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Elephant Man di David Lynch

20 ottobre 2003 Recensioni 14 Commenti
Elephant Man

CIDIF Martino, 12 Marzo 1981 – Poetico

John Merrick è vittima di una rarissima malattia che ne ha deformato il corpo fino a farne un fenomeno da baraccone. Il dottor Treves decide di prenderlo sotto la sua ala protettrice per studiarlo e aiutarlo. Con il suo aiuto, l’uomo elefante impara a parlare e ottiene una cosa che mai aveva avuto prima: la dignità umana…


John Hurt in Elephant Man«Non sono un animale… Sono un essere umano!» grida John Merrick al mondo che lo disprezza nel film più toccante e riuscito della carriera di David Lynch. Prodotto da Mel Brooks, il film è basato sugli studi del vero dottor Treves sul vero Joseph Carey Merrick. Ma Lynch e i suoi due cosceneggiatori – Christopher De Vore ed Eric Bergren – si prendono molte libertà in modo da poter aumentare l’impatto emotivo di una storia già di per sé emozionante.

Il vero Joseph Carey Merrick, l'Elephant ManJohn Hurt offre una prestazione magnifica nel ruolo del protagonista, particolarmente difficile da interpretare vista la maschera che ne deturpa il volto e l’uso che deve fare della propria voce. Al suo fianco troviamo un efficacissimo Anthony Hopkins nel ruolo del dottor Treves ma anche una Anne Bancroft molto meno convincente nel ruolo dell’attrice che diventa amica di Merrick.

L’allora trentaquattrenne Lynch realizza un’opera seconda di grande poesia, capace di incantare gli spettatori e portarli alle lacrime grazie a una regia controllata anche se non priva di tocchi personali e a una messa in scena dell’Inghilterra Vittoriana di grande effetto. È difficile prevedere in quale direzione Elephant Man vuole portarci man mano che la pellicola scorre, e nonostante qualche eccesso di sentimentalismo sia comunque ben presente non si può negare la capacità di David Lynch nel trattare un materiale che avrebbe potuto dar vita a ben altre stucchevoli esperienze filmiche.


La locandina di Elephant ManTitolo: Elephant Man (The Elephant Man)
Regia: David Lynch
Sceneggiatura: Christopher De Vore, Eric Bergen, David Lynch
Fotografia: Freddie Francis
Interpreti: John Hurt, Anthony Hopkins, Anne Bancroft, John Gielgud, Wendy Hiller, Freddie Jones, Michael Elphick, Hannah Gordon, Helen Ryan, John Standing, Dexter Fletcher, Lesley Dunlop, Phoebe Nicholls, Pat Gorman, Patsy Smart
Nazionalità: Regno Unito – USA, 1980
Durata: 2h. 04′


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Attualmente ci sono 14 commenti a questo articolo:

  1. Riccardo ( ex Mickey Rourke ) ha detto:

    Forse uno dei film più commoventi degli anni 80 insieme a C’ERA UNA VOLTA IN AMERICA.
    Quando ho letto che era un film biografico ci sono rimasto di colpo, non credevo che un uomo colpito da una malattia potesse raggiungere uno stadio di tale deformazione fisica.
    Il film, è tratto da una storia vera però, commuove in una maniera quasi allucinante, soprattutto alla fine quando John Merrick decide di morire.
    Magistrale l’interpretazione di John Hurt come quella di Anthony Hopkins.
    Ma perché è vietato ai minori di 14 anni?

  2. Edoardo ha detto:

    Magari non è una cattiveria,ma quelle deformazioni potevano risultare molto disturbanti agli occhi di un bambino. FILM BELLISSIMO,COMUNQUE.

  3. Alberto Cassani ha detto:

    Assolutamente: un film totalmente inadatto ai bambini; non è solo questione delle deformazioni fisiche, ma di tutta la storia e di diversi risvolti complessi e pesanti.

  4. Marco ha detto:

    D’accordo con Alberto, un bellissimo film totalmente toccante e pieno di umanità (e di inumanità).
    Ottimo Hurt (il cui doppiaggio italiano non sfigura) e un Hopkins forse un attimo più acerbo.
    Sceneggiatura di gran classe e stupendamente romanzata e una regia veramente magistrale (con alcune sequenze oniriche all’inizio veramente d’effetto).
    Ottime le musiche di John Morris che insieme con l’ottima scelta stilistica della fotografia in bianco e nero riempie il film di una “colorata” malinconia. Scena finale superba.
    Ho trovato alcuni riferimenti, soprattutto per il B/N, con il cult del ’39 “Freaks” di Browning, anche te Albe?

