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"Lebanon" di Samuel Maoz

22 ottobre 2009 Recensioni 2 Commenti
Leone d'Oro

Bim, 23 Ottobre 2009 – Urgente

Giugno 1982. Come parte del contingente israeliano che ha invaso il territorio libanese, una squadra di quattro soldati guida un carro armato in esplorazione di una città abbandonata. Quando le cose si mettono male, i militari si trovano soli con le proprie paure all’interno del carro.


Una scena di LebanonCasi della vita. Un Festival che si apre e si chiude, con la prima e l’ultima proiezione, all’insegna della soggettiva forzata, reticente, eppure unico mezzo di esplorazione del mondo. Tra [REC]² e Lebanon, proiettato in coda a Venezia66 in qualità di vincitore del Leone d’Oro, passano 10 giorni di cinema caotico, che si ricongiunge a se stesso attraverso due modi opposti di intendere lo sguardo soggettivo. Da quello furioso e spensierato dell’horror spagnolo a quello lento e letale di Lebanon, tutto ambientato all’interno di un carro armato che può guardare l’esterno solo tramite il visore del cannone.

Una scena di LebanonLa claustrofobica frustrazione dei quattro protagonisti si alterna a sequenze in cui il cannoniere cerca di decodificare il mondo attraverso un mirino, paralizzato dalla sua paura e limitato dai movimenti meccanici della torretta. Come un rudimentale occhio cinematografico privo di zoom, la prospettiva del soldato passa dal campo lungo al primo piano sul bersaglio: l’impietosa assenza di avvicinamento, e il fondamentale lavoro sul sonoro che sottolinea ogni movimento “di macchina”, fanno di queste le sequenze più forti di un film che elabora il ricordo attraverso lo shock sensoriale, che rende palpabili gli odori e la consistenza del carro.
Una scena di LebanonSiamo lontani dunque dall’indiretto sentiero psicanalitico intrapreso da Ari Folman, che pure in Valzer con Bashir condivideva con Maoz l’urgenza di far scaturire il senso dei ricordi dall’esperienza personale della guerra. Stessa ambientazione, diversi processi di auto-indagine: è la nuova tendenza del cinema israeliano, che può permettersi di volgere in narrazione le colpe e i rimossi, consegnando al mondo la sua intima versione dei fatti.

In una Mostra in cui la rappresentazione del conflitto è stata molto presente, e i grandi film molto assenti, Lebanon è un Leone d’Oro appropriato, che consolida la stagione israeliana e scardina il duopolio Cina/USA dei premiati. Non memorabile, ma un cinema vivo e in linea con il suo tempo.


La locandina di LebanonTitolo: Lebanon (Levanon)
Regia: Samuel Maoz
Sceneggiatura: Samuel Maoz
Fotografia: Giora Bejach
Interpreti: Yoav Donat, Itay Tiran, Oshri Cohen, Zohar Shtrauss, Michael Moshonov, Reymond Amsalem, Dudu Tassa
Nazionalità: Israele, 2009
Durata: 1h. 32′


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Attualmente ci sono 2 commenti a questo articolo:

  1. Sebastiano ha detto:

    Sono corso a vedere il film ma sono un po’ perplesso dalla forma.
    Mi sembra fatto per tenere lontana la gente, cosa grave, e se ho capito, purtroppo gli incassi dei primi giorni sono poco confortanti.
    Peccato.

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Diciamo che non è realizzato pensando esattamente al possibile successo economico… L’idea è interessante, e tutto sommato non è insopportabile come chi l’aveva visto prima di me mi aveva riferito, però effettivamente non penso sia il modo migliore di raccontare la guerra. Tra l’altro, nel momento in cui il carrarmato si ferma, in pratica si ferma anche il film… Nel primo week-end in Italia ha incasso appena 92.000 euro, e non mi sorprende.

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