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Locke di Steven Knight

30 aprile 2014 Recensioni 4 Commenti
Locke

Good Films, 30 Aprile 2014 – Affascinante

Ivan Locke parte in auto da Birmingham per raggiungere Londra nonostante un importante lavoro da svolgere la mattina successiva. Un viaggio di un’ora e mezza che gli cambierà completamente la vita, facendogli ripensare le proprie priorità e dandogli anche l’occasione di correggere gli errori commessi dal padre…


Tom Hardy in una scenaPresentato fuori concorso al Festival di Venezia 2013, Locke è il secondo film da regista dell’apprezzato sceneggiatore di La promessa dell’assassino. Ed è un film coraggioso e non adatto a tutti, visto che si svolge interamente a bordo della sua automobile e per 85 minuti non c’è in scena nessun altro tranne Tom Hardy. Ma stilisticamente siamo più dalle parti di Vendredi soir che di Buried, perché si tratta di una pellicola elegante e riflessiva, basata sui rapporti interpersonali, sule scelte che si devono fare nella vita e in parte sui sentimenti.

Identificarsi con la situazione in cui si viene a trovare il protagonista poco prima dell’inizio del film è tutt’altro facile, pensare a quale scelta avremmo fatto al suo posto particolarmente difficile. O meglio: può essere semplice pensare come ci saremmo comportati noi, più difficile è capire come ci saremmo comportati se fossimo stati lui. Perché Locke è un personaggio particolare, un’anomalia nel suo ambiente di lavoro – fanno capire i personaggi con cui parla telefonicamente – e addirittura «l’uomo migliore d’Inghilterra». In questa luce si può capire meglio la sua scelta, ma non necessariamente condividerla.

Per ovvie ragioni, il film poggia interamente sulle spalle dell’ottimo Tom Hardy, che sarebbe quasi certamente stato premiato con la Coppa Volpi se la pellicola fosse stata in concorso. La riuscita della sua interpretazione non può però prescindere dalla bravura di Knight nel girargli attorno senza mai stancare e soprattutto di costruire un personaggio convincentissimo grazie a dialoghi chiari e non banali, con l’unico difetto del modo in cui è affrontato il rapporto tra Locke e suo padre. Nelle sale passerà sicuramente inosservato, ma Locke conferma appieno il talento di un autore che ci saprà senz’altro regalare altre perle, in futuro.


La locandina di LockeTitolo: Locke
Regia: Steven Knight
Sceneggiatura: Steven Knight
Fotografia: Haris Zambarloukos
Interpreti: Tom Hardy, Ruth Wilson, Olivia Colman, Andrew Scott, Tom Holland, Bill Milner
Nazionalità: Regno Unito -USA, 2013
Durata: 1h. 25′


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Attualmente ci sono 4 commenti a questo articolo:

  1. Sebastiano ha detto:

    Gran film.
    Ecco perche’ il mio telefonino e’ perennemnte spento.

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Va be’, basta non seminare figli in ogni dove…

  3. Guido ha detto:

    Ciao Alberto, sono d’accordo con te sulla parola “affascinante” e anche sul colore verde.
    Tuttavia ho trovato il film un po’ sopravvalutato.

    Knight è indubbiamente bravo, e riesce a dare movimento al suo limitatissimo “set”.
    Hardy è ottimo, anche se ho il sospetto che il doppiaggio appiattisca molto la sua interpretazione.
    Ho visto alcune scene in lingua originale e il suo tono di voce risulta più efficace.

    Quello che mi lascia più perplesso è proprio la sceneggiatura. Se nei primi minuti la storia è interessante, con il progredire del film, diventa a poco a poco ripetitiva, e alla decima telefonata sul calcestruzzo scatta anche un po’ di irritazione e disinteresse. Inoltre il fatto che Hardy non esca dall’auto nemmeno un minuto mi ha fatto sembrare il tutto un esperimento fine a se stesso, sebbene abbastanza riuscito.

    Bello il finale, ma non credo che il film abbia le carte per diventare un cult.

  4. Alberto Cassani ha detto:

    Che il film sia un esperimento abbastanza fine a se stesso non c’è dubbio, e non c’è dubbio neanche che in alcuni momenti solo lo stile avvolgente evita il totale disinteresse dello spettatore nei confronti di malta e calcestruzzo. Però appunto, secondo me il film tira la corda della pazienza senza mai spezzarla, nonostante sia evidente che in alcuni momenti ci stano delle lungaggini che servono solo, appunto, ad allungare la durata del film. Che non avesse le possibilità di diventare un cult sono d’accordo, ma non mi sembra sia un film della cui visione ci si pente, se si è ben disposti verso questo tipo di cinema.

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