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Soundtrack: "The Amazing Spider-Man 2" di Hans Zimmer

12 maggio 2014 Soundtrack 2 Commenti

Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore* * ½

La musica composta da Hans Zimmer e i “Magnificent Six” per il secondo Amazing Spider-Man è un patchwork con i fiocchi, ma il cui posto nella memoria futura dei fan non è facile intuire. Ed è lo stesso Zimmer a raccontare candidamente nel libretto allegato come questa partitura è nata…


Adunata all-star, sotto il capiente ombrello zimmeriano, per la seconda puntata delle nuove avventure dell’Uomo Ragno: con l’intento, dichiarato ed evidente, di mescolare la più frenetica e adrenalinica action music con una compilation di presenze e di successi tali da attrarre il pubblico più giovane. Un metodo non nuovo ma consolidato, il cui esito è un prodotto di altissima, sovraccarica pasticceria metal-pop nel quale diventa difficile, e fors’anche un po’ vacuo, distinguere i contributi e orientarsi nell’ascolto. Del resto, è da tempo ormai che Zimmer si fa affiancare nei suoi lavori da esponenti della scena rock più tecnologica, sia nella composizione sia nell’assemblaggio di brani ospiti: fa parte di una scenografia musicale postmoderna familiare al compositore tedesco, e ben nota tanto ai suoi (numerosi) fan quanto ai suoi (altrettanto numerosi) detrattori.

Nel caso in oggetto, la firma del soundtrack è addirittura collettiva: Hans Zimmer & The Magnificent Six. I quali sei sono Pharrell Williams (poliedrico produttore-cantante-impresario-stilista), Johnny Marr (già chitarrista degli Smiths), Michael Einziger (chitarrista della band di alternative rock Incubus), Junkie XL (al secolo l’olandese Tom Holgenborg, autore di soundtrack in proprio come 300 – L’alba di un impero e Divergent), Andrew Kawczynski (già collaboratore di Zimmer in Inception) e Steve Mazzaro (altro compositore di fiducia della factory). Semplificando molto, potremmo dire che questo grandioso e rutilante affresco techno-sinfo-metalrock ha due anime: una squillante e tardowilliamsiana, rinvenibile nella fanfara acuta che apre il lunghissimo, quasi underground “My enemy” (sussurri e grida, scariche e rimbombi, progressioni e corali minacciosi, marcette grottesche per clarinetto) e che – soprattutto in “You’re that Spider-Guy” ricorda non poco alcuni passaggi di Michael Kamen, l’altra esplicita sin dall’attacco di “I’m electro”, autentica scossa primordiale debitrice ad alcune esperienze più avanzate dei gruppi preposti al genere (dai Metallica agli speed/trash Anthrax); continuando a sintetizzare, par di capire che a Zimmer spettino in proprio le parti più sontuose, magniloquenti e orchestrali, avendo delegato ai “Magnificent Six” il lato tecno-metallaro e più in generale il lavoro sull’elettronica e sulle sonorità in vitro che dilagano nella partitura. L’impresa ha dimensioni impressionanti, per durata e dispiego di energie, e tuttavia queste sono destinate a scomparire inghiottite nell’oggetto di committenza, appartenente a quel tipo di cinema “mainstream”, miliardario e pirotecnico, nel quale la musica diviene purtroppo solo uno degli effetti speciali aggiunti.
Vecchia storia, si dirà: eppure proprio la storia dimostra che si può agire in direzione diversa. Le due partiture di Elfman per i primi due Spider-Man di Sam Raimi puntavano tutto sul colore orchestrale, guardando direttamente al modello di Batman e seguiti – per restare in ambito di supereroi – mentre quella di Chris Young per il terzo capitolo si sporgeva temerariamente su fronti d’avanguardia, sacrificando la spettacolarità del suono a climi più cupi e violenti. Per non parlare poi dello sforzo… “titanico” di James Horner nel primo reboot, con uno score tutto proteso sul tematismo e su un sinfonismo classico, compatto e brillante. Ora, anche se il regista Marc Webb si spinge coraggiosamente a definire il sound di questo film come «qualcosa di totalmente diverso da qualsiasi cosa mai sentita prima», il punto è che invece si è colti all’ascolto da un sospetto di serialità molto forte, interrotto qua e là da alcune incursioni telluriche (“So much anger”) e da alcune parentesi liriche (“I’m moving to England”) che ci riconducono a una più originale “classicità”. Non che quest’ultima sia un valore assoluto, beninteso: e tuttavia è proprio Zimmer a chiarire il concetto di base, quando racconta che il gruppo si è riunito prima per comporre i pezzi di appoggio, le canzoni che costituiscono i bonus track del secondo CD, e poi da queste canzoni è stata fatta nascere la vera e propria partitura di commento: «Per questo – confessa candidamente – abbiamo scelto un approccio Rock’N’Roll che ha dato i suoi frutti». Tant’è.

