniste, in entrambe le circostanze a loro modo “pioniere”.
Nel caso di The Danish Girl, la ricostruzione della figura di Lilli Else Elvenes – nato come Einar Mogens Andreas Wegener ma più conosciuta come Lili Elbe, l’artista danese classificata come il primo transessuale ufficialmente riconosciuto tale, all’inizio del secolo scorso – trova nello score di Desplat accenti iniziali quasi timidi, riluttanti, colmi di pudore. Il tema principale esposto dal piano su tremoli dei violini e rintocchi del vibrafono seguiti dal violoncello (“The Danish girl”) si adagia su quella tipica circolarità espositiva che è tratto distintivo del musicista, ma già in “Lily’s dream”, abbassato di tonalità e più mosso, esso perde ogni connotazione patetico-lacrimosa e diviene serena elegia dedicata al protagonista: i cui turbamenti nel prendere coscienza del proprio status si traducono a tratti in momenti quasi di suspense (i tremoli sul ponticello di “Watching Ulla”) anche attraverso una strumentazione particolarmente e raffinatamente luminosa, liquida e fragile (le orchestrazioni sono firmate da Jean-Pascal Beintus, Nicolas Charron e Sylvain Morizet): ad esempio arpa, vibrafono, pianoforte, archi discreti e staccati (“Make-up and Costume”) in cui si inseriscono talora due delicati flauti (“Watching”). Un pathos, quello di Desplat, che rifugge dall’enfasi ma è capace di improvvisi addensamenti drammatici (“Einar returns home” che spinge i violini sino a un disperato registro acuto, oppure l’ansiogeno “Aggression”) nel crescendo degli archi, così come di altrettante repentine stasi, in cui clarinetto, arpa e violini dialogano mestamente (“Gerda in the rain”) oppure laddove il tema di Lili assume la dichiarata fisionomia di una dolce nenia di commiato (“Lily’s death”), magari appellandosi a una subliminale voce femminile (“Mirror”). Il tutto sempre nei confini di una delicatezza di modi e discrezione d’approccio nelle quali ben s’inseriscono anche, a mò di testimoni storici, la canzone “Roses of Picardy” composta da Haydn Wood, prolifico compositore inglese della prima metà del ‘900, su testo di Frederick E. Weatherly, e due “Danish waltz” di repertorio dell’epoca.
Più ariosa e solare, malgrado l’ambientazione nel proletariato del West End londinese di primi ‘900, la partitura per Suffragette, appassionato e documentato omaggio alle prime lotte delle donne per ottenere il voto, contro la spietata repressione che il governo di Sua Maestà esercitò nei loro confronti, prima di arrendersi alla concessione di un diritto ancor oggi calpestato in non pochi angoli del pianeta.
I colori dell’orchestra desplatiana si fanno qui più accesi, i ritmi più sostenuti e ottimistici, sin da “Suffragette”, che espone nei fiati e poi negli archi un nobile tema (ma con una bizzarra curvatura interna di sapore jazzistico) di andamento processionale; nondimeno l’arco dinamico dello score si spinge raramente oltre il “piano”, e la familiare predilezione di Desplat per frasi brevi iterate e ipnotizzanti (la sua personale via al minimalismo) fa spesso capolino, come in “An army” e persino in “Beaten”, che pure pulsa di indignate dissonanze a commentare i brutali pestaggi della polizia nei confronti delle manifestanti. In realtà però, in questo caso, l’andamento geometrico, regolare e ripetitivo della scrittura desplatiana si rivela una perfetta metafora dell’ostinazione, quasi della coazione a ripetere, delle protagoniste, che escono ed entrano dal carcere senza minimamente demordere dal proprio obiettivo. Non c’è, ancora una volta, nessun trionfalismo nella filigrana sonora di queste pagine (si ascolti la notturna, sommessa riesposizione del tema iniziale nella prima parte di “Demonstration”, a contrasto con l’agitazione convulsa dello sviluppo). Lo splendido “Abuse”, ad esempio, delega alla luminosità dell’arpa una stanca melodia sul ritmo regolare, pulsante degli archi, mentre gli stessi in una progressione ascetica e trascinante di accordi evocano in “Prison” un’atmosfera quasi trascendentale. Archi che, va detto, assumono progressivamente un ruolo di sempre maggior spicco lirico, dal registro sovracuto di “Force-fed” e “Child taken” ai lunghi interventi che in “Plotting” sostengono il disegno dell’arpa o gravitano intorno al battito cardiaco appena percepibile ma inesorabile del lungo “Votes for women”. Di durata ancora maggiore è poi lo snodo decisivo di “Epsom Derby”, esemplare dimostrazione di suspense music ottenuta con la massima economia di mezzi: ossia ancora lunghi accordi dei violini alternati a ritmi battuti con l’archetto, con un effetto galoppo e un crescendo conclusivi che costituiscono forse il solo momento di surriscaldamento dinamico dello score, concluso brevemente e sobriamente in “Legacy” da pianoforte e archi.
Un dittico di partiture, questo, che conferma la particolare e per certi aspetti radicale (né sempre persuasiva) poetica del maestro parigino, il cui frenetico e a volte un po’ sbrigativo attivismo non gli impedisce di cogliere nelle occasioni giuste i frutti del proprio ormai inconfondibile e gentile talento.
Titolo: The Danish Girl (Id.)
Compositore: Alexandre Desplat
Etichetta: Decca, 2015
Numero dei brani: 20 (17 di commento + 1 canzone + 2 bonus track)
Durata: 59′ 06”
Titolo: Suffragette (Id.)
Compositore: Alexandre Desplat
Etichetta: Backlot Music, 2015
Numero dei brani: 16
Durata: 49′ 42”
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