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"Le ali della libertà" di Frank Darabont

3 aprile 2007 Recensioni 18 Commenti
Le ali della liberta

Cecchi Gori, 1995 – Innalzante WOW

Maine, 1946. Accusato di avere ucciso la moglie e il suo amante, Andy Dufresne viene condannato a due ergastoli e rinchiuso nella prigione di Shawshank ma affronta con coraggio e convinzione avversità e soprusi, spalleggiato dall’amico “Red”, che lo accompagnerà in questo suo lungo percorso di redenzione…


Bob Gunton in Le ali della libertaPrima che Frank Darabont portasse Il Miglio Verde ad un passo dall’Oscar in diverse categorie, colpendo dritto al cuore milioni di spettatori in tutto il mondo con questo suo film, un altro dramma ad ambientazione carceraria sceneggiato e diretto dallo stesso cineasta nativo della Francia aveva raccolto, un po’ a sorpresa, consensi quasi unanimi non solo da parte del pubblico, ma anche di gran parte della critica. Scarsamente considerato al momento di designare le candidature per i Golden Globe nel 1995 (che come si sa, sono una sorta di preludio agli Oscar), Le ali della libertà collezionò invece ben sette nomination agli Academy Awards e, pur non aggiudicandosi nessuna statuetta, conquistò di prepotenza una posizione di assoluto rilievo nel panorama cinematografico contemporaneo, affermandosi meritevolmente nel tempo come un sorta di modello “classico” nel suo genere.

Morgan Freeman e Tim Robbins in Le ali della libertaTratto da una short story di Stephen King, Le ali della libertà è il tipico prodotto che acquista enorme slancio dalla bontà dello script che ne è alla base, ancor prima che dalla confezione tecnica, confermando ancora una volta come le grandi opere cinematografiche nascano prioritariamente in fase di scrittura. Darabont è stato ben abile nello sfruttare con astuzia il materiale letterario d’origine, stendendo a partire da esso una sceneggiatura equilibrata, avvincente e priva di flessioni, e utilizzando poi efficacemente la voce fuori campo di Morgan Freeman per accompagnare la narrazione senza mai appesantirla.
Clancy Brown in Le ali della libertaA livello registico, Darabont si muove con discrezione, mettendo da parte l’enfasi e dosando i toni. Il suo stile asciutto e concreto, il suo sguardo vagamente distaccato rispetto alla vicenda narrata, ricordano molto il Clint Eastwood odierno, e un po’ come avrebbe fatto il regista di Million Dollar Baby egli evita accuratamente che il film arrivi ad alzare troppo la voce, lasciando che siano soprattutto i personaggi, attraverso i loro gesti e i loro volti compassati, a veicolare la componente emozionale della pellicola. Tim Robbins e Morgan Freeman, d’altronde, possiedono le caratteristiche giuste per favorire simili propositi, e qui adempiono al loro compito facendo propria la parte con grande mestiere. Ma oltre a loro anche Bob Gunton, nel ruolo del direttore del carcere, offre una prova d’attore eccellente.

Tim Robbins in Le ali della libertaIntorno a Le ali della libertà ruota un’opinione piuttosto diffusa, per lo più proveniente dal mondo della critica cinematografica, secondo cui sarebbe stato preferibile conferire a questa pellicola un finale più affilato e meno liberatorio. A nostro parere, invece, è stato giusto – indipendentemente dai motivi che hanno portato gli autori a disegnare un simile ending – riservare all’epilogo sviluppi e toni maggiormente innalzanti, quasi catartici, liberandolo dall’oppressione drammaturgica che aveva contraddistinto l’evolversi dell’intera vicenda. Perché alla luce di quanto visto nelle due ore che precedono l’atto finale di questo ottimo quanto atipico dramma carcerario, una risoluzione che avesse in qualche modo piegato i personaggi sino ad una resa insanabile, sottraendo loro definitivamente quella speranza tanto discussa dopo che questi l’avevano più volte riabbracciata e di nuovo smarrita nel corso di una detenzione infinita, dolorosa e alquanto deumanizzante (oltretutto gratuita, per qualcuno), non avrebbe probabilmente portato The Shawshank Redemption a divenire il film compiuto e bilanciato che è ora. L’avrebbe reso senz’altro più cinico e meno “consolatorio”, ma non necessariamente migliore, perché quello che Darabont ci ha consegnato, bisogna convenirne, è un mezzo capolavoro.


La locandina statunitense di Le ali della libertaTitolo: Le ali della libertà (The Shawshank Redemption)
Regia: Frank Darabont
Sceneggiatura: Frank Darabont
Fotografia: Roger Deakins
Interpreti: Tim Robbins, Morgan Freeman, Bob Gunton, William Sadler, Clancy Brown, Gil Bellows, Mark Rolston, James Whitmore, Jeffrey DeMunn, Larry Brandenburg, Neil Giuntoli, Brian Libby, David Proval, Joseph Ragno, Jude Ciccolella
Nazionalità: USA, 1994
Durata: 2h. 22′


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Attualmente ci sono 18 commenti a questo articolo:

  1. questo film e straordinario cosi come fuga di mezzanotte

  2. Sebastiano ha detto:

    Si’, e come si legge nella recensione, sembra anche a me che il film stia resistendo agli anni che passano, acquistando valore.
    Raccomando la lettura di Stagioni diverse, il libro di King, dove trovate anche “Il corpo”, passato al cinema come Stand by Me – Ricordo di un’estate.

