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Soundtrack: "Remember" di Mychael Danna

21 marzo 2016 Soundtrack 0 Commenti
Remember

Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore* * * * *

Quella che Mychael Danna ha composto per il Remember di Atom Egoyan è una partitura che come poche altre sa farsi nello stesso tempo specchio interiore di anime tormentate e sofisticato esercizio linguistico: un’oasi di intelligenza e sensibilità nella routine spesso rozza e inutilmente rumorosa di tanta produzione corrente…


Da quasi un trentennio, per la precisione dal 1987 con Black Comedy…, Mychael Danna è la fedele voce musicale del cinema inquieto, turbativo e psicologico di Atom Egoyan. Da Exotica a Il dolce domani, da False verità a Chloe – Tra seduzione e inganno, essa ne ha accompagnato i risvolti thriller, le riflessioni memorialistiche, l’erotismo complesso, le intersezioni spaziotemporali con sottigliezza intellettuale e sospesa ansietà, con partiture preferenzialmente orchestrali e strutturalmente devote a un linguaggio moderno ma non spigolosamente aggressivo, estraneo a qualsiasi enfasi o spettacolarità, eppure straordinariamente efficace nel descrivere l’irrequietezza e i tormenti spesso inconfessabili dei protagonisti.

Se poi a queste tematiche si aggiunge, come in Remember (colpevolmente ignorato dalla giuria all’ultima Mostra di Venezia), uno sfondo storico tragico, attraverso il ricordo della Shoah e il desiderio di vendetta, ecco che lo scenario si complica ulteriormente, introducendo nuovi elementi di tensione e di dolorosa consapevolezza. Queste componenti non vengono però assorbite da Danna in una chiave lirica o patetica ma, adeguatamente alla costruzione della suspense che innerva il film, restituite in direzione di un’angoscia labirintica, oscura, indecifrabile, facendo appello a un linguaggio musicale moderno, atonale, vagamente ostile, con rari squarci di abbandono melodico, e comunque anche questi compatibili con una scrittura che sembra rifarsi ai moduli antiromantici della scuola di Vienna.
La desolata melodia del violoncello che, raddoppiata dal pianoforte e dal flauto (si noti l’organico ristretto, quasi cameristico dell’intero score), apre “Zev meets Max” ne è un tipico esempio, nonché una coerente introduzione allo sviluppo successivo, con lo staccato insistito degli archi a sostenere il freddo dipanarsi di ermetici disegni di piano e fiati; la tecnica d’impiego degli strumenti enfatizza infatti l’aspetto antiemotivo della partitura, come nei gelidi tremoli di “Answer me” che introducono la ripresa del tema iniziale da parte del violino solo (un abisso separa questa pagina, ad esempio, dall’insostenibile pathos del tema williamsiano di Schindler’s List, per restare in argomento) sull’accompagnamento saltellante, quasi grottesco, di legni e pizzicati. Circola non a caso in queste pagine anche una sorta di humour nero che a tratti assume sembianze quasi stravinskyane (“Mr. Guttman”), o si aggrava di minacciosi brontolii dei bassi (“Sometimes I forget”) o ancora si appella a misteriosi effetti elettronici (“Ruth, I can’t see/Riding in study”), che in “Stand by the window” rasenta atmosfere palesemente horror. Vitrei interventi degli archi e dei fiati preludiano in “It was not him” a un nuovo intervento del violino e poi del cello soli fondato su un frammento di melodia ebraica sul quale s’innesta successivamente un ricco contrappunto che va a concludersi in solitarie scalette di flauto e clarinetto sul tremolo dei bassi; questa raffinatissima scrittura strumentale non è, in realtà, mai puro sfoggio di esibizionismo da parte del compositore canadese ma corrisponde a precise istanze psicologiche e narrative, perché tende a suddividere e sottolineare le varie “voci” attribuendo a ciascuna vibrazioni e significati continuamente mutevoli e imprevedibili, creando così una tensione ricorrente e straniante. A tale scopo Danna può, di volta in volta, radicalizzare il linguaggio come in “Passport/Visit to Canada”, intessuto sul flautando dei violini appoggiati su un tremolo fisso, impassibile e poi su un ritmo più sostenuto e beffardo, o in “Are you Rudy Kurlander?”, dove il tono interrogativo è ben ravvisabile nella sospensione sonora nuovamente affidata al flautando gemente e allucinato degli archi.
Il tema violoncellistico iniziale di Zev (ormai lo abbiamo individuato come tale) ritorna in “Is I who am sorry” per lasciare poi spazio a una illusoria parentesi rasserenante in “Zev’s journey”: ma è lo stesso cello che ritroviamo poi, assai più incupito, in “Plan remembered”, mentre il ritmo di marcia impresso dai bassi a “Awaiting the Kurlander” e scandito da duine iterate del clarinetto, evoca nuovamente quel sentimento oppressivo di attesa e di disagio che permea tutto il film e la partitura. Ancora l’elettronica, radicalmente confinata a puro rumore, domina “Haus” mentre tutto il lato oscuro di questa tragedia della memoria emerge nell’episodio forse centrale del film, corrispondente a “The collection”, “I made a mistake” e “Aftermath/The phone call remember” (permetteteci un consiglio: evitate di leggere recensioni o “spoiler” vari sul film, per non comprometterne la formidabile costruzione a sorpresa); il primo è costruito su un lunghissimo, cupo tremolo dei celli e bassi e poi di tutti gli archi sul quale galleggiano note smarrite del pianoforte e dissonanti accordi dei legni; sul secondo ancora lenti, sussurrati accordi morti dei legni si sommano alla presenza spettrale, immota degli archi, nel cui tremolo finale interviene anche il rintocco tombale della percussione; infine nel terzo brano, su un silenzio iniziale gravido di minaccia si alzano i suoni scheletrici dei legni e gli interventi disturbanti dei violini chiusi da un sussurro elettronico, laddove la seconda parte si muove invece su una ripresa del tema di Zev, sempre con violino e cello all’unisono, poi raggiunti dal flauto, ma su un disegno e uno svolgimento molto più vivace da parte degli altri archi.

