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L'ultimo inquisitore di Milos Forman

16 aprile 2007 Recensioni 4 Commenti
L'ultimo inquisitore

Medusa, 13 Aprile 2007 – Deludente

Spagna, 1793. Francisco Goya è pittore di Re Carlo IV ma lavora anche ad altre commissioni – tra cui il ritratto di Frate Lorenzo, membro dell’Inquisizione – e a dipinti che ritraggono la sua giovane modella Inés. Ma l’invasione napoleonica ribalterà gli equilibri storico-politici…


Il film di Milos Forman L’ultimo inquisitore inizia con l’incontro dei membri dell’Inquisizione nel momento in cui decidono di inasprire i loro controlli e la loro attività. Poi, dopo aver illustrato molto brevemente la vita artistica di Goya sia come pittore di corte (realizza il ritratto della Regina), che ritrattista di Frate Lorenzo e Inés, entra nel vivo della vicenda che racconta da diverse angolazioni. Il punto è proprio questo: che cosa vuole raccontare il film di Forman? Se si tratta di narrare parte della biografia di Goya, l’eccesso degli intrecci che interessano gli altri personaggi non sortisce l’effetto di donargli la statura di testimone degli eventi, bensì lo relegano come osservatore che, di tanto in tanto, viene quasi recuperato dalla sceneggiatura e fatto interagire con gli altri personaggi.

Infatti, nonostante si abbia l’impressione che Forman, più che narrare una pagina biografica della vita di Goya, abbia voluto rappresentarlo come testimone di importanti eventi storico-religiosi della sua epoca, questo ipotetico disegno non pare compiuto. Per quanto sia apprezzabile l’idea di narrare fatti e misfatti tanto dell’Inquisizione spagnola che dell’invasione napoleonica, per quanto tutto ciò sia riuscito dal punto di vista estetico (senza però eccessivi lampi di tecnica cinematografica), è la narrazione – la sceneggiatura – a costituire il punto debole e, purtroppo, a influire negativamente su tutta la struttura del film. Fatta salva la lodevole interpretazione dei tre protagonisti principali, è però da rilevare come le loro vicende siano state condotte e sviluppate in maniera discutibile, nel senso che troppo spesso si verificano coincidenze e colpi di scena tipici del melodramma e che purtroppo esautorano il nodo tematico costituito principalmente dalla Storia sia politica che religiosa. Infatti, si resta più volte perplessi di fronte allo sviluppo delle singole vicende dei protagonisti, specialmente nei momenti in cui tornano a incrociarsi sul rispettivo cammino.

Il risultato è che quelli che dovrebbero essere i “fantasmi di Goya” (il ricordo della modella ingiustamente arrestata e torturata dall’Inquisizione; le fasi alterne della Storia che, a seconda dei vinti e vincitori, impone nuovi regnanti e nuovi occupanti; la sanguinosa invasione napoleonica; luci e ombre del dittatore Napoleone, anche se nel film è presente solo attraverso la sua politica; la necessità del denaro che prevale sulla morale e la coerenza) appaiono deboli e solo accennati tanto da doverli intuire e rintracciare in pochissime battute e situazioni. Solamente la sequenza finale getta una luce su come la società coeva a Goya gli potesse apparire tanto grottesca e deformante da suggerirgli creature da dipingere con queste caratteristiche. Per il resto del film, è il personaggio di Frate Lorenzo a predominare su quello di Goya: di lui viene ritratta l’anima ambigua durante la sua appartenenza al clero e la metamorfosi quando si scopre simpatizzante con gli ideali della Rivoluzione Francese, ideali che decide di abbracciare e portare avanti anche in Spagna.

Certamente, L’ultimo inquisitore non fallisce nel sottolineare la crudeltà, l’assurdità e l’ipocrisia dell’Inquisizione, né fallisce nel narrare con efficacia l’invasione napoleonica con le sue conseguenze sia negative che positive; così come non fallisce nell’offrire una sorta di affresco storico, purtroppo però sminuito da una trama troppo romanzesca, risultato che stupisce maggiormente se si pensa che la sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Forman insieme a Jean-Claude Carrière. Tuttavia, per quanto si possano apprezzare alcuni meriti del film, è difficile non rimanerne in generale perplessi.


Titolo: L’ultimo inquisitore (Goya’s Ghost)
Regia: Milos Forman
Sceneggiatura: Milos Forman, Jean-Claude Carrière
Fotografia: Javier Aguirresarobe
Interpreti: Javier Bardem, Natalie Portman, Stellan Skarsgård, Randy Quaid, Blanca Portillo, Michael Lonsdale, José Luis Gómez, Mabel Rivera, Wael Al Moubayed, Balbino Acosta, José Alias, Simón Andreu, Frank Baker, Carlos Bardem
Nazionalità: Spagna, 2006
Durata: 1h. 57′


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Attualmente ci sono 4 commenti a questo articolo:

  1. Francesco Cuffari ha detto:

    Credo che questa recensione sia un insulto. Se questo è un brutto film, beh, allora… Io l’ho trovato una geniale rappresentazione degli effetti del Potere sulle persone con l’ipocrisia che ne deriva. Davvero una brutta recensione, per me, ovvio.

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Oddio, io sarei stato ancor più cattivo, soprattutto nei confronti degli attori…

  3. Tiziana Cappellini ha detto:

    In fondo, non ho bocciato completamente il film.

    Di sicuro è stato deludente negli aspetti sottolineati in negativo, ai quali purtroppo i pochi meriti sono rimasti subordinati.

  4. Francesco Cuffari ha detto:

    Con mia costernazione su questo film ho apprezzato quello che ha detto Morandini…

    “Non è una biografia di Francisco Goya y Lucientes (1746-1828), come Amadeus non è un bio-pic di Mozart. Il titolo italiano sposta l’accento sull’antagonista, frate Lorenzo, uomo di fede che divide il mondo tra il Bene e il Male e che, prima al servizio della Chiesa (di Dio) e poi della Rivoluzione Francese (della ragione), tormenta e uccide i corpi per salvare le anime. Non è nemmeno un film sull’Inquisizione che, tra l’altro, fu più di una. Nelle acqueforti e nei disegni dell’agnostico Goya Lorenzo non vede il Male, ma il suo riflesso. “Non è lui che dobbiamo colpire, ma i corpi nei quali quei fantasmi vivono. Ed è certo di averne il diritto e il dovere” (R. Escobar). Lo spostamento del titolo è giustificato. Nel film Goya è soltanto un testimone del suo tempo, aperto ai compromessi con i potenti cui, però, non sacrifica il suo mestiere, l’arte. Chi agisce, chi giudica e condanna è l’integralista e fanatico Lorenzo, personaggio inventato. È lui il vero protagonista, e non soltanto per l’interpretazione che ne dà l’eccellente Bardem. Per Forman e il suo cosceneggiatore Jean-Claude Carrière (6 film per Buñuel) l’Inquisizione esiste ancora oggi sebbene, come nella realtà dei regimi socialisti del ‘900, abbia cambiato nome. È ingiusto sottolineare l’eleganza sfarzosa della messinscena e i risvolti melodrammatici (Ines, modella di Goya, stritolata dal sistema, incarnata dall’eclettica Portman), se non si tiene conto anche degli agganci, suggeriti con perfida leggerezza, tra passato e presente. Tra loro c’è la resa dei conti con le truppe francesi che, al comando di Napoleone (1808-09) occupano la Spagna, comportandosi da feroci invasori”. 4/5

    Morando Morandini

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