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Soundtrack: Hostiles - Ostili di Max Richter

17 giugno 2019 Soundtrack 0 Commenti
Hostiles - Ostili

Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore* * * *

Vero e proprio prototipo del musicista trasversale contemporaneo, Max Richter è uno sperimentatore assoluto e un instancabile ricercatore. Per il cupo western moderno diretto da Scott Cooper ha realizzato una partitura ben diversa da quella di altri compositori per pellicole similari…


Max Richter può essere a buon diritto considerato il prototipo del musicista trasversale contemporaneo. Se vi recate in un negozio di dischi, potrete trovare i suoi album equamente ripartiti tra la sezione di musica contemporanea, le colonne sonore e quella particolare “terra di nessuno” dove operano figure eclettiche come Brian Eno, Steve Reich o Arvo Pärt. La sua stessa formazione, unitamente alle frequentazioni – oltre che con i compositori appena citati – con l’Accademia di Luciano Berio ne fanno una figura artistica a 360 gradi, difficile da etichettare sotto qualsiasi corrente, si tratti del postminimalismo o del neoromanticismo o di altri cliché.
In realtà il 52enne compositore anglotedesco è uno sperimentatore assoluto, un ricercatore inesausto della materia sonora, un audace alchimista di materiali che guarda ad alcune delle esperienze più avanzate delle avanguardie ed insieme ai traguardi raggiunti negli ultimi decenni dai pionieri più intraprendenti della musica pop. La sua crescente attività nel campo delle colonne sonore, sia cinematografiche sia televisive, dove opera ormai già da un quindicennio, è forse ad oggi il tassello più importante della sua personalità perché proprio qui, nella sua filmografia estremamente selettiva e nel contempo molto diversificata, da Valzer con Bashir a La prima linea, da Die Fremde alla serie Tv The Leftovers, Richter ha avuto modo di dispiegare interamente la propria Weltanschauung, la propria visione musicale del mondo, improntata a una drammaturgia sonora inquietante, psicologica, rarefatta, estranea a qualsiasi tentazione estetizzante o effettistica.

Il cupo western moderno di Scott Cooper rappresenta un terreno ideale per approfondire questo stile. Nella partitura di Richter, infatti, convivono residui di musica caratteristica del genere, soprattutto nella direzione di un country malinconicamente fantasmatico (il tema violinistico di “The first scalp”), e paesaggi acustici quasi da cinema di fantascienza, con lunghi pedali elettronici o di bassi e subitanee incursioni percussive (“What did they die for?”) che alludono alla ritmica tribale dei pellerossa ma in una direzione astratta e atemporale. Le strategie evocative di Richter sono dunque molto diverse da quelle, più culturalmente radicate, che in score simili perseguono ad esempio compositori come Nick Cave e Warren Ellis; la densità e l’intensità del suo sound, la mescolanza di fonti moderne e studiati arcaismi, il frequente ricorso a melismi, a volte con influssi dichiaratamente liturgici, si raccolgono in uno stile che coniuga spunti primordiali, di oscura misteriosità (“River crossing”), con episodi strumentali solistici spogliati di qualsiasi sentimentalismo e ricondotti alla propria scarna ossatura lirica: si pensi allo struggente pianoforte di “A woman alone” incaricato di esporre in solitudine il tema principale quasi in forma di nenia funebre, o al lamentoso violino dall’incerta intonazione di “A new introduction”.
Con questi mezzi, ridotti al minimo ma sapientemente dosati nell’organizzazione timbrica, Richter ottiene momenti di puro incantamento estatico come “Cradle in the grave” e “Where we belong”, basati sullo sviluppo del leit-motiv ottenuto con coppie di mestissimi accordi di minore, e dove il paesaggio pare schiudersi dinanzi a noi in un’irripetibile alba del suono.

Partitura lunga e lenta, fluente, orizzontale, Hostiles è capace anche di improvvise contrazioni e accensioni ritmiche (“Camanche ambush”), e di contrasti spiazzanti, ma la sua cifra prevalente è quella di un atteggiamento contemplativo, quasi ipnotico, interiorizzato, rivolto a catturare le suggestioni crepuscolari di un universo ormai percepito come inesorabilmente declinante. In questo versante si situano le pagine forse più belle della partitura, quelle pianistiche: ad esempio, oltre alla già citata “A woman alone”, la stupefatta “The Lord’s rough ways” e la conclusiva “Rosalee theme”. Tutte originano dal tema conduttore in un molle tempo di ¾, abbandonandolo ad una struttura accordale che si snoda potenzialmente all’infinito, senza una risoluzione decisiva ma sfumando in lontananza.
In un simile contesto fuori dal tempo e dallo spazio, dove l’indeterminatezza anche musicale è parte costitutiva dell’universalità della vicenda narrata, la presenza del cantautore folk americano Ryan Bingham con la sua “How shall a sparrow fly” è l’unico riferimento diretto ad una certa cultura della frontiera, anch’essa tuttavia rivissuta attraverso un’insondabile, consapevole tristezza: «Oh come può volare un passero, o avere il cuore per cantare? Se tutto quello che può fare è piangere, sulle sue ali spezzate?»…


La copertina del CDTitolo: Hostiles – Ostili (Hostiles)

Compositore: Max Richter

Etichetta: Deutsche Grammophon, 2018

Numero dei brani: 19 (18 di commento + 1 canzone)

Durata: 74′


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