"Il diario di Bridget Jones" di Sharon Maguire
Uip, 19 Ottobre 2001 – Vivace
Bridget Jones è una trentaduenne londinese che lavora in una piccola casa editrice. Single per scelta (degli uomini), si propone di smettere di fumare, di perdere peso e di non innamorarsi del proprio capo. Ovviamente fa tutto il contrario, anche se i genitori vorrebbero vederla sistemata con un avvocato amico di famiglia…
Nata per le pagine del quotidiano inglese The Independent, Bridget Jones è stata il simbolo della ritrovata fiducia in se stesse delle bruttine insicure di tutta la Gran Bretagna. Quando Helen Fielding pubblicò il romanzo che raccoglieva le avventure della sua creatura, il libro balzò in testa alle classifiche di vendita di tutto il mondo.
Prodotto dalla Miramax ma distribuito dalla Universal, il film cede qualcosa all’aspetto commerciale del cinema ma mantiene la vena comica tipica della terra d’Albione. In effetti, sembra quasi non avere il coraggio di distaccarsi da altre commedie inglesi di successo, come Quattro matrimoni e un funerale o Notting Hill. E probabilmente non è un caso che tra gli sceneggiatori ci sia l’autore degli script di questi due film. Il difetto principale del film, comunque, è il fatto di concentrarsi esageratamente sul triangolo amoroso piuttosto che su quelle che sono veramente le nevrosi tipiche dei single, anche se poi la pellicola non diventa mai troppo zuccherosa (tranne che nel finale, che Paola Jacobbi su Ciak ha giustamente definito «degno di Meg Ryan») ed è anzi spessissimo divertente.
La sceneggiatura, scritta dalla stessa Fielding insieme ad Andrew Davies e appunto a Richard Curtis, mette in scena situazioni molto esagerate, che proprio in virtù di questa loro esagerazione fanno ridere (non solo sorridere) ma non danno modo allo spettatore di pensare «oddio, sono così anch’io». L’idea di mantenere la presenza del diario, con la voce fuori campo e attraverso l’uso di sovrimpressioni, funziona bene nel sottolineare le diverse situazioni e, soprattutto, le contraddizioni di cui la protagonista è fatta.
Renée Zellweger è fisicamente perfetta nel ruolo della protagonista. A prescindere dai chili che ha dovuto prendere per entrare nel personaggio, la ragazza texana ha il viso giusto per un personaggio simile. Al suo fianco Hugh Grant si dimostra ancora una volta un caratterista più che un attore, riempiendo la sua recitazione di molte smorfie ma poche espressioni, e Colin Firth è la persona giusta per il ruolo dell’avvocato di successo che non riesce a dir di no alla mamma quando gli regala un orrido maglione con una renna natalizia disegnata sopra. Gli altri, attori e personaggi, sono solo di contorno in un film in cui tecnica e originalità cinematografica contano pochissimo rispetto all’efficacia comica. E da questo punto di vista il film funziona alla grande.
Titolo: Il diario di Bridget Jones (Bridget Jones’s Diary)
Regia: Sharon Maguire
Sceneggiatura: Helen Fielding, Andrew Davies, Richard Curtis
Fotografia: Stuart Dryburgh
Interpreti: Renée Zellweger, Hugh Grant, Colin Firth, Gemma Jones, Jim Broadbent, Embeth Davies, Celia Imrie, James Faulkner, Charmian May, Paul Brooke, Felicity Montagu, Shirley Henderson, Honor Blackman, Embeth Davidtz
Nazionalità: Regno Unito, 2001
Durata: 1h. 37′
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