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"A Dangerous Method" di David Cronenberg

3 settembre 2011 Recensioni 10 Commenti
A Dangerous Method

Bim, 30 Settembre 2011 – Algido

Sabina, ebrea russa di ottima famiglia, è affetta da gravissime turbe isteriche e viene ricoverata nella clinica in cui lavora il giovane Jung. La donna si presenta da subito come l’occasione, per lo psichiatra, di mettere in pratica per la prima volta quella che sarà poi denominata psicoanalisi…


Michael Fassbender e Viggo MortensenUn’occasione perduta, anzi più occasioni perdute. Questa è la sensazione che rimane allo spettatore (e in particolare a una spettatrice “devota”) dopo la visione di quest’ultima fatica del regista canadese di Videodrome, Crash, Inseparabili e degli ultimi A History of Violence e La promessa dell’assassino. La vicenda è ormai nota, e tratta della relazione tra Sigmund Freud, Sabina Spielrein e Carl Jung. Nell’Austria e nella Svizzera dei primi anni del Novecento. Fin qui il materiale di partenza, che avrebbe potuto fornire anche a un regista diverso dal Cronenberg che molti di noi conoscono un’occasione preziosa per esplorare alcuni temi a lui cari: contrasto tra pulsioni e razionalità, rapporto femminile-maschile, doppio, separazione, mutazione, ruolo della morte nella vita dell’uomo.
Keira Knightley e Michael FassbenderInvece tutto ciò non accade: sullo sfondo della perfetta scenografia di Carol Spier e dei costumi di Denise Cronenberg, come sempre più che all’altezza del compito, i personaggi si muovono come esseri di carta, vuoti di senso e privi di spessore, recitando la vita e le teorie dei due padri della psichiatria con poca convinzione. La colpa non è di Viggo Mortensen, Michael Fassbender o Vincent Cassel (sulle responsabilità della Knightley invece…); il punto debole del film è proprio la sceneggiatura che, dispiace dirlo, rasenta e a volte tocca con mano il più classico e il meno interessante dei biopic che passano sul piccolo e sul grande schermo. Così, tra battute prevedibili (e dimenticabilissime) tra i tre protagonisti principali, scene di sesso nemmeno troppo torbido, primi piani con terribile recitazione facciale, lo spettatore segue l’inevitabile svolgersi di una vicenda che non riesce assolutamente a coinvolgere e ben poco a interessare.

Vincent Cassell con Michael Fassbender sullo sfondoInutile soffermarsi sull’ottimo livello tecnico del film che, praticamente sotto tutti i punti di vista, in quest’ambito non offre il fianco a critiche. Risulta a tratti, soprattutto negli esterni un po’ piatta la fotografia, forse a causa del girato in alta definizione, forse per espressa intenzione dell’autore, ma certo questo non è il problema principale dell’opera. Il vero problema di A Dangerous Method è che il film è praticamente assente, e oscilla tra la messinscena teatrale e la megaproduzione hollywoodiana, tanto che anche la colonna sonora di Howard Shore risulta poco originale e spesso irrilevante.

Michael FassbenderPeccato, perché Cronenberg ci ha dato, nel tempo, quasi sempre prove di alto livello, e che anche nei suoi film post-Spider aveva comunque mantenuto una più che dignitosa qualità. E non si tratta, come potrebbe sembrare, di aspettarsi per forza un film “cronenberghiano”, non è un problema di genere, dato che in questi anni l’autore ha spaziato tra molte delle tematiche possibili: horror, fantascienza, dramma, gangster movie… Si tratta di riconoscere, putroppo, più della presenza di un nuovo Cronenberg, l’assenza di quello vero.

