Stai leggendo:

"Sanctum" di Alister Grierson

8 dicembre 2011 Recensioni 22 Commenti
Sanctum

Eagle Pictures, 11 Febbraio 2011 – Claustrofobico

Un gruppo di speleologi decide di esaminare un abisso sotterraneo inesplorato in nuova Guinea. Il capo della spedizione porta con sé il figlio ancora poco esperto. Lo scatenarsi di una tempesta equatoriale blocca l’accesso principale e inizia a sommergere il percorso…


Una scena di SanctumIspirato a un fatto realmente accaduto (l’avventura di un gruppo di esploratori nel Nullarbor Plain, in Australia) questo film prodotto da James Cameron utilizza ampiamente la tecnologia inaugurata da questo regista per accentuare l’atmosfera cupa e claustrofobica di un ambiente ostile talvolta capace di non perdonare. Nell’esperienza originale da cui la trama è stata tratta, un gruppo di 15 esploratori, capeggiati da Andrew Wight (che ha partecipato alla realizzazione della sceneggiatura) rimase intrappolato per due giorni a una profondità di oltre 300 metri. Nella realtà tutti riuscirono, in maniera molto fortunosa, a salvarsi e certamente non racconteremo qui la parallela sorte e l’accaduto del film.

Un momento di SanctumGiocato quasi tutto sugli effetti speciali del tridimensionale (particolarmente efficace in considerazione della cupa atmosfera di un ambiente sempre in penombra) Sanctum mostra contemporaneamente pregi e difetti di una storia destinata a raccontare un fatto avventuroso piuttosto che a caratterizzare comportamenti e spessore dei personaggi. Il risultato è un film dedicato a chi effettivamente conosce, magari per esperienza diretta, cosa effettivamente si prova all’interno di una grotta, e conosce i pericoli di chi, nell’esplorazione, vive nella specifica paura del grande nemico di questo tipo di disciplina, la pioggia.
Richard Roxburg in una scena di SanctumPer il resto, l’azione si svolge fin dalle prime sequenze in un’atmosfera di crescente tensione che, purtroppo, come spesso accade quando si desidera raggiungere a tutti i costi un risultato insistendo continuamente sugli stessi mezzi per produrlo, talvolta diviene noioso. Pare proprio che, in certi momenti, si sia dimenticato il sacrosanto principio che fa più paura un pericolo accennato piuttosto che uno reale. Così, mentre mette davvero i brividi la sequenza legata allo scatenarsi della tempesta, con il rumore di fondo che cresce sempre di più, certe scene legate al percorso subacqueo sanno tanto di minestra riscaldata, per l’ovvietà della conclusione cui la scena è destinata. In ogni caso, per gli amanti del genere, un film gradevole, in cui il tridimensionale esalta, in maniera ben curata, l’oppressività di una situazione apparentemente quasi senza uscita.


La locandina di SanctumTitolo: Sanctum (Id.)
Regia: Alister Grierson
Sceneggiatura: John Garvin, Andrew Wight
Fotografia: Jules O’Loughlin
Interpreti: Richard Roxburgh, Rhys Wakefield, Ioan Gruffudd, Alice Parkinson, Daniel Wyllie, Christopher Baker, Nicole Downs, Allison Cratchley, Cramer Cain, Andrew Hansen, John Garvin, Sean Dennehy, Nea Diap
Nazionalità: USA – Australia, 2011
Durata: 1h. 43′


Percorsi Tematici

  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

Attualmente ci sono 22 commenti a questo articolo:

  1. Marco ha detto:

    Forse il 3D era l’unico motivo per vederlo al cinema, vedendolo nel salotto di casa non mi ha emozionato tantomeno appassionato. Si salvano solo alcune scene.

  2. WarezSan ha detto:

    Io l’ho visto in 2D.

    L’ho trovato veramente notevole, quasi catartico. Un’esperienza religiosa piu’ che un semplice film.
    Per certi versi mi ha ricordato molto alien 2 nelle sue atmosfere claustrofobile, senza speranza, quasi disumane.

    E’ una di quelle pellicole che andrebbero viste in una sala adeguata, in religioso silenzio, un po’ come sunshine (grandioso nella sua fotografia).

  3. Paolo ha detto:

    film ridicolo. punto.

  4. WarezSan ha detto:

    Grazie Paolo per il tuo costruttivo contributo 🙂
    Se ne sentiva la mancanza.

