"Nymphomaniac vol. II" di Lars Von Trier
Good Films, 24 Aprile 2014 – Dissacrante
Dopo cinque capitoli del racconto, Joe è arrivata al cuore delle sue difficoltà più profonde. L’impossibilità di raggiungere un normale orgasmo la porta a fare nuove e pericolose esperienze, e a capire se la sua ninfomania sia da combattere o accettare. Tutto questo, ancora con il buon Seligman in ascolto…
Buona parte della stampa specializzata ha voluto vedere i due volumi di Nymphomaniac come il terzo episodio di un’ideale trilogia della depressione iniziata con Antichrist e Melancholia, ma si tratta di un’ottica fuorviante. Troppo diversi l’approccio al racconto, la portata emotiva delle storie e la distanza dell’autore dai personaggi messi sotto osservazione. Per chi non si è fermato alla visione respingente del primo volume, questo secondo rappresenta un livello successivo, ancora più duro da accettare: passata l’iniziale scena dei cucchiai, sparisce quel poco di leggerezza, il ritmo rallenta senza alcuna paura della re-iterazione, la coerenza narrativa lascia ancor più a desiderare.
Con il passaggio della protagonista all’età adulta, si apre una prospettiva più matura e dolorosa, focalizzata ossessivamente sulla ricerca di un senso alla propria esistenza, a partire dalle proprie insoddisfabili pulsioni. La sperimentazione, formale e sessuale, viene progressivamente strangolata dal dichiarato intellettualismo della stanza – cornice, che però a sua volta sembra non volersi spingere molto oltre un’esposizione didattica di contenuti volutamente estranei e un giudizio morale che appare frettoloso. Va detto comunque che questo secondo volume regala anche il capitolo più bello e godibile dell’opera, il breve ma cruciale Lo specchio.
Ancora più che nella prima parte, dove la scelta si limitava al racconto del presente, i personaggi si esprimono con un linguaggio spesso teorico e innaturale: se questo ci risparmia una certa dose di banalità, è chiaro che la temperatura emotiva ne risente, e l’impressione potrebbe essere quella di avere tra le mani solo un cerebrale gioco tra autore e spettatori. Ma tanto vengono puniti i semplici allupati alla ricerca del film erotico più spinto possibile, tanto gli intellettuali duri a concessioni e pronti a identificarsi con il personaggio di Seligman sono vittime del meraviglioso scherzo finale.
Questo secondo volume di Nymphomaniac chiude il cerchio confermando l’intelligenza e il divertimento (anche a spese dello spettatore) del discusso regista danese. L’esperienza complessiva potrebbe essere soddisfacente per gli amanti del suo cinema, ma rischia di scontentare chiunque altro, andando a sfidare a testa bassa la sopportazione dello spettatore. Di fronte alla forza letteralmente distruttiva di queste quattro ore, l’unica risposta positiva possibile sembra quella di farsi una piccola, malsana, risata e seguire il consiglio riportato della locandina: «forget about love».
Titolo: Nymph()maniac – Vol. II (Id.)
Regia: Lars Von Trier
Sceneggiatura: Lars Von Trier
Fotografia: Manuel Alberto Claro
Interpreti: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Jamie Bell, Willem Dafoe, Mia Goth, Jean-Marc Barr, Michael Pas, Morgan Hartley, Andrea Thompson, Tine Burn, Tabea Tarbiat, Janine Romanowski
Nazionalità: Danimarca – Germania – Francia – Belgio – Regno Unito, 2013
Durata: 2h. 03′
Un ottimo epilogo per la citata trilogia dell’autore. Non strizza l’occhio al grande pubblico, ma esige che il pubblico diventi grande con il suo sguardo: sulla società (ep.the mirror), sulla storia del cinema (ep. the gun ‘intolerance’ di Griffith), sulla condizione femminile in generale (in una spirale discendente di dolore e sopraffazione dettata da quel 3+5 del primo vol.). Non credevo che un film così impattante avrebbe potuto racchiudere una tale profondità di senso, e un tale spessore culturale da far sembrare le digressioni di Skarsgard sempre più “deboli” con l’incedere della vita vissuta dalla protagonista. Da studiare meglio.
Buon epilogo. In linea col precedente, anche se sono presenti passaggi più “leggeri” non risparmia scene crude ed erotiche.
Finale, come solito a Von Trier, che lascia con un sorrisetto amaro lo spettatore.
Per quanto possa aver visto di Von Tier e per quanto mi possa piacere questa sua autorialità, penso di poter affermare che il sopracitato dittico sia il suo capolavoro.
“Nymph()maniac” è un’odissea carnale. Von Trier fa del film un dialogo a due, il dibattere schematico tra inconscio e ragione, corpo e intelletto, ma anche, e soprattutto, tra artista e pubblico. Non è solamente un catalogo di una disperata educazione sentimentale, una fiction sessuale, un’enciclopedia completa sul sesso degli esseri umani, ma è anche un film sull’arte del raccontare.