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Soundtrack: "Amiche da morire" di Pasquale Catalano

18 novembre 2013 Soundtrack 0 Commenti
Amiche da morire

Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore* * * *

La musica di Nino Rota era, in estrema sintesi, caratterizzata da un mix indefinibile e inconfondibile di lievità e malinconia, da irrisione e citazione, da strizzatine d’occhio stilistiche e filiale devozione ai modelli del passato. Qualcosa di quell’atteggiamento trapela forse in Pasquale Catalano…


Commedia femminile “al nero” o commedia nera “al femminile”? Comunque lo si voglia chiamare, il film opera prima di Giorgia Farina contribuisce a svelare un aspetto relativamente inedito nella personalità di Pasquale Catalano, 47enne compositore napoletano caro al cinema di Pappi Corsicato, Vilma Labate e ai primi film di Paolo Sorrentino. L’aspetto in questione è quello del grottesco: a patto però di intendersi sul termine. Spesso ci si interroga, fra gli addetti ai lavori, se l’eredità di Nino Rota sia stata raccolta da qualche musicista delle nuove generazioni: ossia quel mix indefinibile e inconfondibile di lievità e malinconia, di irrisione e citazione, di strizzatine d’occhio stilistiche e filiale devozione ai modelli del passato, che costituiva – in estrema sintesi – la personalità del musicista di Fellini e Visconti. Ebbene, qualcosa di quell’atteggiamento trapela forse in Catalano, soprattutto nella padronanza di moduli molto ben identificabili (o perché chiaramente connotati in direzione etnico-folkloristica, o perché scopertamente neoclassici) e nella duttilità dimostrata alle prese con materiali dalle provenienze assai diversificate.

La tonalità prevalente di questa partitura, dalla trasparenza sonora straordinaria e ben lontana dalle atmosfere claustrofobiche, essiccate e allarmanti di Le conseguenze dell’amore o La doppia ora, è quella di un lirismo agrodolce e ammiccante, vagamente surreale e liquescente, come nelle sonorità di vibrafono, archi e arpa di “Olivia”, dove si allude a una vena sentimentale e gentile che sfocia in un cantabile aperto e mediterraneo dei violini divisi. Ma basta passare al brano che prende il titolo dal film per constatare un soave – ma indubitabile – inasprimento dell’atmosfera. Su uno staccato pettegolo, vagamente operistico degli archi (calibratissima e nitida la direzione dell’autore sul podio dell’Amarcord Studio Orchestra), il pianoforte di Fabrizio Romano prima seguito dagli archi poi, accenna la cellula iniziale del tema verdiano dai “Vespri siciliani”, in una “localizzazione” parodistica e sfottente che viene accentuata dall’intervento del marranzano o scacciapensieri, strumento etnico che è una sorta di “firma” sonora obbligata per qualsiasi ambientazione filmica malavitosa o mafioseggiante. Nondimeno la ballata cullante e trasognata di “Crocetta”, dove intervengono le chitarre di Domenico De Luca e dello stesso Catalano in dialogo amoroso e sussurrante, ci fa respirare più intensamente quell’aura latina e assolata che è la caratteristica del film; un passo innanzi, ed eccoci a “Chiacchiere di paese”, dove il violino di Paolo Sasso interviene con una cadenza spagnoleggiante su un ritmo scopertamente latino, ma con l’arricchimento di ribollenti tremoli degli archi e assoli divaganti di chitarre, il che sottolinea con decisione il lato “noir” di tutta la faccenda.

Queste mezzetinte satiriche non sono comuni nella musica per film italiana, che tende – fatte salve le debite eccezioni – a sbilanciarsi in una direzione o nell’altra, evitando accuratamente le ambiguità e i chiaroscuri. Viceversa, il brevissimo “Passeggiate serene” – che riprende l’andatura quasi rossiniana di “Amiche da morire” – continua a mantenersi in bilico fra compostezza formale e sberleffo irriverente, mentre “Grotta e mercato” fa appello di nuovo agli archi in registro acuto, oltre a pizzicati sospesi e tocchi di xilofono, in un gioco di pause, domande e risposte di beffardo sbigottimento. Il lato oscuro della partitura, che sonnecchia vigile dovunque, emerge più limpidamente in “Io sono Tamara”, dove un tambureggiare della percussione su un ostinato di due note a salire degli archi crea purissima ed efficace suspense musicale con pochi mezzi. Ancora più sinistra, nella sua fulmineità, la marcia funebre sghemba di “Don Vincenzo” mentre il tango pianistico “Gilda” ci riconduce alla mediterraneità caricaturale eppure filologicamente perfetta del linguaggio qui scelto da Catalano. Con “Le madrine” e l’alzarsi del canto desolato della tromba di Gianfranco Campagnoli siamo – con tutta evidenza – in pieno territorio morriconiano: la citazione dai temi larghi della “trilogia del dollaro” di Leone è dichiarata, priva di qualsiasi ambiguità, quindi intellettualmente onesta e stilisticamente pertinente, in quanto si fa “ambiente” drammaturgico di preciso riferimento; e “Tamara” chiude ancora con movenze di danza asciutta, derisoria e scarna, gli interventi del compositore. Si aggiungono però due brani della cantautrice irlandese “rockabilly” Imelda May, “Pulling the Rug” e “Tainted Love”, che innervano di adrenalina pura il paesaggio sonoro del film; a questi si affiancano la versione più recente di “One Way or Another” della gloriosa band new wave americana Blondie, e la deliziosa, impalpabile “You make me happy” della popstar indie americana Lindsey Ray. Non pezzi di abbellimento, ma tasselli di un piccolo e prezioso arazzo musicale che si stacca, e di molto, dalla media del panorama italiano corrente.


La copertina del CDTitolo: Amiche da morire

Compositore: Pasquale Catalano

Etichetta: BMG, 2013

Numero dei brani: 15 (11 di commento + 4 canzoni)

Durata: 25′ 13”


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