"Hair" di Milos Forman
United Artists, 1979 – Ottimo
Lasciato per la prima volta l’Oklahoma, Claude Hooper Bukowski sbarca a New York prima di partire per il Vietnam. Appena messo piede a Central Park, però, si imbatte nella donna dei suoi sogni e poi in un gruppo di hippy che lo accolgono come un amico e cercano di convincerlo a non presentarsi alla chiamata alle armi…
«I miei capelli, lunghi come quelli di Gesù. Alleluia, io li adoro! Alleluia… Maria amava suo figlio, perché mia madre non ama me? I capelli… Li voglio sciogliere, ostentare, lasciare crescere finché Dio vorrà. I miei capelli…»
I capelli lunghi sono soltanto uno dei segni della protesta dei giovani statunitensi degli anni Sessanta, quei giovani che bruciavano le cartoline precetto per non andare in Vietnam, che predicavano l’amore libero e la coscienza cosmica, che facevano uso e abuso di ogni tipo di acido e che non ce l’avevano con nessuno. Ma il mondo, la società, ce l’aveva con loro. Anche per colpa di quei capelli lunghi.
Il regista Milos Forman è bravissimo a non lasciarsi prendere la mano dal musical teatrale che è all’origine di questo film, riuscendo anzi a piegare il materiale scritto da Gerome Ragni e James Rado e musicato da Galt MacDermot per realizzare una pellicola a tutti gli effetti cinematografica. Non è un balletto ripreso senza idee, e non è neanche un film di montaggio: Hair è una delle migliori trasposizioni cinematografiche che Broadway abbia mai avuto l’onore di ricevere. Mentre la coreografa Twyla Tharp architetta un paio di belle sequenze (soprattutto all’inizio), Forman riesce per tutto il film a trovare la chiave giusta per raccontare la storia di volta in volta nel modo migliore, senza legarsi troppo alle sequenze di danza e senza preoccuparsi di cercare uno stile personale chiaramente riconoscibile. Forman (e lo sceneggiatore Michael Weller) gioca splendidamente sul filo dell’ironia quando serve e pigia sul pedale della visionarietà in un solo momento, l’allucinazione in cui Claude sogna il proprio matrimonio, per poi tornare ad uno stile più pacato fino al travolgente finale, riuscendo così a dotare il film di ritmo e tridimensionalità senza per questo sminuire le splendide canzoni o i bravi interpreti.
Se quello di John Savage è il primo nome a comparire nella lista degli attori, quella di Treat Williams è certamente la prestazione più efficace. Dotato di buona voce, Williams si dimostra qui un ottimo attore (come di rado gli è capitato nel prosieguo della sua carriera), e non facciamo fatica a simpatizzare con il suo personaggio e capirne il carisma e le capacità. Al contrario, Beverly D’Angelo appare a tratti spaesata e priva della statura scenica richiesta dall’etera Sheila. Attorno a loro, un manipolo di discrete facce sottolineate da grandi voci aiuta a rendere memorabile un film che si può considerare un sunto dell’ideologia di un’intera generazione. Una generazione convinta che «quando la luna entrerà nella settima casa e Giove si allineerà con Marte, sarà la Pace a guidare i pianeti e sarà l’amore a dirigere le stelle. E allora sorgerà l’Era dell’Acquario».
Titolo: Hair (Id.)
Regia: Milos Forman
Sceneggiatura: Michael Weller
Fotografia: Miroslav Ondricek
Interpreti: Treat Williams, John Savage, Beverly D’Angelo, Don Dacus, Annie Golden, Dorsey Wright, Cheryl Barnes, Richard Bright, Nicholas Ray, Charlotte Rae, Miles Chapin, Charles Denny, Fern Tailer, Herman Meckler, Agness Breen
Nazionalità: USA, 1978
Durata: 1h. 45′
[…] Hair significa capelli. “«I miei capelli, lunghi come quelli di Gesù. Alleluia, io li adoro! Alleluia… Maria amava… […]