L’impressione di un procedimento di reificazione della colonna sonora, di un suo essere ricondotta a dettaglio di un marketing complessivo volto allo smercio di un “oggetto” a più strati, è acuita dalla confezione della versione deluxe dell’album: copertina metallizzata anche internamente, booklet di 26 pagine con immagini a colori non solo del film ma anche delle sessioni di registrazione, chiaramente considerate un evento epocale e – come dicevamo – una compilation di hit nel secondo CD rivolta direttamente ai fan dei singoli artisti più che a una contestualizzazione della storia. Detto tutto questo e potenzialmente molto altro ancora, sarà opportuno non lasciarsi trascinare nella vexata quaestio “Zimmer sì-Zimmer no”, come se si trattasse di dover prendere e adorare in blocco ogni particella sonora che esce dalla sua factory Remote Control (ormai un core business miliardario), o al contrario schivare e stigmatizzare a priori come ontologicamente repellente qualunque sua creazione. Con questo artista non funziona così, perché nella sua poetica si alternano – spesso dentro un medesimo lavoro, o una medesima pagina – apici sublimi, sonorità eteree e/o fastose, strutture armoniche imponenti ed epiche, con cadute verticali, banalità timbriche, scorciatoie stilistiche persino ingenue. Spider-Man 2 non fa eccezioni, anzi accentua questa dicotomia in modo esemplare. E allora, bisognerà convenire che, poniamo, “We’re best friends” è una pagina meravigliosa nel dispiego cantabile degli archi, nel sostegno pertinente della chitarra, nello schiudersi di un orizzonte sonoro smisurato e solare, o “Special project” un accorto e potente mix di ritmica sussultoria e distensioni spaziali avvolgenti e oceaniche; mentre “Still crazy” o “I need to know” viaggiano su registri molto più ripetitivi e convenzionali, accontentandosi di fare da sfondo semirumoristico alle sequenze più movimentate.
In questa necessaria operazione, forse intellettualmente la più onesta, di separazione del grano dal loglio particolarmente interessanti appaiono due lunghissime suite del secondo CD, “Electro suite” e “Harry’s suite”, perché sembrano riassumere, compulsare ed esaltare proprio questa ambivalenza zimmeriana. La prima è una lunga scorribanda nelle diverse anime e nei diversi ingredienti dello score, che inizia con un effetto maligno di sussurro collettivo, espone nei legni un temino già udito in precedenza (“My enemy”) esplodendo poi in un coro apocalittico e in selvaggi, martellanti riff chitarristici lentamente evaporanti in nubi sonore distanti e voci confuse che parlano come da una vecchia radio. Più intrigante “Harry’s suite”, che inizia con suoni tenuti, strascicati, assoli bachiani degli archi, per dilungarsi poi in lacerti melodici filiformi, desolati e luttuosi, impastati fraseggi di celli e bassi: è una pagina severa, priva di picchi e di enfasi ritmico-percussive, pienamente nelle corde dello Zimmer più concentrato e ispirato.
Seguono, dopo gli scatenamenti metal-pompieristici di “Cold war” e “No place like home”, i bonus relativi alle presenze appositamente qui riunite con brani inediti. Occhio tanto per cominciare ai testi di “It’s on again”, che Alicia Keys propone in duetto con il rapper Kendrick Lamar: «non c’è nessun giorno di riposo per gli eroi… il fato ha parlato… un eroe solitario cercando di combattere le mie battaglie». Poi la vigorosa “Song for Zula” degli indie/rock americani Phosphorescent, la voce soul di Liz con “That’s my man”, Pharrell Williams in persona con la ballad “Here”, “Honest” dei Neighbourhood (a tratti questo CD sembra una dedica al mondo dell0alternative rock made in Usa) e infine due sodalizi zimmeriani con Czarina Russell e il produttore-deejay elettronico Alvin Risk, rispettivamente per “Within the Web (First Day Jam)” ed “Electro Remix”.

Un patchwork coi fiocchi, non c’è che dire. Di cosa e di quanto resterà memoria, ai posteri…


La copertina del CD di The Amazing Spider-Man 2Titolo: The Amazing Spider-Man 2 – Il potere di Electro (The Amazing Spider-Man 2)

Compositore: Hans Zimmer, Aa.Vv.

Etichetta: Columbia/Madison Gate, 2014

Numero dei brani: 20 + 11 (7 canzoni)
Durata: 53′ 23” + 56′ 23”


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Attualmente ci sono 2 commenti a questo articolo:

  1. RIccardo ha detto:

    A dire il vero Webb aveva pensato a Zimmer gia` per il primo film, ma ha ripiegato su Horner poiche` Zimmer era impegnato con Batman

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Questa è la prima volta che la sento, ma comunque dubito che alla Sony abbiano chiesto a Webb di scegliere il musicista. Tra l’altro le riprese del primo “Amazing” sono terminate prima che iniziassero quelle del “Cavaliere oscuro – Il ritorno”, per cui Zimmer avrebbe avuto il tempo di fare entrambe, visto anche che di solito è piuttosto rapido.

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