Soundtrack: "I due volti di Gennaio" di Alberto Iglesias
Massimo Privitera, in collaborazione con Colonne Sonore – * * *
Fidato collaboratore di Pedro Almodovar, Alberto Iglesias realizza per questo thriller tratto da un romanzo di Patricia Highsmith e diretto dallo sceneggiatore Hossein Amini una partitura soave e al tempo stesso oscura, di chiara matrice hermanniana e capace di brani da applausi…
Il fido collaboratore di Pedro Almòdovar, il compositore spagnolo Alberto Iglesias, è stato chiamato a scrivere la partitura del giallo I due volti di Gennaio, prima regia dello sceneggiatore Hossein Amini (ha scritto per il cinema Le ali dell’amore, Le quattro piume, Drive e Biancaneve e il cacciatore). E scelta non fu mai così azzeccata visto che Iglesias, grazie al cinema dell’amico Pedro, è abituato a musicare atmosfere torbide, sensuali, tensive e sanguinarie. Difatti I due volti di Gennaio, tratto dall’omonimo romanzo di Patricia Highsmith, è un thriller cupo con un triangolo amoroso pericoloso e ambiguo nella Grecia del 1962, con omicidio annesso e connesso che scatena una sequela di fatti che cambieranno per sempre le vite dei tre protagonisti principali.
Già dal brano iniziale, “Main Titles”, si intuisce su quale binario atmosferico sonoro ci condurrà il compositore spagnolo, che attualmente è al lavoro sul kolossal storico biblico di Ridley Scott Exodus: Gods and Kings: un piano delicato che ribatte note ostinate ondivaghe viene accompagnato da archi ariosi e fiati saettanti, e in tutto questo andirivieni onirico e soave, un tema dolcemente rassicurante, quasi bachiano nella forma, si fa largo a gran forza, anche se tutta questa apparente soavità cela trame oscure. Un Leitmotiv che starebbe alla perfezione in un film del regista madrileno Almodòvar (per cui Iglesias ha curato, tra gli altri, Tutto su mia madre, Parla con lei, Gli amanti passeggeri). Un secondo tema, di matrice soft jazz, inquadra il ruolo di Colette (una splendida e seducente Kirsten Dunst), con un finale inquieto e traditore.
L’ostinato minimale alla Bernard Herrmann di Psyco e Intrigo internazionale, già ascoltato nei titoli di testa, si riaffaccia in “The Bus” per cedere il passo a un inquietante incontro tra archi sospesi, percussioni tribali e una chitarra classica, nonché ottoni con note lunghe tensive. Qui il tanto ammirato da Iglesias Herrmann viene omaggiato in tutta la sua essenza sonora da compositore rinomato per il noir. “Rydal” tratteggia la guida turistica con un tema ondeggiante e perturbante. “Mr. McFarland” incupisce con i suoi bassi da incubo alla luce del giorno, i fiati, gli ottoni e gli archi giocati tutti sulle note più profonde, angoscianti, in cui la tensione si taglia con un coltello: un pezzo mistery dall’incedere lento fino a metà per poi dare spazio a un crescendo degli archi tormentante (in queste tipologie di pagine Iglesias è un Maestro). “Leaving the Hotel” pigia sul pedale dell’ignoto, del dramma dietro l’angolo, con archi tesi fino all’inverosimile. “Chester & Colette” per arpa sola e archi sottesi, parla in punta di fioretto dell’amore scabroso e tenebroso del marito e della moglie. “Jealousy” sospira fin dalle prime note, respira d’amore e gelosia.
“Looking for a Wife” puntando sempre sul pedale del mistero più oscuro e lascivo, gioca con effetti sintetici disperati, l’arpa dal suono mediterraneo, greco per eccellenza, fino a esplodere in una rincorsa di archi a perdifiato. In “To Crete” si ascolta una chitarra solitaria, desolante, su tappeto d’archi tensivi e a un tratto fintamente rassicuranti. “Father & Son” dall’incedere degli archi trattenuto delinea le trame fosche della vicenda gialla: un altro pezzo in cui convivono alla perfezione le atmosfere almodovariane e herrmanniane nell’imprescindibile connubio immagine e musica. “The Beach” quieta l’ansia emotiva e fisica della storia con un tema dal sapore antico e mediterraneo. “Knosos” è pura astrazione sonora per arpa, fiati e archi. “Newspapers” incomincia con una chitarra acustica minacciosa su tappeto d’archi, fiati ed effetti sintetici ansiosi in divenire. “Airport I” corre sul filo del rasoio, una rasoiata di archi incombenti, e la tensione che ha pervaso fino ad ora tutta la colonna sonora in esame si fa ancora più palpabile. “The Boat” si apre nuovamente con la chitarra di cui sopra e gli archi ostili, con un sottobosco percussivo quasi molesto, un flauto e una tromba lontani e minacciosi. “Airport II” è un falso tango misterioso e preoccupante, con il presentarsi del tema greco che scatena gli archi in una corsa al cardiopalma. “Instanbul” dà al piano il compito di aprire un brano quietamente illusorio e agli archi (che la fanno da padrone nell’intera partitura) di rompere l’illusione.
Il lungo (8’44”) “Cafe Sultan” è il penultimo pezzo dello score, una traccia che racchiude in sé tutta la psicologia sonora dei personaggi e degli ambienti in cui essi hanno agito, mostrandone sia il lato oscuro delittuoso che quello amoroso, scabroso («il triangolo no, non l’avevo considerato» come dice una vecchia canzone di Renato Zero…), partendo lentamente fino via via a divenire un rimpiattino del gatto con il topo, sempre più crudele. Il conclusivo “The Two Faces of January” dà libero sfogo al tema portante che fino a questo momento è stato più volte seppellito all’interno dell’aura misteriosa e noir della OST, svelandone l’universo sì giallo ma soprattutto quello di falsa resurrezione da quel male che ha coperto indelebilmente tutto. Un Leitmotiv di matrice herrmanniana, come accennato ampiamente sopra, che si apre, diviene espressione di libertà, di rivalsa, di amore appassionato, anche se chiude con l’ombra del dubbio. Un pezzo da applausi sperticati!
Titolo: I due volti di Gennaio (The Two Faces of January)
Compositore: Alberto Iglesias
Etichetta: Quartet Records, 2014
Numero dei brani: 22
Durata: 63′ 08”
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