The Canyons di Paul Schrader

Adler Entertainment, 14 Novembre 2013 – Canyonesco
Lui, lei e l’altro; i soldi, il sesso, la droga e le sudditanze incrociate in una Los Angeles che è un’enorme periferia di Hollywood, piena di cinema ormai chiusi e decrepiti e di persone che non si arrendono all’evidenza di essere dei semplici personaggi di un film…
In un intreccio degno di un Beautiful qualsiasi, gli attori di The Canyons risaltano in una specie di “all-non-star-game”, con il protagonista interpretato da James Deen, ignoto ai più ma spavaldo interprete di un migliaio di film porno, mentre la protagonista femminile è la Lindsay Lohan famosa per la sua opera di autosfascio più che per il suo talento attoriale, oltre a qualche altro carneade dal non proprio luminoso futuro. Su tutto, uno che una volta era un bravo regista (Paul Schrader), e un soggetto scritto da uno che una volta era un bravo scrittore (Bret Easton “American Psycho” Ellis). Colonna sonora tra il brutto e l’inutile, fotografia un po’ arty.
E allora che dire di buono di questo film? Che le cose più interessanti non sono nel cinema ma nel metacinema, che se c’è qualcosa di interessante è nelle allusioni dei personaggi a una società fondata sul controllo dell’altro, sul potere del denaro, sul sesso come una delle due valute a corso legale che si possono spendere per sopravvivere, sul fatto che – potremmo aggiungere – i film non li recita chi è capace ma chi in grado di far notizia.
Un film brutto, una storia risibile, nella quale lo stereotipo costeggia la satira involontaria, una regia piatta, qualche spunto utile per fare un mini-saggio sulla società, dello spettacolo e non.
Titolo: The Canyons
Regia: Paul Schrader
Sceneggiatura: Bret Easton Ellis
Fotografia: John DeFazio
Interpreti: Lindsay Lohan, James Deen, Nolan Gerard Funk, Amanda Brooks, Tenille Houston, Gus Van Sant, Jarod Einsohn, Chris Zeischegg, Victor of Aquitaine, Jim Boeven, Philip Pavel, Lily Labeau, Thomas Trussell, Alex Ashbaugh
Nazionalità: USA, 2013
Durata: 1h. 39′
Addirittura vi inventate gli aggettivi
Davide lo fa spesso. Ha cercato di giustificarmi la scelta, ma non sono sicuro di aver capito bene tutti i suoi giri di parole.
Senza rancore verso il recensore: non sto criticando la sua scelta, solo che mi pare assai insolita.
Sì, sì. Avevo capito. Ma col ritmo che dobbiamo tenere ai festival, bisogna trovare qualche modo per evitare troppe ripetizioni.
Tralaltro con gli anni il numero dei film presentati ai festival sono aumentati vertiginosamente.
Non è proprio vero. Sono aumentati molto i film che poi arrivano al pubblico italiano, ma mi pare che rispetto a una decina di anni fa, a Venezia ci siano meno film.
La mia impressione invece è che il numero dei film presentati a Venezia sia aumentato e che quelli che riescono ad avere una distribuzione abbastanza vasta sono proprio pochi. Ma ripeto, è un’impressione, non so come funzionino esattamente le cose.
In realtà fino a pochi anni fa c’era una sezione enorme che non sì filava nessuno, i Nuovi Territori. Poi c’è stato Controcampo italiano… A occhio direi che c’è una ventina di film in meno rispetto a diec’anni fa. Ma avendo conservato i programmi, quando sarò a casa controllerò. Riguardo la distribuzione, parlavo di numeri tra sala, dvd e tv. Non a caso non ho specificato.
“… uno che una volta era un bravo regista…” a dire il vero, al di là dell’icona ottantiana (ho inventato anch’io un aggettivo o si può dire?) “American Gigolò”, mi sembra che il suo rendimento nella regia fosse altalenante; se è vero difatti che ad esempio “tuta blu” mi parve un buon film anche parecchio coraggioso per l’epoca, “cat people” sfigurava non poco rispetto all’originale di Tourneur. Se qualcuno sa consigliarmi qualche altro titolo di Schrader da vedere ben venga… ho sentito parlare benino di “the walker” ma non ho avuto ancora modo di visionarlo.
Schrader come sceneggiatore è più bravo che come regista a quel che ricordo.
L’aggettivo inventato a me è piaciuto: in pratica si modifica un aggettivo reale integrandolo (anche a livello di significato) il titolo del film, o almeno così l’ho inteso io (ma di sicuro l’intento dell’autore era un altro). Ci può stare. Mi sembra solo strano che Alberto non l’abbia cassato seduta stante.
D’accordo con Plissken: Schrader il meglio l’ha dato come sceneggiatore.
Plissken, di Schrader potrei consigliarti “Affliction”, film che non ho più rivisto ma del quale ho buoni ricordi, anche se non so se legati più agli attori che al resto.
Penso che il senso dell’aggettivo sia di far capire che i difetti del film sono insiti nel progetto stesso, ma anche di giocare sull’assonanza con la parola “cane” per far capire che i difetti sono tanti e insopportabili. Un po’ come un film è “spielberghiano” rispetta i crismi del cinema di Spielberg, questo è “canyonico” perché ha tutto quello che ti puoi aspettare in un film di questo genere, però fatto da cani.
Non l’ho cassato perché un po’ me l’aspettavo, da Davide. E poi non mi è venuto in mente nulla che non avessimo già utilizzato mille volte.
Non sono neanche riuscito a guardarlo tutto: raramente si vedono film così mal fotografati, grave considerando i nomi che ci sono dietro. Brutto, inutile, brutti gli attori, brutta la sceneggiatura (ma Ellis, che mi combini?), brutta la regia (mi viene da piangere, Paul…). Monnezza vera.
Se si raccolgono fondi con Kickstarter e si fa fare il casting con un sondaggio su internet, diciamo che i primi passi non ispirano esattamente fiducia…