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"Requiem for a Dream" di Darren Aronofsky

9 settembre 2002 Recensioni 24 Commenti
Requiem for a Dream

Distribuito in home-video – Straordinario WOW

Le storie di quattro persone che sognano una vita migliore. Una vedova che aspira a partecipare a un quiz televisivo. Suo figlio che, con la fidanzata e un amico, cerca di mettersi in affari in proprio. Ma le droghe regolano la vita di tutti e quattro. Nonostante ciò, i tre non abbandonano le speranze…


La pupilla di Jared Leto dilatata dalla droga in una scena di Requiem for a DreamA Coney Island si incrociano le vite di quattro personaggi. Sara è una vedova senza più molto da chiedere alla vita, che un giorno viene invitata ad una trasmissione televisiva, e la sua esistenza ne rimane sconvolta. Harry è suo figlio: un tossico che cerca in tutti i modi di fare soldi per andarsene, e ovviamente l’idea è quella di mettersi a spacciare con l’amico Tyrone e mollare tutto appena possibile. Marion, la ragazza di Harry, cerca di farsi strada come disegnatrice di abiti. Tutti e quattro sognano una vita migliore, ma per colpa delle droghe la vita di tutti e quattro sta velocemente scivolando nel cesso…

Jennifer Connelly in Requiem for a DreamDarren Aronofsky aveva diretto nel 1997 un piccolo film stra-indipendente diventato subito un cult, Π – Il teorema del delirio. Girato con due soldi ma milioni di idee, Π non è stato visto praticamente da nessuno, nel nostro paese, complice anche il look non proprio affascinante. L’hanno però visto i dirigenti della Artisan, che hanno deciso di produrre ad Aronofsky questa riduzione cinematografica del romanzo di Hubert Selby Jr, che il regista ha adattato per lo schermo insieme con lo stesso autore. E l’adattamento è quanto di più cinemagrafico ci possa essere.

Ellen Burstyn in Requiem for a DreamRequiem for a Dream ha permesso ad Ellen Burstyn di ottenere una nomination all’Oscar come attrice non portagonista, ma non è la sua recitazione comunque eccezionale che sorregge il film. Come non lo è la trama in senso stretto, che racconta sì di quanto poco serva per mandare a monte la vita di chiunque, ma che in fondo si potrebbe ridurre ad un viaggio nella mente distorta di chi assume droghe, un viaggio non troppo diverso da quello raccontatoci da Terry Gilliam in Paura e delirio a Las Vegas. Il film si basa soprattutto sulle invenzioni filmiche, sull’uso che Aronofsky fa del mezzo cinematografico per raggiungere l’effetto desiderato.

Marlon Wayans in Requiem for a DreamA partire già dalla prima sequenza – con il diverbio tra la Burstyn e Jared Leto condotto prevalentemente con una porta chiusa a dividere i due personaggi, mostratici in split screen – appare evidente come Aronofsky voglia immergerci in universo iperreale, in cui non siamo semplici spettatori di uno spettacolo cinematografico, bensì entità astratte capaci di entrare e uscire dalle menti dei personaggi, comprendendo così al meglio lo stato di confusione psicofisica in cui vengono a trovarsi mano a mano che le loro dipendenze prendono il sopravvento e loro perdono il controllo delle proprie vite.

Jared Leto in Requiem for a DreamUtilizzando ogni trucchetto elettronico possibile e immaginabile, Aronofsky mette insieme un film disturbante ma di grande effetto. Non c’è un solo elemento filmico che non sia sfruttato in maniera egregia, non c’è un solo momento che non sappia dare la pelle d’oca allo spettatore. Eppure niente appare fine a se stesso, niente sembra messo lì solo per impressionarci, per farci pensare a quando sia bravo – figo – il regista. E’ vero che alcune sequenze paiono un po’ artificiose, ma la pellicola nella sua interezza funziona egregiamente, e proprio per lo stile scelto dal regista.

