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Soundtrack: "Sherlock Holmes" di Hans Zimmer

29 marzo 2010 Soundtrack 0 Commenti
Sherlock Holmes

Giuliano Tomassacci, in collaborazione con Colonne Sonore* * *

La rivisitazione del personaggio Arthur Conan Doyle che ne ha fatto Guy Ritchie si è potuta avvalere di un cast di buon livello e del lavoro di uno dei compositori più attivi di Hollywood, Hans Zimmer, che si è ispirato a numerose fonti musicali per realizzare questa colonna sonora…


C’è Zimmer e Zimmer. E quello ascoltato in Sherlock Holmes non ci pare possa essere annoverato tra i peggiori. Almeno non nel rango dello Zimmer tipicamente stolido e sterile d’ispirazione fin troppe volte sfilato tra le distratte quinte musicali dell’action muscoloso di marca hollywoodiana, del cinema high-concept di Bruckheimer e delle pretenziose, nonché spesso vuote e inconcludenti, partiture filler consegnate ad alcuni cineasti d’impegno tutt’altro che spettacolare (dentro e fuori i confini nordamericani). Resta, non a caso, in questa scorsa dell’ampio bacino d’utenza servito alacremente dal compositore teutonicoda più di un decennio, il genere leggero, che si voglia parlare di commedia sentimentale, screwball o variazione sul tema in salsa comico-umoristica. E sebbene la rivisitazione di Guy Ritchie operata sul personaggio più celebre di Arthur Conan Doyle non rientri completamente in quest’ultimo contesto d’intrattenimento, certo lo spirito infuso dal regista inglese e i molti elementi stravaganti del testo (a iniziare dalla svagata performance di Robert Downey Jr nel ruolo eponimo) hanno sortito sull’autore il medesimo effetto, stimolandolo nella composizione di una partitura in bilico tra irriverenza, contaminazione e pastiche. Puntualmente Zimmer ha riabbracciato quella genuina capacità di soddisfare senza strafare, prediligendo la piccola forma, la misura narrativa e il contenimento di scrittura finanche inteso al dosaggio strumentale – miracolosamente in questi frangenti digiuno della rigonfia veemenza d’elezione e persino capace di sobrietà.

La chiave di lettura su cui il compositore sembra nuovamente aver preso le mosse è quella della stilizzazione. Un tema, magari due; una forte caratterizzazione orchestrale; la preferenza per la caricatura connotativa e un gusto per la corrispondenza larga con le immagini. Ecco dunque un motivo portante gustosamente profumato di canzonatura baltica, animato da un cimbalom honky-tonk e un piano stonato iconicamente debitore del Morricone d’annata (una preferenza nota del compositore tedesco) tempestato di sincopi burlesque. Poi una dinamica di sviluppo basilare, con aperture suspense principalmente sostenute dai ben noti pedali per archi e persino una digressione fedele fin nel midollo a Goran Bregovic, accompagnata da accenti Klezmer. Descrizioni felicemente ripartite tra le imitazioni e l’accumulo delle sezioni sostanziano infine un lavoro di efficace controparte musicale, non lontano dai pregressi esiti raggiunti dall’autore (almeno sul profilo concettuale) per i registi James L. Brooks e Nancy Meyers.

La semplicità d’approccio e il basso profilo giocano quindi empaticamente con la regia dinoccolata di Ritchie. Ma il rovescio della medaglia non premia completamente lo score. La fisiologica esilità del comporre zimmeriano – il più delle volte evidente nell’incapacità di strutturare in profondità lo spartito – delinea un velo sonoro facilmente fendile e fallibile, soprattutto quando all’esposizione di un’indovinata idea musicale Zimmer non riesce a far seguire uno sviluppo significativamente appagante. Sensazioni d’incompiutezza e volatilità possono allora minare l’indubbio sforzo del musicista, così come il modulo stilizzante non sembra mai fregiarsi della oculatissima distribuzione necessaria all’interno del racconto, tantomeno della forma chiusa capace d’innescare l’effetto sarcastico e della detonazione comica assicurata da un procedimento che sfrutti l’accoppiamento alle immagini del cliché più ottuso per arrivare a lavorare caricaturalmente contro le immagini (per un esempio contemporaneo, si veda il sublime score del grande vecchio Marvin Hamlisch per The Informant). Difetti che minano la resa complessiva del lavoro ma che non lo squalificano – particolarmente in termini di funzionalità – perché evidenti soprattutto in una secondaria sede di ascolto disgiunto dalle immagini o comunque a valle di una disanima approfondita che spesso, in altre occasioni zimmeriane, è già preclusa dall’esito scoraggiante della fruizione schermica.


La copertina del CD di Sherlock HolmesTitolo: Sherlock Holmes (Id.)

Compositore: Hans Zimmer

Etichetta: Sony Classical, 2009

Numero dei brani: 12

Durata: 52′ 35”


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