  5. Alberto Cassani ha detto:

    Se vogliamo forzare un po’ le cose, qualcosa in comune con il film di Browning ce lo può avere parlando comunque del diverso eccetera eccetera, ma io riferimenti diretti non mi sembra di averne visti.

  6. Riccardo ha detto:

    Albe, parlando di John Hurt mi sono ricordato di aver visto il 6 gennaio il signore degli anelli in versione animata, dove mi pare, in inglese da la voce ad Aragorn. se lo hai visto che ne pensi. io l’ho trovato molto cupo e suggestivo ma anche mediocre, il film di jackson è veramente un’altro pianeta.

  7. Alberto Cassani ha detto:

    A me è piaciuto tantissimo. Non c’è confronto con quello di Jackson, ma a favore di Bakshi! Ha un ritmo e una coesione che Jackson non è riuscito a dare al suo film (parlando solo del primo), ha lavorato sul testo originale molto meglio ed è costato un millesimo di quanto ha speso Jackson per fare le sue noiosissime tre ore. Quello visivo è l’unico aspetto a favore del neozelandese, ma sono anche passati 25 anni e comunque Bakshi non ha mai cercato la spettacolarità, nei suoi cartoni, preferendo concentrarsi sul racconto e le situazioni.

  8. Riccardo ha detto:

    Quindi secondo te il cartone supera il film kolossal?

  9. Alberto Cassani ha detto:

    Secondo me il primo film della trilogia di Jackson è proprio brutto. Ha un respiro epico davvero notevole, e ovviamente una perizia tecnica straordinaria, ma solo questo.

  10. Riccardo ha detto:

    In effetti il primo è abbastanza inferiore rispetto agli altri due. anzi, il film è perfetto fino a quando muore gandalf, poi il film si fa un po’ più pesante.
    di gran lunga migliore le due torri, mentre il ritorno li supera tutti.
    Comunque nel primo, Jackson ha saputo destreggiarsi molto bene con le atmosfere cupe e gli effetti speciali, da segnalare la bellissima scena in cui i Nazgul pugnalano frodo, per me è un capolavoro di regia, ma non è l’unico momento bello, anche il duello fra gandalf e il balrog o il primo scontro con saruman, o ancora, la creazione degli uruk hai. certo, la compagnia è il peggiore dei tre, ma Jackson ne ha firmate di scene indimenticabili come quelle che ho citato.

  11. Riccardo ha detto:

    Inoltre se non ricordo male, la tecnica utilizzata nel cartone di Bakshi è abbastanza simile a quella che ha usato Richard Linklater in A Scanner Darly ( fatto su Iris qualche giorno fa e trovato uno stupendo film )

  12. Alberto Cassani ha detto:

    Ma io gli faccio una colpa soprattutto di non essere riuscito a rendere pienamente comprensibili alcuni passaggi a chi non aveva letto il romanzo e non aver voluto dare una conclusione vera al film. Bastava chiuderlo due-tre scene prima e sarebbe stato in piedi da solo, invece ha voluto fare quasi un “to be continued”. Bakshi in questo ha lavorato molto meglio, anche perché il secondo film dipendeva dagli incassi del primo (e infatti non c’è mai stato) e quindi aveva la necessità di fare una pellicola realmente finita.

  13. Alberto Cassani ha detto:

    Sì: il il rotoscopio, solo che Bakshi disegnava a mano e gli animatori di Liklater hanno usato il computer. Bakshi ha usato quasi sempre questa il rotoscopio, nei suoi cartoni. Notevolissimo “American Pop”, un po’ meno il più famoso “Fritz il gatto”. “Fire and Ice” l’ho stroncato qui http://www.cinefile.biz/?p=1536.

  14. Plissken ha detto:

    Sicuramente questo film è all’altezza della fama di Lynch, regista che personalmente stimo molto e che seguo sempre con interesse.

    La vicenda umana è davvero penosa, un uomo inteso bestia da uomini, che in fin dei conti sono le bestie vere.

    Un grande film senz’altro anche secondo me, ma ad onor del vero gli imputo un peccato manifesto quanto “banale”, il ricorso appunto all'”eccesso di sentimentalismo”, che in talune circostanze sconfina davvero troppo nel melenso, e forse nel manicheo, in un bianco e nero senza sfumature di grigio.

    Mi chiedo: possibile che il regista non se ne sia accorto? Lo ha forse fatto di proposito? O forse la mia chiave di lettura è errata?

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