Viggo MortensenInsomma, quello che non si vede in questo film è il talento del regista, un autore che si è dimostrato unico nell’immaginare contesti e nel mettervi in scena personaggi e vicende (succede in Videodrome, Crash, Existenz e comunque in tutte le sue migliori opere) qui non crea assolutamente un contesto (perché il tutto è un set che si appiattisce sulla fedeltà alla ricostruzione). Tutt’altra cosa rispetto, ad esempio, alla Tangeri del Pasto Nudo. E così, se il “mondo” dove Cronenberg fa muovere i suoi personaggi invece che un ritratto punta ad essere una fototessera, allora gli attori non possono fare a meno di essere figurine di cartone ritagliate e messe in posa a recitare una versione estesa di Wikipedia. E allora esci dal film e pensi che in fondo ci sono decine e decine di registi-carneadi capaci di mettere su pellicola in questo modo questa storia. Speriamo quindi nel nuovo progetto, Cosmopolis, annunciato dallo stesso regista per Venezia 69, sperando che questo non sia l’incipit di una nuova, Dangerous Way.


La locandinaTitolo: A Dangerous Method (Id.)
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: Christopher Hampton
Fotografia: Peter Suschitzky
Interpreti: Viggo Mortensen, Keira Knightley, Michael Fassbender, Vincent Cassel, Sarah Gadon, André Hennicke, Arndt Schwering-Sohnrey, Mignon Remé, Mareike Carrière, Franziska Arndt, Wladimir Matuchin, André Dietz
Nazionalità: UK – Germania – Svizzera – Canada, 2011
Durata: 1h. 39′


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Attualmente ci sono 10 commenti a questo articolo:

  1. lou salome ha detto:

    Per documentarsi sulla relazione tra Jung e Sabina Spielrein, prima di andare a vedere al cinema il film di Cronenberg “A dangerous method”, vi invito a leggere il libro VITE SOFFIATE. I VINTI DELLA PSICOANALISI (www.librovitesoffiate.tk ), un giallo psicologico in cui si indaga su una serie di misteriosi suicidi, tutti psicoanalisti che avevano frequentato lo stesso Ospedale di Zurigo in cui fu ricoverata Sabina. Non svelo il finale del libro…, che, pur di fiction, ha una solida base di documentazione storica.

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Be’, ma pure il film di Cronenberg ha una solida documentazione storica… Peraltro, volendo c’è il film di Faenza “Prendimi l’anima” (http://www.cinefile.biz/?p=467) che narra esattamente la stessa storia, con tutt’altro stile rispetto a Cronenberg.

  3. Anonimo ha detto:

    Nelle recensioni del film non trovo traccia di un elemento particolarmente disturbante ed offensivo del film. Più che le scene erotiche che avrebbero dovuto essere a dire dell’attrice protagonista intervistata “nolto forti” in quanto violente e con richiami alla “sottomissione”, che invece mi sono sembrete per nulla traumatizzanti in quanto effettuate da due adulti consapevoli e consenzienti, ciò che invece trovo sconvolgente è che nel film possa sostenersi che una bambina di soli quattro anni possa provare piacere ad essere rinchiusa in uno sgabuzzino, denudata e picchiata dal padre con colpi violenti sul sedere. Non si capisce se veniva solo picchiata o se il padre la seviziava anche sessualmente o se si masturbava sulla sua schiena. In ogni caso lei ad inizio film dice che a 4 anni questo le piaceva molto, dice che era eccitatissima, “tutta bagnata”, che quasi non vedeva l’ora che accadesse, che nello stanzino ci andava volentieri. Pensavo che poi, nel proseguo del film, si dicesse che il piacere da lei provato fosse un “falso ricordo” o una “difesa” mentale da quello che era accaduto, ed invece nulla di tutto ciò. Si sostiene che ad una bambina di 4 anni piaccia essere picchiata! Questo è abominevole, inaccettabile, vergognoso. Nessun bambino di 4 vuole esser picchiato, tantomeno con la violenza descritta nel film, nessun bambino prova piacere sessuale per questo, posto che un bambino di 4 anni possa provare piacere sessuale. Ma a cosa servono le campagne contro la violenza ai fanciulli se poi con un mezzo di diffusione di massa si diffondono queste teorie idiote, che sembrano sostenute da nomi illustri della spicanalisi, cosa non vera? Ma abbiamo idea di quanti bambini subiscono violenza al mondo? Ma abbiamo idea di quanti adulti pedofili ci siano? Ma è possibile che la censura intervenga solo per vietare la bubblicazione delle immagini dei politici e delle loro amanti e non intervenga per evitare di diffondere idee di questo tipo, almeno nel rispetto di tutti i bambini del mondo che subiscono violenza e degli adulti che da bambini l’hanno subita e che oggi hanno la vita rovinata o che miracolosamente con l’aiuto di spicologi seri e/o con una forza d’animo immensa sono riusciti a superare il trauma. Sono molto preoccupata per il futuro dei nostri figli, perchè quello che ci viene proposto da film come questo è qualcosa di peggio di una semplice involuzione culturale che già di per sè è abbastanza pericolosa.

