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"L'arte di vincere" di Bennett Miller

25 gennaio 2012 Recensioni 4 Commenti
L'arte di vincere

Sony, 27 Gennaio 2012 – Energico

Per contrastare lo strapotere economico delle grandi squadre di baseball, il general manager degli Oakland Athletics decide di scegliere i giocatori secondo un approccio assolutamente inedito, in base cioé alla loro capacità nel fare cose che alle altre squadre sembrano non importare…


Brad Pitt e Jonah Hill in L'arte di vincereImmaginate di essere stato un centravanti di buon livello, ma di aver dovuto chiudere la carriera anzitempo a causa di un gravissimo infortunio. Una sera i dirigenti di una squadra di Serie A si presentano alla vostra porta e vi chiedono di diventare il loro portiere titolare. È più o meno quello che è capitato a Scott Hatteberg, ottimo ricevitore spostato in prima base dagli Oakland Athletics del 2002 per via della sua freddezza con una mazza in mano. Questo è l’episodio che gli autori di L’arte di vincere hanno scelto per esemplificare la particolarità dei metodi che il protagonista Billy Beane aveva deciso di usare, metodi invisi ai tanti “vecchi” che lavovarano nel baseball e si sentivano legati a una concezione del gioco che Billy riteneva sbagliata. Non superata: sbagliata.

Brad Pitt in L'arte di vincereTratto dall’omonimo libro di Michael Lewis, il progetto di Moneyball era stato affidato in successione a David Frankel (Il Diavolo veste Prada), Steven Soderbergh e Bennett Miller (Capote), vista la volontà dei produttori di avere un film piuttosto classico. Sembrava lecito, dunque, temere un nuovo Blind Side, l’altro film tratto da Lewis che aveva sì portato Sandra Bullock a vincere l’Oscar ma anche cancellato totalmente l’interessante analisi dell’evoluzione del football che il giornalista aveva scritto. Invece, qui gli autori si sono limitati quasi esclusivamente a ripulire il bel racconto di Lewis per renderlo più comprensibile e lineare. Così, come The Social Network si era dimostrato un film ottimamente svolto a partire da un tema decisamente poco interessante, allo stesso modo Moneyball riesce a rendere non solo comprensibile ma persino appassionante la storia di una ex promessa mai mantenuta del baseball che ha portato al successo “la squadra più scassata della lega” guardando le statistiche invece delle partite. D’altra parte la sceneggiatura è firmata da due ottimi scrittori come Steven Zaillian (Schindler’s List) e proprio l’Aaron Sorkin di Social Network, che neanche stavolta mancano il bersaglio.

Chris Pratt in L'arte di vincereE’ chiaro che bisogna avere almeno un’infarinatura di base del gioco per poter seguire il film e capire cosa sta succedendo, nonostante di baseball giocato se ne veda davvero poco. Si può comunque apprezzare la bella prestazione di un Brad Pitt a suo agio come lo era Robert Redford ai tempi de Il migliore e dispiacersi per il ruolo insipido in cui è sacrificato Philip Seymour Hoffman. A fianco poi di qualche dialogo eccessivamente hollywoodiano ce ne sono diversi davvero ben costruiti, così come a fianco di un quadretto familiare piuttosto stucchevole ci sono l’ottimo intreccio tra il presente del 2002 e il difficile passato da giocatore di Billy e una scena molto interessante ambientata durante l’ultimo giorno utile per scambiare giocatori tra le varie squadre.

Brad Pitt in L'arte di vincereLa colpa più grande del film è quella di presentare Billy Beane come un novizio della sabermetrica – le statistiche alternative – come se l’incontro con il fittizio Peter Brand l’abbia illuminato sulla via di Damasco. In realtà Beane aveva ereditato l’interesse per la sabermetrica dal suo predecessore e mentore Sandy Alderson, che già dal 1995 aveva dato agli A’s un approccio rivoluzionario derivato dagli scritti di Bill James. Quindi, in pratica, la maestria di Beane nel praticare un modello gestionale viene trasformata in una visionarietà che non gli appartiene. Ma è un tradimento abbastanza tipico, in quel di Hollywood, e molto meno grave e dannoso rispetto a quanto il Sud della California ci ha purtroppo abituati. Anche perché, come detto, Moneyball colpisce per la sua chiarezza espositiva e per come riesce a creare emozioni a partire dalle fredde statistiche. Una delle sorprese dell’anno.


La locandina statunitense di L'arte di vincereTitolo: L’arte di vincere (Moneyball)
Regia: Bennett Miller
Sceneggiatura: Steven Zaillian, Aaron Sorkin
Fotografia: Wally Pfister
Interpreti: Brad Pitt, Jonah Hill, Philip Seymour Hoffman, Chris Pratt, Stephen Bishop, Nick Porrazzo, Derrin Ebert, Miguel Mendoza, Adrian Bellani, Kerris Dorsey, Robin Wright, Reed Diamond, Tammy Blanchard, Arliss Howard, Reed Thompson
Nazionalità: USA, 2011
Durata: 2h. 13′


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Attualmente ci sono 4 commenti a questo articolo:

  1. Riccardo ha detto:

    Errore: avete messo fra i direttori della fotografia gli attori del film!!!

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Acc… Ho pure invertito sceneggiatori e direttore della fotografia…

  3. Marco ha detto:

    Concordo. Si è lasciato seguire senza problemi. Però ne ho visti di migliori di drammi, sportivi e non, con soggetto l’american dream.
    Bravo Pitt. Buona regia e montaggio. Molto bella la fotografia del “nolaniano” Pfister.

  4. Alberto Cassani ha detto:

    Senza dubbio c’è di meglio, ma il fatto che provi a seguire una strada nuova all’interno del genere penso sia un grande merito.

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