Soundtrack: Wonder di Marcelo Zarvos
Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore – * * *
Il lavoro del brasiliano Marcelo Zarvos è essenziale nell’evitare che “Wonder” – il film di Stephen Chbosky tratto dal romanzo di R.J. Palacio – si mantenga nei toni di una commedia adolescenziale agrodolce, evitando tonalità patetiche o di commiserazione…
La brillante ma oculata carriera che il brasiliano Marcelo Zarvos ha intrapreso nel mondo della musica cinematografica testimonia una personalità sensibile e attenta, che dagli studi svolti negli Stati Uniti (al Berklee College of Music di Boston) ha appreso i segreti del mestiere, tralasciando le banalità della routine. Si tratta, infatti, di un compositore dallo stile rilassato, sobrio ma all’occorrenza penetrante, che si dimostra particolarmente a proprio agio in storie private, intime, anche fantastiche (Beastly) o cupamente poliziesche (Brooklyn’s Finest) ma costantemente caratterizzate da uno sguardo introspettivo e psicologicamente complesso.
Quindi, si deve proprio a lui se Wonder esula da tonalità prevedibilmente patetiche o di commiserazione, e si mantiene piuttosto nei toni di una commedia adolescenziale dal sapore agrodolce, pedagogica nel senso migliore del termine ma sempre sorvegliata in direzione sdrammatizzante. Come se la musica puntasse a quella dimensione di normalità, di quotidianità dovute anche al piccolo protagonista. In questo senso, brani come “Ordinary kid” o “The first day”, con un pianoforte conversevole impegnato in evoluzioni di brillante semplicità su un’orchestrazione leggera e saltellante, sono esemplari. Una giocosità, quella di Zarvos, non semplicistica o ingenua, ma accuratamente costruita per sottrazione, tra venature pop (“Shoes”, “Pop quiz”) e tentazioni minimaliste (“Halloween”) negli arabeschi ripetuti e ipnotizzanti del piano.
L’impronta malinconica, che corre evidentemente lungo tutto lo score, emerge in pagine come “Winter”, dove il piano tesse una fragile tela di note acute contrapposte a un denso pedale di archi gravi per poi dirigersi verso un intervento leggermente agitato di chitarre. Si prosegue così, con discorsiva naturalezza, anche in “Wonder” e “Via”, senza superflue eccentricità o scivoloni lacrimevoli: disincanto e – malgrado tutto – sorriso sembrano essere le parole d’ordine che Zarvos qui si è imposto, ottemperate soprattutto grazie alla costante presenza del pianoforte come “voce” rasserenante (“Coney Island”), capace di evocare melodie innocentemente carezzevoli ma non per questo meno coinvolte e coinvolgenti emotivamente. Ad aperture più ariose e orchestralmente ricche corrispondono poi “Letters” e “Spring”, mentre la sorprendente “Camera obscura” impegna il piano in movenze bachiane che s’intuiscono influenzate direttamente dal “Clavicembalo ben temperato” (in particolare dal Preludio e Fuga n.1). Non è una sorpresa, perché Zarvos in realtà è anche un colto e raffinato autore di musica classica non meno che appassionato cultore di jazz. Il suo è dunque un avveduto polistilismo che gli permette sofisticate operazioni di contaminazione linguistica, oltre a consentirgli di applicarsi a generi narrativi molto diversi tra loro.
Né, in questo contesto, stupisce l’intelligente scelta delle canzoni che accompagnano lo score originale, scelte sia come elementi di collocazione narrativa sia come ulteriori momenti di alleggerimento: dai White Stripes a Hannah Faye, da Bobby Boris Pickett & The Crypt Kickers a Caroline Pennell sino a quella “Wonder” cantata da Natalie Merchant il cui testo («Le persone mi vedono, io sono una sfida al tuo equilibrio, sono troppo al di fuori della vostra portata come vi confondo, e come vi stupisco!») è forse il più eloquente dei numerosi messaggi positivi e di speranza che il film trasmette.
Titolo: Wonder (Id.)
Compositore: Marcelo Zarvos
Etichetta: Milan Records, 2017
Numero dei brani: 21 (14 di commento + 7 canzoni)
Durata: 51′ 33”
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