  5. Sebastiano ha detto:

    Vedo sulla locandina che James Cameron e’ il regista di Avatar e Titanic.
    Io che pensavo si trattasse del fratello…
    Comunque mi sa che ha ragione Paolo, e mi chiedo perche’ nei percorsi tematici ci sta pure “Into the Wild”; mi pare di altro livello.

  6. Alberto Cassani ha detto:

    I percorsi sono tematici, non qualitativi. Vero che rispetto agli altri “Into the Wild” si discosta un po’, ma nel tema “uomo intrappolato nella natura” ci può stare.

  7. WarezSan ha detto:

    Sebastiano, un altro fine pensatore… ma siamo proprio fortunati di questi tempi 🙂

  8. Plissken ha detto:

    Io sono a metà tra i commenti di Warez San e Sebastiano (di cui ovviamente rispetto le opinioni): mi è sembrato un film godibile ed a tratti ben fatto, di cui però credo difficilmente resterà memoria.

    Bella l’ambientazione nel complesso e la fotografia, la sceneggiatura fa del suo meglio per ovviare ad un soggetto non molto originale. A me più che “Alien 2”, che reputo di un altro pianeta, ha ricordato per certi versi il comunque ottimo “the descent”.

    La cosa che più ho faticato a digerire è il solito conflitto padre/figlio con annesso complesso d’inferiorità di quest’ultimo e bla bla bla… cose viste alla nausea che non aggiungono nulla al film, anzi per i miei gusti personali tendono a banalizzarlo.

    Nel complesso comunque credo sia da vedere: in giro c’è di molto peggio…

  9. WarezSan ha detto:

    Si vabbe’, ma i commenti di Sebastiano e Paolo si possono sintetizzare in:
    “e’ una merda” senza specificare perche’ lo si ritiene tale.
    Come si fa a rispettare un giudizio lapidario le cui premesse sono inesistenti?
    E un trattamento del genere non e’ stato riservato nemmeno all’ultimo flmaccio sui vampiri/scopatori 😐 .

    Passiamo a giudizi piu’ articolati, come i tuoi Plissken, le cui premesse possono essere condivisibili o meno, ma tali restano a supporto di un opinione, posso dire che dal mio punto di vista il conflitto padre/figlio e’ funzionale al cuore della narrazione.

    Tutto ruota intorno al concetto di interiorita’ che il protagonista vede rappresentato da quello che e’ l’ambiente in cui si muove e che cerca con disperata ostinazione.

    La sua chiesa, il suo santuario appunto. L’unico posto in cui riesca davvero a sentirsi vivo proprio perche’ una grotta di vivo non ha nulla e si e’ soli con a propria essenza.
    A quel punto mi e’ piaciuto molto il modo in cui i vari protagonisti hanno dimostrato il loro essere piu’ vero in una condizione di scelta estrema.

    I temi toccati sono molti in Sanctum, e non credo sia giusto negarli ingenerosamente.

  10. Alberto Cassani ha detto:

    Conoscendo Sebastiano, sono abbastanza certo che il film non l’abbia visto e si stesse rifacendo a quanto visto/letto in giro, compresa la campagna pubblicitaria abbastanza ridicola. Però purtroppo hanno ragione loro (i pubblicitari): il volgo per buona parte ignora i nomi di chiunque non appaia davanti alla cinepresa, per cui il nome di James Cameron a molti non dice nulla se non accompagnato dai suoi due titoli più famosi.

  11. Plissken ha detto:

    Capisco il tuo punto di vista Warez, in effetti i giudizi di Paolo e Sebastiano potevano essere meno lapidari, considerando appunto che in tal modo sono andati ad acuire il contrasto con le tue opinioni in maniera forse eccessiva.
    Paolo magari avrebbe potuto evitare il “punto”, visto che non ha dato motivo per il quale si debba ritenere la sua opinione (che comunque, ripeto, mi sento tenuto a rispettare) al di sopra delle altre. Questo no.

    Tornando al film, io non ho ravvisato nella vicenda inerente il rapporto padre-figlio quanto da te esplicato, ma una sorta di deja vu ed un pretesto per farcire di “buoni sentimenti” annessi a sociologia una vicenda che avrebbe potuto perfettamente farne a meno.

    Ovviamente è solo una mia opinione, dovuta all’inevitabile differenza nella lettura di un film che è sempre di carattere personale.