Coerente con l’andamento anche cronologico dello score, “Wagner interlude” è un frammento di musica interna anch’esso molto importante nello svolgimento narrativo, e rappresenta una breve versione pianistica del cosiddetto “tema del Sonno Magico o dell’Oblio” dalla “Valchiria” (un riferimento tutt’altro che casuale in un film che evoca drammaticamente il tema della memoria, centrale in tutto il cinema di Egoyan), ma il seguente “Difficult things you can’t forget” con le sue acute dissonanze ci riporta a un clima di forte preoccupazione; il violoncello si ripresenta, sempre gravido di controllata mestizia, e si ferma poi dinanzi ad una più agitata parentesi per archi, clarinetto e piano, somigliante quasi a un movimento di sonata novecentesca.

Un pesante, lento ritmo di marcia si fa faticosamente strada in “Nearing the cottage” mentre la tensione tocca l’apice in “Your voice I have not forgotten”, costituito da una serie di note ribattute dei legni sul tremolo degli archi, ulteriore conferma dell’economia di mezzi espressivi con cui Danna riesce qui a raggiungere il massimo di comunicazione, applicando oltretutto sistematicamente una sorta di tecnica del “non finito”, che fa dei vari brani quasi dei frammenti interrotti, segmenti di un puzzle da ricostruire con difficoltà e non senza profonda pena. In questo senso, il lungo e conclusivo “Tell them who you are” somiglia a una specie di resa dei conti finale in cui si confrontano un po’ tutte le componenti dello score: la vena astratta, quasi tragicomica degli archi iniziali, mossi da un ritmo compulsivo, le fasce elettroniche “sporche”, aliene, l’intervento informale del pianoforte e infine il ritorno dei due archi solisti, violino e cello, a riproporci il congedo del tema conduttore, qui dilatato e sfibrato nella sua luttuosa predestinazione: per finire poi con una coda in ¾ per pianoforte, archi e flauto dove sembra di cogliere una parvenza di ritrovata pacificazione.

Una partitura, questa, che come poche altre sa farsi nello stesso tempo specchio interiore di anime tormentate e sofisticato esercizio linguistico: un’oasi di intelligenza e sensibilità nella routine spesso rozza e inutilmente rumorosa di tanta produzione corrente.


La copertina del CDTitolo: Remember (Id.)

Compositore: Mychael Danna

Etichetta: Varese Sarabande, 2015

Numero dei brani: 24

Durata: 60′ 51”


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