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Pan di Joe Wright

17 novembre 2015 Recensioni 1 Commento
Pan - Viaggio sull'isola che non c'è

Warner, 12 Novembre 2015 – Incolore

Londra, negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Peter è un dodicenne che vive in orfanotrofio. Una notte viene rapito dal pirata Barbanera e condotto sulla misteriosa e incantata Isola che non c’è, dove scoprirà di non essere un bambino come tutti gli altri…


Levi Miller in Pan - Viaggio sull'Isola che non c'èLa sfida di Pan – Viaggio sull’Isola che non c’è è di risultare innovativo sul classico senza allo stesso tempo snaturarlo. A tenere il timone c’è Joe Wright, reduce da un’intensa carriera di film in costume uniti dalla presenza dell’eterea Keira Knightley, bramoso di destinare l’ormai consolidata propensione al trasformismo dei luoghi e la fedeltà magica dei costumi a una storia che ponesse meno freni alla fantasia creativa. Così, se l’orfanotrofio in cui viene allevato Peter dà modo al regista di ricostruire alcuni scorci della Londra anni Quaranta in maniera realistica e sobria, la Neverland di Wright è sicuramente un amalgama piacevolmente bizzarro che estorce al gusto dell’esotico proprio del colonialismo uno sguardo curioso e divertito che si realizza nelle tribù che popolano l’Isola.

Hugh Jackman in Pan - Viaggio sull'Isola che non c'èPan è una fiaba come tante, che si svolge in base a uno schema piuttosto lineare e prevedibile. Nonostante i propositi, solo qualche volta Wright si concede dei momenti di libertà dai cliché e illumina il suo film con scene in cui si inneggia a Barbanera cantando “Smells like teen spirit” dei Nirvana o “Hey oh let’s go” dei Ramones, piccole perle che strizzano l’occhio più al Moulin Rouge di Baz Luhrmann che ai precedenti cinematografici su Peter Pan, Disney compreso.

Rooney Mara in Pan - Viaggio sull'Isola che non c'èA rendere piacevoli i 110 minuti è sicuramente la buona resa del 3D e l’andatura scherzosa di cui si contornano i protagonisti, tanto vicina agli ultimi Marvel da poter tranquillamente mettere un Chris Pratt qualsiasi al posto del Capitan Uncino di Garrett Hedlund. Ed è proprio con Uncino che Wright perde la migliore occasione che potesse avere di giustificare un legame logico tra il “vero” Peter Pan e quello che lui propone, dando al personaggio dei tratti caratteriali banali e sbiaditi, tanto da non poter giustificare l’ambiguo cambio di rotta cui è evidentemente destinato.

Rooney Mara e Garrett Hedlund in una scena di Pan - Viaggio sull'Isola che non c'èAl di là del valore estetico del film, non si può eludere la domanda più pressante: c’era davvero bisogno di una storia che giustificasse la nascita di Peter Pan? Probabilmente no, a meno che lo scopo non fosse unicamente quello di “giocare” con un classico per provare a rinverdirlo. Assolutamente no nella misura in cui il nuovo Peter Pan annulla la portata metaforica dell’originale, consegnando l’ennesimo prodotto che non lascia adito a interpretazioni ma si ferma a quanto mostra, abbagliante fuori e povero dentro, in linea con l’appiattimento emotivo che ormai dilaga tra molte delle produzioni cinematografiche che nascono con l’intento di agganciarsi a un percorso già consolidato. E Pan – Viaggio sull’Isola che non c’è appartiene a quest’ultima categoria.


La locandinaTitolo: Pan – Viaggio sull’Isola che non c’è (Pan)
Regia: Joe Wright
Sceneggiatura: Jason Fuchs
Fotografia: John Mathieson, Seamus McGarvey
Interpreti: Levi Miller, Hugh Jackman, Garrett Hedlund, Rooney Mara, Adeel Akhtar, Nonso Anozie, Amanda Seyfried, Kathy Burke, Lewis MacDougall, Cara Delevingne, Tae-joo Na, Jack Charles, Bronson Webb, Mike Shepherd, Brian Bovell
Nazionalità: USA – Regno Unito – Australia, 2015
Durata: 1h. 51′


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Attualmente c'è 1 commento a questo articolo:

  1. Marco ha detto:

    Il difetto maggiore del film è una trama banalotta ed inconsistente.
    Lo spettatore non è preso nè coinvolto minimamente.
    E questo vale sia per i bambini, cui il film è principalmente rivolto, che ai non più giovani.
    Se poi aggiungiamo scene sorprendentemente (in negativo) trash e personaggi alquanto bizzarri e fin troppo “strani”, condito con dialoghi infantili e superficiali, allora abbiamo la summa del “brutto film”.
    E poi troppi effetti CGI, con scene che ricalcano altri franchising; ti viene il mal di testa per quanta carne al fuoco abbiano voluto mettere.
    Salvo solo la colonna sonora e la fotografia, entrambi ad opera di veri maestri nel loro ruolo.

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