    Riguardo il discorso inerente Cameron… lasciamo perdere 🙁 Ho notato invece che tra “il volgo” Spielberg non ha bisogno di presentazioni, un po’ come era un tempo per John Ford.

  12. Plissken ha detto:

    Warezsan, mi sorge un dubbio atroce: con “Alien 2” intendevi forse il film di Ippolito “Alien 2 sulla terra”?
    E’ ambientato proprio nel sottosuolo e nei vaghi (per fortuna) ricordi che ne ho mi sembra che i protagonisti fossero degli spereologi…

    😉

  13. Alberto Cassani ha detto:

    C’avevo pensato anch’io…

  14. Plissken ha detto:

    Flic & floc!

  15. WarezSan ha detto:

    Lol, no “Alien 2 sulla terra” mi manca -__-

    Alien 2 lo inserisco in una categoria (che e’ tutta solo nella mia testa) che chiamo “i film senza speranza”, ovvero quei film che trasmettono un senso di disperazione, che non ti danno la percezione che vi sia una via d’uscita.

    Anche se la conclusione di alien 2 per certi versi poteva essere intuibile la sensazione che ne ho ricavato e’ stata tremenda. Una delle sequenza che piu’ mi ha perseguitato e’ stata quella ambientata nella sala in cui la protagonista e la bambina si rifugiano per rifiatare e riposarsi.

    In sintesi, sia in sanctum che in alien 2 ho percepito distintamente l’ambiente in cui i protagonisti interagivano come apertamente ostile. Tutto nella trama sembra cospirare contro la loro salvezza.

    La forza di Sanctum credo risieda proprio nel definire situazioni letali in un ambiente che si percepisce ostile ma che in realta’ e’ reso tale unicamente dalle scelte dei protagonisti.

    Nella parte finale infatti il padre invita il figlio a fidarsi della caverna, convinto del fatto che l’elemento in cui si muovera’ per essere salvifico dovra’ essere compreso nella sua interezza. .

    Mi rendo conto che alune considerazioni potranno risultare forzate, ma piu’ che concatenare i film per generi tendo a farlo in base alle sensazioni che generano 😉

  16. Plissken ha detto:

    Beh non direi che le considerazioni appaiano forzate, piuttosto che la tua chiave di lettura tiene conto di elementi non solitamente considerati dai più.

    Non sono certo di aver compreso fino in fondo quanto hai espresso, in quanto mi sfugge il nesso tra la sala in “Aliens” e la caverna: nel primo caso l’ambiente è stato reso ostile dall’uomo che vi ha immesso l’elemento pericoloso, nella caverna invece la salvezza può avvenire solamente se l’uomo comprende le caratteristiche insite nella natura della stessa… ma forse intendevi che in entrambe le situazioni a livello di sensazioni sembra non vi sia scampo? Il discorso potrebbe essere esteso ad esempio al film “Cube” di Natali o al recente “Buried”?
    Giusto per due chiacchiere eh… 🙂

    P.S.: “Alien 2 sulla terra” (ora posso dirlo) è un film allucinante: non vedendolo non si perde nulla, anzi ci si guadagna in salute, he he he… (spero non ci siano in giro fans di Ippolito…).

  17. WarezSan ha detto:

    Si esatto, mi riferisco alle sensazioni trasmesse. 😉
    Nel caso di Alien 2 l’assurdita’ della situazione e’ il riposare in una situazione di estrema precarieta’ fisica, in un ambiente ostile con elementi ostili che tendono ad eliminare i protagonisti fisicamente.
    Nel caso di Sanctum si percepisce il pericolo ma non si riesce mai a definirlo. Inizialmente ho attribuito il senso di periocolo all’ambiente ostile, successivamente alle paure dei protagonisti che si proiettano sulle loro azioni rendendole inadeguate in una situazione che non ammettte sbagli.

    In alien, il pericolo percepito non e’ dato dagli alieni ma dall’ambiente in cui gli alieni si muovono.
    Prova ne e’ che in alien 1 paradossalmente, pur essendo ambientato nello spazio, il focus e’ sul nemico palesato piu’ che sull’ambiente in cui si svolge l’azione.

    In sanctum manca il nemico,ma solo in apparenza.
    Il nemico e’ la paura dell’ignoto. Quello che si percepisce ma non si comprende mai nella sua interezza proprio perche’ superiore.

