"Tahaan" di Santosh Sivan

Inedito in Italia – Fiabesco
Tahaan vive con la mamma muta e i nonni, dopo la sparizione del papà. Affezionatissimo al suo asino Birbal lo segue per tutte le montagne del Kashmir quando questo viene comprato da un gruppo di persone. L’avventura si mischierà con gli spettri della guerra…
In India, più che in altre realtà cinematograficamente consolidate, si vive il contrasto tra industria e cinema come arte: Bollywood, la mecca asiatica del cinema popolare, piena di amore canti e balli contro il cinema d’impegno, neorealistico, che parte da Ray e arriva fino ai tempi nostri, tempi in cui i registi di Bollywood cercano di aprirsi anche carriere parallele. Il caso emblematico è quello di Santosh Sivan, giunto al successo con due pellicole diversissime come il dramma politico The Terrorist e il kolossal epico-storico Asoka (acclamato a Venezia) e, come una sorta di Spielberg, ormai dedito a rimpallarsi tra progetti industriali per il grande mercato e film più personali. Giunto al suo nono film, prova la via di mezzo, rimanendo comunque lontano dai codici bollywoodiani ma cercando di mescolare il racconto infantile con la realtà politica. Ne esce un film tutto sommato piacevole.
Scritta dal regista con Ritesh Menon e Paul Hardart, una fiaba dalle venature realistiche, un tipico film di formazione, in formato esportazione, che guarda al mito del rapporto tra l’uomo e l’animale (senza sapere chi è più bestia dei due) cercando di inserirvi anche la realtà.
Tutto girato sulle gelide e fascinose montagne innevate di una regione costante teatro di guerre e guerriglie, il film mette in scena la tenacia e la purezza d’animo di un bambino che incontra la povertà, la miseria e la guerra, la cui tenacia nel cercare di tornare in possesso di ciò che gli appartiene fa il paio con la credulità di fonte alle promesse di un terrorista e diventa una sorta di metafora di una realtà in cui l’ingenuità e la menzogna sono facce della stessa, povera medaglia. Sivan, anche direttore di una fotografia leccata e curatore dei bei titoli di testa pittorici, realizza un film con l’impianto di antico racconto popolare che si sposa e si sporca con gli orrori contemporanei, incerto forse nella confezione, ma abbastanza furbo da usare la musica (di Taufique Qureshi) come alleggerimento comico e da concludere con un finale facile e conciliante.
Costruito canonicamente ma in modo attento, il racconto non perde quasi mai colpi e difetta semplicemente nel non trovare una strada sicura tra fascino della magia e oscurità del dramma, bivio che la regia non sa – o forse non vuole – sciogliere, scegliendo i mezzi più accattivanti per comunicare col pubblico (ralenti, controluce, soggettive dell’asino) ma facendoli convivere con ritmi lunghi, a tratti ripetitivi, raramente tesi.
Un film commerciale che aspira all’autorialità (ma in realtà sembra di più il contrario) e che sembra mettere – paradossalmente – il fattore umano in secondo piano, affidando a macchiette e personaggi sterili il compito di fare da spalle al vispo Purav Bhandare e al suo amico a quattro zampe. Cinema infantile, presentato nella sezione Alice nella città del Festival di Roma 2008, ma non bambinesco, naïf e scaltro, ma anche di una certa sincerità e simpatia, cui forse avrebbe giovato di più una ribalta come quella, meno dispersiva, del Giffoni Film Festival.
Titolo: Tahaan
Regia: Santosh Sivan
Sceneggiatura: Santosh Sivan, Ritesh Menon, Paul Hardart
Fotografia: Santosh Sivan
Interpreti: Victor Banerjee, Purav Bhandare, Rahul Bose, Ankush Dubey, Rasika Dugal, Rahul Khanna, Anupam Kher, Sana Shaikh, Dheirya Sonecha
Nazionalità: India, 2008
Durata: 1h. 45′
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