"Requiem" di Hans-Christian Schmid
Luciana Morelli, 24 Novembre 2006: Lancinante |
Lucky Red, 24 Novembre 2006
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La storia vera di Anneliese Michel, una studentessa morta nel maggio del 1976 in un paesino del sud della Germania in seguito a prolungata denutrizione e dopo aver subito numerosi esorcismi, perpetrati su richiesta dei genitori convinti che la sua malattia fosse opera del demonio…
La protagonista del film si chiama Michaela e un giorno decide di cambiare vita e di buttarsi alle spalle i problemi di epilessia andando a studiare all’università. Assecondata dal padre ma ostacolata e osteggiata dalla madre, Michaela si trasferisce a Tubinga. Cresciuta in una famiglia profondamente cattolica e praticante, la ragazza in un primo momento fa fatica ad ambientarsi ma poi sia alcune relazioni affettive con l’amica Hanna che il suo primo fidanzato Stefan la aiuteranno ad essere più serena. Il passato della ragazza però non tarda a rifarsi vivo e, nonostante le cure mediche, gli attacchi epilettici si fanno sempre più frequenti, fino a prendere di nuovo il sopravvento. Strane visioni e voci cominciano a turbarla, e qualcosa sembra impedirle di accostarsi al rosario, ai crocifissi e alla preghiera. I genitori decidono di metterla così nelle mani di un esorcista, nonostante il parere contrario dell’anziano parroco del paese che la vorrebbe invece farla visitare da uno psichiatra.
Più che di esorcismi, nella discussa pellicola tedesca di Hans-Christian Schmid (valsa a Sandra Hüller l’Orso d’Argento come Migliore Attrice protagonista a Berlino 2006), si parla di inquietudini giovanili, di instabilità emotive, di incomunicabilità familiare. Succube di un’educazione rigida e conservatrice, nonché di una circoscritta realtà cittadina, Michaela ricorre a cure mediche, ad ogni tipo di psicofarmaco e di analisi clinica, ma nessuno riesce a comprendere che alla base di tutto c’è forse una patologia più profonda, un bisogno di libertà, un’inspiegabile inaffettività materna, una voglia di farsi accettare e di superare la paura di affrontare il mondo al di fuori delle ovattate mura domestiche.
Il regista di 23 e Crazy (due film piuttosto sconosciuti sulle difficoltà di inserimento dei giovani nella società e nella realtà) porta sullo schermo il dramma di questa ragazza e della sua famiglia, senza retorica né idealismi religiosi, con delicatezza e polso, sottolineando in maniera marcata come questo sia uno di quei casi ‘curabili’ che per negligenza ed ignoranza sono stati abbandonati a se stessi senza l’intervento delle istituzioni. Un po’ per colpa della situazione politico-sociale tedesca di quel tempo, flagellata da credenze popolari e ferree osservanze religiose, un po’ per vergogna di fronte ai giudizi altrui. Sta di fatto che la vita di una giovane donna venne stroncata dopo una lunga e inutile agonia.
Non è la Chiesa ad essere messa in discussione o giudicata da Schmid, ma piuttosto una mancanza di discernimento tra disturbo psichico e possessione demoniaca di un gruppo di adulti troppo impegnati a cercare un perché per riuscire a vedere ad un palmo dal loro naso. Un’ottusità che ha scatenato nel regista tedesco una rabbiosa voglia di denuncia e di discussione sull’argomento, alla luce anche degli assurdi pellegrinaggi che in questi anni si sono succeduti nella casa in cui la ragazza morì dopo atroci e evitabili sofferenze. Quasi fosse una martire che si è immolata per portare a termine la sua missione come fece Santa Caterina, anziché una malata finita nelle mani sbagliate. Il tutto nonostante il processo penale, con l’accusa di omicidio colposo e omissione di soccorso, scaturito dal rifiuto di firma di un medico sul certificato di morte della ragazza, che due anni dopo venne intentato contro i genitori e i due sacerdoti. I quattro imputati se la sono cavata, alla fine, con l’obbligo di mantenere una condotta di vita adeguata.
Lungi dal voler spiegare in via esaustiva cosa ci fosse realmente dietro il malessere della protagonista (l’immagine di un piccolo crocefisso rivoltato nella stanza della ragazza sin dalle prime scene è sintomo di assoluta neutralità da parte del regista), le sue visioni e le sue crisi rimangono sempre piuttosto nascoste, a volte impercettibili, a volte più rabbiose, ma mai spettacolari e paurose come la versione americana della storia, quel The Exorcism of Emily Rose presentato a Venezia nel 2005 e girato in contemporanea con Requiem. La regia qui è imperniata (forse proprio per differenziare i due film in maniera più netta possibile) unicamente sul dramma intimo della ragazza e sui suoi travagli sensoriali, tralasciando del tutto i telefonati dettagli orrorifici e coreografici della sua schizofrenia, quasi a comporre un mosaico documentando il travaglio intimista di tutti i personaggi coinvolti.
Titolo: Requiem (Id.)
Regia: Hans-Christian Schmid
Sceneggiatura: Bernd Lange
Fotografia: Bogumil Godfrejow
Interpreti: Sandra Hüller, Burghart Klaussner, Imogen Kogge, Anna Blomeier, Nicholas Reinke, Jens Harzer, Walter Schmidinger, Friederike Adolph, Irene Kugler, Johann Adam Oest, Eva Loebau
Nazionalità: Germania, 2006
Durata: 1h. 36′
è un film raccapricciante ma ti fa capire quanto è ottusa la gente e quanto è poco informata la gente sull’epilessia non ho altro da dire.