    A tal proposito e’ molto interessante quello che secondo Lovecraft puo’ essere incasellato nella definizione di “Orrore Cosmico”.
    Secondo lo scrittore quello che piu’ genera terrore e’ la paura nell’ignoto. E cosa c’e’ di piu’ ignoto dell’infinito cosmico?
    Il concetto e’ spiegato perfettamente inantologia da lui curata dal titolo “i miei orrori preferiti” in cui raccoglie i miglori racconti di quelli che lui ritiene essere gli autori piu’ raffinati e incisivi.
    Prima di ogni racconto spiega in modo molto concreto quelli che sono i meccanismi che portano il lettore in uno stato di terrore autoalimentato da situazioni create in modo molto raffinato.

    Ora non saprei dirti che Sanctum, Alien 2 o la cosa possano essere incasellati nella categoria appena citata (forse “la cosa” si, visto che e’ tratto in maniera piuttosto fedele da un suo racconto “le montagne della follia”) ma di certo scatenano in me delle sensazioni di angoscia provocate in modo simile nella sostanza ma differenti nel metodo.

    Secondo Lovecraft basta accennare, lasciare che sia il lettore (spettatore) a capire gradatamente che qualcosa di anormale sta accadendo.

    Per concludere, in alien 2 le scene piu’ agghiaccianti per me sono state quelle in cui non si vedeva il pericolo, lo si percepival lo si sentiva. Se non puoi vedere il pericolo in modo concreto come puoi sperare di affrontarlo con successo?
    Ecco, in sanctum questa possibilita’ e’ negata.
    Nel caso di Alien2 i momenti che ho trovato piu’ terrificanti sono

  18. WarezSan ha detto:

    Quest’ulòtima frase non capisco perche’ e’ rimasta appesa 😐
    😉 “Nel caso di Alien2 i momenti che ho trovato piu’ terrificanti sono”

    Non tenerne conto…

  19. Plissken ha detto:

    “Se non puoi vedere il pericolo in modo concreto come puoi sperare di affrontarlo con successo?”

    Adesso credo di aver capito meglio WarezSan, thanks. 🙂

    Naturalmente non posso che concordare: se non erro la Cappellini in una recensione (mi sfugge quale mannaggia…) evidenziava proprio come faccia più paura un pericolo percepito che espressamente manifesto.

    Questo presumo dipenda proprio dal fatto che essendo la minaccia percepibile ma occulta crea un’aura di tensione “a tutto tondo” e quindi estendibile all’intero ambiente: nel momento in cui la minaccia diviene visibile, l’attenzione viene a focalizzarsi soltanto su di essa e decade la precedente situazione.

    Se e dico SE è a questo che ti riferisci (può essere che io non abbia ancora compreso appieno…) non posso appunto che essere d’accordo, anche perché è in effetti una peculiarità ascrivibile a molti Registi con la “R” maiuscola che adottando questo accorgimento hanno creato i migliori thriller ed horror.

    In questo senso il primo esempio tra i molti che mi viene in mente è il mitico “Predator” di Mc Tiernan, nel quale per metà film o più i protagonisti non hanno modo di identificare la minaccia che pertanto viene estesa all’intero ambiente, una “foresta al cui confronto la Cambogia è un orticello” e che potrebbe nascondere in ogni anfratto o dietro ogni albero la mortale minaccia creando così un clima di tensione sublime.

  20. WarezSan ha detto:

    Hai espresso perfettamente il mio pensiero 😉

  21. Michele J. Casella ha detto:

    Ciao , come mai il film
    ” Sanctum ” è citato nei 20
    film ispirato a H.P.Lovecraft ?
    Non , capisco ; qualche idea ?

    Sono un ” fanatico fan ” di
    H.P.Lovecrapt , R.Chambers ,
    H.A.Poe , A.Birce .
    40 anni di letture , ne ho
    51 ; “Sanctum” mi è piaciuto”
    ma non vedo correlazioni con
    H.P.Lovecraft e altri .
    Ringrazio per la risposta .

  22. Alberto Cassani ha detto:

    Esistono degli eventi in realtà virtuale prodotti dalla rete televisiva statunitense HBO che si intitolano “Sanctum” e sono collegati alla serie tv “Lovecraft County”. Il collegamento è questo, non con il film di Grierson che abbiamo recensito qui.

Scrivi un commento

Devi essere autenticato per inserire un commento.