  4. Alberto Cassani ha detto:

    Francamente mi sembra che le conclusioni a cui lei arriva siano notevolmente fuori bersaglio. Nel film non viene mai suggerito che alle bambine piaccia essere picchiate, bensì viene detto che A QUELLA bambina piaceva essere picchiata. E infatti non è un caso che la prima volta che noi la incontriamo, ormai cresciuta, sta per essere rinchiusa in manicomio! Dovrebbe bastare questo a far capire come la situazione di quella bambina è tutt’altro che normale, ed è tutt’altro che sana. Il film ci mostra proprio la fatica che lei fa per lasciarsi alle spalle gli abusi che ha subito in giovane età, e quindi i danni che tali abusi hanno provocato su di lei. Il film non implica in nessun momento che la violenza sia positiva né tantomeno che lo siano le perversioni sessuali, men che mai quelle infantili. Anzi, Sabine guarisce definitivamente proprio quando viene allontanata dall’uomo che le usa violenza per dimostrarle amore. Non vedo proprio in che modo si possa ritenere questo film un pericolo per le campagne contro la violenza ai minori, anzi… Invocare addirittura la censura, poi…

  5. Massimiliano ha detto:

    A parte la considerazione sul livello tecnico del film e la recitazione della Knightley, sono completamente in disaccordo su tutto (ma questo è il bello!!!!). Trovo che Croneneberg abbia da tempo intrapreso un percorso di evoluzione e mutazione verso un cinema più elegante e manieristico, mantenendo intatte le sue prerogative vero è che[in altri film avrebbe sottolineato i segni delle percosse alla Knightley tipo la Passione di Cristo, ricoverato Fassbender alla maxilofacciale per la pugnalata e fatto vergognare anche Rocco Siffredi per la scena di Cassel con l’infermiera]. Quando si intraprende una strada nuova spesso si procede per prove ed errori (questo film non è un errore) e si rischia di perdere la strada bella foresta delle opportunità. Il plot di Cosmopolis è molto interessante e mi trasmette angoscia già da adesso.

  6. Alberto Cassani ha detto:

    Non credo che Paola non abbia apprezzato il film solo perché così diverso dai precedenti di Cronenberg, quanto proprio la realizzazione dimessa e la sceneggiatura senza guizzi. Vero che è un po’ che ha cambiato genere, allineandosi maggiormente ai dettami dell’industria, ma i suoi ultimi film hanno effettivamente un’energia che questo non ha in nessun momento. Però a pensarci, non sarebbe stato male un “Dangerous Method” fatto dal vecchio Cronenberg…

  7. Marco ha detto:

    Concordo in toto con la recensione. Notevoli passi indietro rispetto ai film del “nuovo” Cronenberg.

  8. Anonimo ha detto:

    VOTO 6.5 CASCHETTO GIUSEPPE JOSEPH BOB

  9. Riccardo ha detto:

    Concordo con Massimiliano: il discorso sul sadomasochismo che Cronenberg sta facendo fin dai tempi degli esordi è rimasto invariato. E’ cambiato soltanto il modo di rappresentarlo: con una mano elegante e con un approccio meno violento. Forse è questa “rientrata nei ranghi” da parte di Cronenberg, ossia il fatto che non calca più il tratto dove era logico aspettarsi indugi su macabri particolari, che ha portato il film alla stroncatura, non tanto il film nella sua interezza. Ottimi gli attori.

  10. Guido ha detto:

    Sono d’accordo con l’aggettivo “algido”. Però per me è verde. 🙂

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