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"Silent Souls" di Aleksei Fedorchenko

5 settembre 2010 Recensioni 2 Commenti
Silent Souls

Microcinema, 25 Maggio 2012 – Residuale

Miron deve seppellire sua moglie Tanya, morta all’improvviso. In ossequio ai costumi dei suoi padri, organizza un viaggio per celebrare un rito funebre insieme all’amico Aist. Sarà l’occasione per elaborare il lutto ed esplorare segreti…


Una scena di Silent SoulsIn principio era un corpo di donna. Nudo, e morto. Poi un viaggio, di sepoltura. Aleksei Fedorchenko usa il primo come orientamento cardinale e il secondo come traccia narrativa di questo suo terzo lungometraggio, presentato in concorso a Venezia67.

In annate di Mostra del Cinema spesso accusate di eccessiva presenza asiatica, il contingente russo è un fenomeno da non sottovalutare che ha regalato Leoni d’Oro (Il Ritorno) e perle sottovalutate (Paper Soldier su tutti). Non era dunque sbagliato aspettarsi da Silent Souls lo stesso ineguagliabile spessore tecnico e un carico di esistenzialismo sommesso quanto universale. In particolare, la fotografia di Mikhail Krichman è di certo tra le migliori del concorso, gelida eppure vivissima, capace di accendersi per un rogo funebre come per una cascata di capelli biondi.

Una scena di Silent SoulsNon delude neanche la ricerca tematica di Fedorchenko: i suoi due protagonisti sono uomini di mezza età appesantiti e in difficoltà con i propri sentimenti, ma capaci di guizzi emotivi che lasciano spiazzati. Li aiuta un comune retaggio antropologico, l’appartenenza a una tribù ugro-finnica che, seppur morente, si riaffaccia all’animo di entrambi costringendoli a ubbidire ai suoi precetti. Ma si tratterà poi di costrizione? In nome di un mondo scomparso, e rigonfi di segreti impossibili, Miron e Aist raggiungono una catarsi quanto mai necessaria, mescolando causa ed effetto su una strada grigia.

Una scena di Silent SoulsTutt’altro che d’accompagnamento alla vicenda è il gusto compositivo del regista, che si intrufola tra i suoi personaggi con inquadrature bipolari, simmetriche e sempre aperte sulla profondità, a cominciare da quelle che ritraggono il corpo senza vita di Tanya, un trionfo di carnalità ora sottomessa ora riverita. La straordinaria scena in cui suo marito lava il cadavere fa il paio con i ricordi in cui era la vodka a scorrere sulla pelle viva, confondendo ancora i rapporti di causalità.

Anche se non dovesse lasciare traccia per quanto riguarda i premi, Fedorchenko conferma di aver raggiunto  la maturità  dopo la sua visita al Lido del 2005 (vincitore di Orizzonti Doc con First on the Moon) e confeziona una storia lineare, silenziosa e piena. Con qualcosa che sa di morte.


La locandina di Silent SoulsTitolo: Silent Souls (Ovsyanki)
Regia: Aleksei Fedorchenko
Sceneggiatura: Denis Osokin
Fotografia: Mikhail Krichman
Interpreti: Igor Sergeyev, Yuri Tsurilo, Yuliya Aug, Ivan Tushin, Viktor Sukhorukov, Vyacheslav Melekhov, Larisa Damaskina, Yuliy Tushina, Leisan Sitdikova, Olga Dobrina
Nazionalità: Russia, 2010
Durata: 1h. 15′


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Attualmente ci sono 2 commenti a questo articolo:

  1. spaceodissey ha detto:

    Concordo su molte delle cose che dici, aggiungerei, però, che il film è molto buono -a tratti ottimo- fino alla scena della pira. Poi si incanala in qualcosa di più scontato perdendo gli elementi che lo avevano reso interessante fino a quel momento (le tradizioni non sopite della “tribù”), anche se ammetto che viene risollevato da un finale straordinario.

    Ottima, in quest’ottica l’idea -di sceneggiatura- di anticipare il finale ad un quarto del film, cosa che permette di tenere alta la tensione dello spettatore.

  2. Tommaso Tocci ha detto:

    Già già, mi piace che il culmine emotivo sia lievemente spostato in avanti e che ciò che segue sia anti-climatico.
    Per la sua compattezza è ancora il miglior film del concorso, secondo me – anche se il trittico Meek’s Cutoff/Essential Killing/Post Mortem mi piace molto per vicinanza tematica. Li premierei in blocco con un “Leone d’Oro della Morte”.

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