¡Que viva el cine! Viaggio nella culla del cinema iberoamericano
Cartagena, 2-7 Marzo 2016
Il Festival Internazionale di Cinema di Cartagena de Indias, in Colombia, ha offerto una finestra a pubblico e critica per capire l’evoluzione del cinema iberoamericano e le radici del suo successo. Il più longevo Festival di cinema dell’America Latina, il FICCI ha proposto quest’anno più di 150 pellicole a un pubblico di oltre 120.000 spettatori…
Il cinema iberoamericano è più vivo che mai. Tra i recenti exploit del Messico agli Oscar (con Iñárritu e Cuarón vincitori del premio alla miglior regia e Lubezki alla miglior fotografia nelle ultime tre edizioni), le vittorie di Venezuela e Argentina a Venezia (Leone d’Oro 2015 a Lorenzo Vigas con Desde allá, Leone d’Argento a Pablo Trapero con El Clan) e Messico e Colombia a Cannes (Miglior sceneggiatura a Michel Franco con Chronic e Caméra d’Or a César Acevedo con Un mondo fragile), l’America Latina sta conquistando un posto di sempre più grande rilievo sulla scena cinematografica internazionale.
E mentre il cinema iberoamericano esporta e trionfa con le sue gemme, ogni anno il Festival Internazionale di Cinema di Cartagena de Indias (FICCI), in Colombia, offre una finestra al pubblico e alla critica per capirne l’evoluzione e le radici del suo successo. Il più longevo Festival di cinema dell’America Latina, il FICCI è stato fondato nel 1960 da un gruppo di intellettuali e impresari della città del mar dei Caraibi colombiano e ha raggiunto quest’anno la sua edizione numero 56, proponendo dal 2 al 7 di marzo più di centocinquanta pellicole a un pubblico di oltre 120.000 spettatori. Pellicole che si sono ripartite tra la sezione del concorso ufficiale del Festival, una sezione dedicata al cinema colombiano, una selezione di undici gemme dirette da registi di fama mondiale (tra cui Mia Madre di Nanni Moretti, Taxi di Jafar Pahani e Rabin: The Last Day di Amos Gitai), cortometraggi, documentari, e tre tributi ad altrettante figure di rilievo del panorama cinematografico internazionale e regionale: Susan Sarandon, il regista filippino Brillante Mendoza (Captive, Thy Womb) e un’icona della generazione che diede il largo al rinascimento cinematografico colombiano degli anni Ottanta e alla mitica “Caliwood” – Luis Ospina.
Traendo spunto proprio dai manifesti di Luis Ospina e dell’altro enfant terrible di Caliwood Carlos Mayolo (la cui Mansión de Araucaima ha fatto da poster al Festival in occasione del trentesimo anno dalla sua uscita) la cinquantaseiesima edizione del FICCI ha offerto ai suoi spettatori pellicole che hanno spaziato dal conflitto armato colombiano ai flussi migratori in Messico, dai rodei brasiliani alla corruzione in Cile, mostrando le difficoltà della regione e le sofferenze della sua gente senza trasformarle in uno spettacolo fine a se stesso (un processo che Mayolo e Ospina nel 1977, con Agarrando Pueblo, avevano felicemente ribattezzato “porno-miseria”), ma in uno spunto di riflessione che rendesse giustizia alla dignità delle vittime. Cosa che fanno Ángela Osorio e Santiago Lozano narrando la storia di un contadino originario della costa pacifica colombiana e costretto dalla guerra a girovagare in una città straniera nel loro commovente Siembra, o Felipe Guerrero con Oscuro Animal, storia di tre donne che pagheranno sul proprio corpo il prezzo di una guerra di cui non hanno colpa, o il ventiseienne Juan Sebastian Mesa con i ragazzi di Medellin che fanno da protagonisti della sua pellicola d’esordio e con la quale si è aperto il FICCI56, Los Nadie, o ancora Gabriel Mascaro con Boi neon, il ritratto delicato e ironico di un cowboy brasiliano che tra rodei e sterco di vacca sogna di diventare stilista di moda – una gemma cinematografica giustamente premiata come la miglior pellicola del concorso ufficiale del Festival.
Stando alle parole con cui la direttrice artistica del FICCI Diana Bustamante, ha inaugurato il Festival, il cinema può trasformarsi in un antidoto contro la violenza e aiutare a superare traumi collettivi cicatrizzando un passato violento come quello del continente latinoamericano. Questo appello (soprattutto in Colombia) non è mai stato così urgente come adesso. Mentre il Paese si prepara alla firma di un accordo di pace che potrebbe, se non altro formalmente, porre fine a un conflitto di oltre cinquant’anni tra il governo colombiano e la guerriglia delle FARC, al cinema spetterà il compito di aiutare a costruire una società più giusta e a consolidare una pace stabile e duratura. Raccontare il conflitto armato con uno sguardo umano e rispettoso, come hanno saputo fare Ángela Osorio, Santiago Lozano e Felipe Guerrero, può essere un primo passo in questa direzione.
Tra i premi assegnati dalle giurie delle sezioni del FICCI56, assieme a Boi neon, spiccano il premio alla miglior regia a José Luis Guerín per La academia de las musas, il premio FIPRESCI alla pellicola cilena di Alejandro Fernández Almendras Aquí no ha pasado nada, la menzione speciale della giuria della sezione cinema colombiano per Siembra e il premio alla miglior regia di Luis Ospina con il nostalgico ritratto della sua Caliwood, Todo comenzó por el fin. La giusta conclusione di sei giorni di cinema che hanno offerto, sia alla critica sia al pubblico, un’occhiata da vicino all’evoluzione del cinema iberoamericano e alle radici della sua ribalta nel panorama cinematografico internazionale.
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