  3. Alberto Cassani ha detto:

    Quello è un gran libro. A parte “Il metodo di respirazione”, gli altri tre racconti sono molto belli.

  4. Fabrizio ha detto:

    “Le ali della libertà” è un bell’esempio di come una sceneggiatura ottima venga anche servita nel miglior modo dalla regia, portanto il tutto a risultati eccelsi. Un altro esempio calzante in tal senso che mi viene in mente è “I Soliti Sospetti”. Ma è ovvio che ve ne siano tantissimi altri.

    Spesso ci sono film ben scritti in cui però la regia compie scelte di gestione inadatte a livello globale. La cosa interessante, però, è che se la sceneggiatura è davvero buona, quasi mai il film precipita.

  5. Alberto Cassani ha detto:

    Uhm… secondo me se dai una bella sceneggiatura in mano ad un regista incapace ben che vada tiri fuori un film decente ma non bello. Se poi gli attori non sanno recitare è finita… Però questo è un esempio, come dici, di ottima riuscita sia dal punto di vista della sceneggiatura – che rispetta il materiale d’origine pur modificandolo correttamente secondo le necessità di un film – che della regia. Peccato che le opere successive di Darabont non siano riuscite ad essere su questo stesso livello.

  6. Fabrizio ha detto:

    Sì, beh, infatti ho scritto che se la sceneggiatura è di livello il film quasi mai precipita, cioè quasi mai vien fuori una schifezza. Certo, poi esistono eccezioni.

    Quanto a Darbont, beh, direi che con “Il Miglio Verde” si è confermato più o meno sui livelli di questo film, anche se non li raggiunge completamente. Però parliamo ancora di un gran film, e certo bissare “Le ali della libertà” (peraltro con un nuovo film ad ambientazione carceraria) non sarebbe stato facile per chiunque. In ogni caso la distanza qualitativa fra i due film è abbastanza relativa, in fondo.

    Certo, con “The Majestic” e “The Mist”, invece, si scende di livello.

  7. consiglio sul genere carcerario anche fuga da alcatraz con clint eastwood,davvero un bel film.
    ora sarei interessato di vedere papillon con dustin hoffman e steve mc queen,sempre sul genere carcerario.
    com’è?

  8. Alberto Cassani ha detto:

    E’ molto bello anche “Papillon”. Tra l’altro ho visto giusto l’altroieri “Il profeta”, che esce il 26, ed è davvero eccezionale.

  9. GIUSEPPE CASCHETTO ha detto:

    MA BIRDY LE ALI DELLA LIBERTÀ DI ALAN PARKER COM’È?

  10. Sebastiano ha detto:

    Per quello che ricordo io, niente male.

  11. Alberto Cassani ha detto:

    “Birdy” è recensito qui: http://www.cinefile.biz/?p=657. Giuseppe, dai un’occhiata agli elenchi prima di chiedere.

  12. Guido ha detto:

    Scusate, che diamine vuol dire “un mezzo capolavoro” ????
    Per me è un capolavoro punto e basta! 🙂

  13. Edoardo ha detto:

    Oggi ho visto “The majestic”, e m’è piaciuto assai.
    Come dice Fabrizio con quel film si è sceso di livello rispetto alle prime due opere di Darabont, ma è comunque da vedere, a mio modesto avviso. Con un ottimo Jim Carrey.

  14. Marco ha detto:

    Finalmente sono riuscito a vedere ieri sera questo film, a detta di tutti un capolavoro.
    E debbo dire che è veramente un ottimo film, dove, come scritto in recensione (la quale mi trova d’accordissimo), è un esempio di come sceneggiatura e regia oltre ad essere eccezionali, convivono perfettamente.
    Colpi di scene finali intelligenti e ben calibrati (d’accordo anche sul fatto che facendolo finire in modo crudo non sarebbe stato lo stesso).
    Riuscita del film anche al valevole montaggio e fotografia mai sbagliata.
    Attori tutti bravissimi.
    Sicuramente alla serata degli Oscar qualcosa sarebbe andato se non ci fosse stato un “filmetto” di nome “Forrest Gump” 😉

  15. Paolo ha detto:

    A quella serata degli Oscar c’era anche un certo Pulp Fiction, trio di poco conto insomma… : ) e per i miei gusti vinse anche il meno bello dei tre

  16. Alberto Cassani ha detto:

    Sì, “Forrest Gump” è chiaramente inferiore agli altri due, però è comunque comprensibile il premio.

  17. Bovinelli ha detto:

    Certo che quelll’anno con Forrest Gump, Pulp Fiction e “le ali della libertà” fu una lista di candidati non indifferente, però a distanza di anni questo rimane il mio film preferito ed ogni occasione è buona per rivederlo.
    Inoltre detiene ancora il primo posto su IMDB. Insomma un c…zo di signor film.. scusate la punteggiatura.

  18. Alberto Cassani ha detto:

    Vero. Però ho l’impressione che cominci a essere un po’ dimenticato, da quelli che non lo videro dieci anni fa.

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