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Soundtrack: "Dracula Untold" di Ramin Djawadi

2 febbraio 2015 Soundtrack 0 Commenti
Dracula Untold

Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore* * * ½

Il Dracula “non detto” di Gary Shore, in cui il lato fantasy si sposa con la ricerca delle fonti originarie di Bram Stoker, trova sponda nella musica di Ramin Djawadi, che cerca una sintesi espressiva tra fonti musicali autoctone, etcnico-medievali e un taglio contemporaneo…


Ogni epoca ha il proprio Dracula, e ogni Dracula il proprio mantello musicale. In principio fu il Dracula di Tod Browning (1931) con il teatrale Bela Lugosi e un singolare patchwork classico formato dal “Lago dei cigni” di Tchaikovsky (nei titoli), l’Incompiuta di Schubert e l’ouverture dei “Maestri Cantori” di Wagner. Poi vennero i magnifici Dracula di Christopher Lee nei film della britannica Hammer, con le sontuose, vittoriane partiture di James Bernard. Avvicinandoci nel tempo, il celebre Conte si è giovato, nella versione filologica di Coppola, della cultura musicale e delle ricercate alchimie sonore di Wojciech Kilar; le rivisitazioni postmoderne di Patrick Lussier hanno ricevuto il contributo, cupo e violento, di Marco Beltrami mentre Claudio Simonetti ha avvolto il Dracula tridimensionale di Dario Argento in uno dei suoi variopinti affreschi techno-sinfonici; senza dimenticare le brillanti partiture di Trevor Morris per la recente serie Tv con Jonathan Rhys-Meyers.
Ora, il Dracula “non detto”, non narrato di Gary Shore è una sorta di “Dracula prima di Dracula”, un Ur-Dracula che risale alle radici della leggenda inscrivendola in un contesto storico nazionale dove il lato fantasy (del tutto assente nella visionaria versione di Coppola) si sposa con la ricerca delle fonti originarie cui attinse Bram Stoker. Nessuna sorpresa, quindi, che nel proprio approccio Ramin Djawadi compia un’operazione di tipo analogo; il 40enne compositore tedesco-iraniano, uscito – come tanti altri – dalla factory Remote Control zimmeriana e sin qui celebre soprattutto per la serie Tv Il trono di spade e per Iron Man, cerca in altri termini la sintesi espressiva tra fonti musicali autoctone, etnico-medioevali, e un taglio moderno, anzi contemporaneo. Uno scampolo della prima tendenza si ha sin dal “Prologue”, fondato sul progressivo avvicinarsi di un coro gutturale e sillabante, che passa dai sussurri alle grida accompagnato da un incalzante movimento di bassi elettronici; e della seconda nel rapido “Dracula untold”, muscolare e martellante. Ma, dopo l’elegia per archi di “Mirena”, di trasparente impalpabilità, sono “Sultan Mehmed” e “The handover” a declinare le predilezioni di Djawadi per la musica etnica, con l’appello a strumenti caratteristici e a linee melodiche orientaleggianti, alle quali va ascritto anche l’insinuante tema principale, tutto svolto per curve di carezzevoli e inquietanti semitoni. In realtà la partitura trasuda un’atmosfera neoromantica, febbricitante che ha poco a che spartire con stereotipi horror e che sembra piuttosto guardare al modello di Kilar: “Eternal love” si distende a esempio in un lungo fraseggio di archi facendo emergere un’onirica, distante e angelicata voce sopranile. Abbonda naturalmente la musica da battaglia, come in “Janissary attack”, in cui il musicista abbandona ogni ancoraggio tonale e armonico, utilizzando le risorse orchestrali, soprattutto le percussioni, in direzione perentoriamente esplosiva e terroristica.
Tutta la partitura infatti è scossa da un premeditato, dirompente sensazionalismo timbrico, con l’orchestra che si raggela in spettrali pedali degli archi (“Broken tooth”) dai quali si alza lugubre e sommesso il tema di Dracula, oppure si atteggia a un’eccitazione nervosa e sussultoria, con grandi arpeggi degli archi e pesanti interventi degli ottoni (“Hand O’Bats” parte I e II), mentre è puntuale e sapiente l’intervento rinforzante del coro maschile. Si ritrovano l’adrenalina e la violenza stagliata, ultimativa del compositore di Pacific Rim in pagine come “The life and the next”, concepite a contrasto con altre come “Son of the dragon” la cui prima parte sembra fluttuare etereamente ad altezze siderali. Mentre il coro, rinforzato da ottoni e onnipresenti percussioni, continua a martellare rabbiosamente una sillabazione ostinata e funesta, Djawadi si lancia in sperimentazioni e assemblaggi inusuali, come la voce arabeggiante e il pianoforte modificato di “Son of the devil”, che interagiscono con un severo, meditativo adagio degli archi; è vero, la partitura manca forse di un’idea forte, ficcante, anche perché lo stesso tema principale viene speso con parsimonia nell’architettura complessiva, e il musicista sembra più puntare su un’atmosfera generale che a isolare singoli episodi. Con il risultato, forse inevitabile, di creare una certa ripetitività e un livellamento delle soluzioni. D’altro canto vanno salutate con favore la rinuncia ai più facili stereotipi horror, che d’altronde risulterebbero fuori luogo visto il taglio fantasy-storico del film, e la ricerca di una tonalità epico-eroica, bellicosa e iperdinamica che si fonda sul ricorso frequente a chiaroscuri orchestrali e a una sorta di Sturm und drang implacabilmente aggressiva. Se ne ha una riprova in “The silver tent”, imperiosamente perorante, e a seguire nel vitreo “Will come again”, che si gonfia progressivamente nell’enunciazione di un potente richiamo degli ottoni e in un crescendo opprimente, alternato a tremoli sul ponticello e pacati ma vibranti fraseggi degli archi alla ricerca di un po’ di pace e serenità.
L'”Epilogue” è, sotto questo aspetto, pagina esemplare e riassuntiva; un sommesso e molto “zimmeriano” rintocco di percussioni synt sostiene il disegno degli archi e le limpide, meste note del piano sino a un breve crescendo del coro, in quello che ha tutto l’aspetto e l’intento di un epicedio: perché anche musicalmente questo Dracula è, con tutta evidenza, una creatura oggetto di pietas, la cui sete di sangue non è che il prezzo da pagare per la propria sete di giustizia.


La copertina del CDTitolo: Dracula Untold (Id.)

Compositore: Ramin Djawadi

Etichetta: Back Lot Music, 2014

Numero dei brani: 20

Durata: 60′ 06”


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