Stai leggendo:

Soundtrack: Aquaman di Rupert Gregson-Williams

18 marzo 2019 Soundtrack 2 Commenti
Aquaman

Davide Leo, in collaborazione con Colonne Sonore* * ½

A differenza di quanto fatto per “Wonder Woman”, dove aveva a disposizione l’efficace tema scritto da Zimmer per “Batman v Superman” per il personaggio interpretato da Gal Gadot, in “Aquaman” Rupert Gregson-Williams ha dovuto lavorare ex-novo su una melodia tutta sua…


James Wan alla regia di un cinefumetto. Non nascondiamo l’esaltazione dovuta l’idea che un regista di film horror si prestasse – dopo il Raimi di Spider-Man – al genere; e per un personaggio, poi, che aveva particolarmente bisogno di essere nobilitato, ovvero quell’Aquaman che fin dalla sua prima comparsa nei fumetti (1941) è sempre stato il più bistrattato e schernito fra i supereroi del pantheon DC. C’era forse meno entusiasmo al pensiero di veder tornare a scrivere per un supereroe il compositore Rupert Gregson-Williams, la cui partitura per Wonder Woman di Patty Jenkins ce lo aveva mostrato quale riproduttore della più trita maniera zimmeriana. Ma il caso di Aquaman – come tutti, d’altronde – va considerato a sé.

Innanzitutto, se per l’eroina amazzone il compositore aveva potuto contare sull’efficace tema scritto da Hans Zimmer per il precedente Batman v Superman, dove il personaggio interpretato da Gal Gadot appariva per la prima volta sul grande schermo, qui ha dovuto lavorare ex-novo a una melodia tutta sua, che vediamo comparire in “Arthur” esposta dall’elettronica e poi rinforzata da ottoni e archi. Se il tema non convince a pieno per incisività, dote ormai rara anche nei titoli dei nomi più blasonati, deludente si rivela pure il sound in cui è immerso: nella prevalenza di elettronica si fanno strada risaputi interventi corali, fraseggi di chitarra elettrica e citazioni dal Vangelis di Blade Runner, e il ritmo si accende di movenze disco dance memori del già non entusiasmante Thor: Ragnarok di Mark Mothersbaugh. La stessa palette techno-sinfonica si ritrova in “Kingdom of Atlantis”, la quale però si avvale di una progressione, guidata dagli archi, felicemente ispirata allo Zimmer de L’ultimo Samurai e L’uomo d’acciaio. In “It Wasn’t Meant To Be” torna invece l’epica da sbadigli di Wonder Woman e fanno la loro prima comparsa gli opachi interventi di duduk e pianoforte.

Per le emulazioni più riuscite del Maestro di Francoforte si deve passare a “Atlantean Soldiers” – in cui però il motivo intonato da ottoni ed elettronica sortisce semmai effetti parodici alla Michael Giacchino – e a “What Does That Even Mean”, con la sua costruzione reiterante e le entrate cromatiche della chitarra elettrica. “The Legend Of Atlan” riprende l’idea riuscita di “Kingdom Of Atlantis” e sfodera occasionalmente un senso rétro – di nuovo quasi giacchiniano – del fantasy; di “Swimming Lesson” vale la pena ricordare solo la ripresa del tema principale, che riceve la sua trattazione più trionfale in “Suited And Booted” e “He Commands The Sea”. Le ultime due tracce citate presentano convincente materiale action, fra strepitanti dissonanze e percussioni elettroniche, ma la successiva “Between Land And Sea” si abbandona a stanche reminiscenze da Il Signore degli Anelli; e anche “The Ring Of Fire”, efficace nel portare a compimento il climax di sequenze d’azione sempre più agitate, si fa interessante solo quando vi sopraggiunge la ripresa del materiale di “What Does That Even Mean”.

Se il tema per l’eroe è orecchiabile e riconoscibile, lo stesso non si può dire dei Leitmotiv dei cattivi: entrambi fondati su tre note discendenti nel registro grave – con la principale differenza che il secondo unisce le prime due in un glissando -, si incontrano per la prima volta rispettivamente in “Atlantean Soldiers” e in “The Black Manta”, e sono accomunati dallo stesso anemico sound elettronico. Ancor meno originale è il lieto fine in crescendo di “Reunited”. Motivo di interesse è la canzone di Skylar Grey “Everything I Need” – presente in due versioni (originale e per i titoli di coda) -, nella dimensione in cui la sua melodia viene ripresa in “Between Land And Sea”, conferendo all’album un’inusuale organicità. Ma la vera chicca è “Trench Engaged (from Kingdom of The Thrench)”, funambolico brano horror di Joseph Bishara, sodale di Wan (le serie di Insidious e The Conjuring) e pilastro della paura musicale odierna che qui intreccia implacabilmente gli archi in intervalli di seconda minore e seconda aumentata. Sembra la rivincita di James Wan – ma sarebbe meglio definirla una magra consolazione – verso un sistema produttivo che cerca di eliminare, pellicola dopo pellicola e partitura dopo partitura, qualsiasi esigenza creativa d’autore.


La copertina del CDTitolo: Aquaman (Id.)

Compositore: Rupert Gregson-Williams

Etichetta: WaterTower Music, 2018

Numero dei brani: 20 (17 di commento + 3 canzoni)

Durata: 65′ 09”


Percorsi Tematici

  • Non ci sono percorsi tematici collegati a questo articolo.
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

Attualmente ci sono 2 commenti a questo articolo:

  1. felix ha detto:

    a leggere questa recensione pare si tratti di una collona sonora mal riuscita e invece la bellezza di questo film risiede al 70% proprio nella sua splendida colonna sonora… (30% nel carisma e nella bellezza dei due protagonisti, aquaman e mera) meno male che ad ascoltarla sono persone normali e non superesperti di musica che invece di godersi il risultato finale stanno lì a fare le pulci ad ogni nota (secondo quanto a loro aggrada o meno) e a trovare paragoni di ogni tipo… recensione per esperti insomma, inutile e anche più che inutile per chi pretende solo epicità e brividi secchiate da una colonna sonora e che da questo film, secondo questo punto di vista, non resterà deluso.

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Felix, il fatto è che di colonne sonore epiche se ne trovano a bizzeffe. E se è vero che ci sono persone che vogliono l’epicità a tutti i costi e basta, è vero che anche ci sono persone – e secondo noi sono molte di più – che vogliono sì l’epicità, ma fatta bene. Perché ascoltare una brutta copia di Hans Zimmer invece di uno Zimmer originale d’epoca?

    Questo vale per qualunque ambito: perché leggere un brutto libro horror nuovo invece di un bell’horror più vecchio, se sono appassionato di horror? Perché leggere un fumetto di supereroi noioso invece di un fumetto di supereroi bello, anche se vecchio di qualche anno?

    Il senso di queste recensioni – e di questa nello specifico – è proprio questo: far capire che c’è di meglio, in giro. Anche all’interno del genere specifico.

Scrivi un commento

Devi essere autenticato per inserire un commento.