Ellen Burstyn in Requiem for a DreamArofnosky sfrutta al meglio l’ottimo lavoro dei bravi collaboratori di cui si è circondato. La musica ora sognante ora ossessiva di Clint Mansell, il montaggio frenetico e straniante dell’esperto Jay Rabinowitz e l’utilizzo sistematico del grandangolo per inquadrature strette da parte del direttore della fotografia Matthew Libatique – insieme alla distorsione del sonoro e a sequenze che devono molto al cinema di David Lynch – contribuiscono a dare a tutta la pellicola l’efficacia voluta dal regista, efficacia che il film di Giliam sopra citato non riusciva ad avere. E quando lo schermo si fa nero e i titoli di coda cominciano a scorrere, non possiamo evitare di stringerci nelle spalle e pensare che da ora in poi il mondo reale ci sembrerà molto più inquietante, perché l’abbiamo appena visto con occhi diversi. Gli occhi di un regista pieno di talento.


La locandina statunitense di Requiem for a DreamTitolo: Requiem for a Dream (Id.)
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Hubert Selby Jr, Darren Aranofsky
Fotografia: Matthew Libatique
Interpreti: Ellen Burstyn, Jared Leto, Jennifer Connelly, Marlon Wayans, Keith David, Christopher McDonald, Louise Lasser, Marcia Jean Kurtz, Janet Sarno, Suzanne Shepherd, Joanne Gordon, Charlotte Aronofsky, Mark Margolis, Michael Kaycheck
Nazionalità: USA, 2000
Durata: 1h. 42′


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Attualmente ci sono 24 commenti a questo articolo:

  1. Fauno ha detto:

    Mah…Trovo sia una pellicola proprio difficile…Difficile da guardare (la prima volta mi sono fermato a dieci minuti dall’inizio) e difficile da farsi piacere. Forse non è neanche un film che può piacere o non piacere, piuttosto uno che può destare QUESTA o QUELLA sensazione. Personalmente non amo particolarmente questo tipo di cinema e questo tipo di atmosfere; il continuo impiego di escamotage per portare lo spettatore nella testa dei personaggi, alterata dalla droga, mi risulta fastidioso ma questo è puro gusto.
    Tuttavia, per quanto ne possa sapere, dal punto di vista tecnico, trovo vincente ogni scelta dalle “inquadrature deformate” all’utilizzo degli effetti sulle voci, all’avanzamento rapido, sino all’uso delle camere in primissimo piano…Insomma davvero molto articolato. Forse proprio perché si è poco abituati (se non proprio per nulla) a trovare tutti insieme questi elementi, che il film potrebbe essere digerito a fatica.

    Forse è proprio l’aspetto tecnico la parte vincente di tutta la pellicola in quanto la storia in se non dice proprio nulla; direi “apatica”.

    Una cosa sarei curioso di approfondire…Per tutto il film ho avuto l’impressione che il colore rosso avesse un qualche particolare significato simbolico ma così non si è rivelato…E stato solo un mio abbaglio?

    …Quello che ho continuato a pensare per tutto il tempo è stato:

    “sti cazzo di drogati merdosi”

    Non vuole essere un pregiudizio ma era l’unica cosa che riuscivo a sentire per come mi venivano presentati i personaggi. L’unica cosa che ho provato è stata pietà. Purtroppo come vuoi far intendere tu caro Alberto, “la realtà supera la finzione”…

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Credo che siano proprio quelli che nella recensione ho definito “trucchetti elettronici” ad alienare lo spettatore, sia per quanto riguarda l’apprezzare o meno il film sia proprio nel capire i personaggi. Questo perché, come dici anche tu, lo spettatore non è abituato a questo tipo di spettacolo, ma anche perché la distanza tra la nostra realtà e quella dei personaggi è eccessiva. Questo in effetti impedisce di capirli davvero, perché ciò in cui entriamo non è la loro mente, ma la loro mente distorta. In questo senso è senz’altro più efficace la regia di Cronenberg nel “Pasto nudo”, dove le allucinazioni fanno a tutti gli effetti parte della realtà, non si “limitano” a distorcerla. Però è una scelta registica ben precisa, su cui si basa tutto il film, e se anche perdiamo qualcosa in senso catartico c’è senz’altro molto di guadagnato come efficacia drammatica ed esperienza cinematografica in senso lato.

    Il colore rosso è vero che non ha alcun significato esplicito ma è altrettanto vero che è molto presente nel film, è chiaramente un colore volutamente caricato, ma non so per quale motivo. Non so perché il rosso invece del giallo, né perché abbiano voluto caricare così la presenza di un colore particolare. Può darsi semplicemente che nel romanzo avesse un senso esplicito che nel film hanno deciso di non sottolineare.

  3. Riccardo ha detto:

    Colonna sonora da pelle d’oca, protagonisti talmente convicenti da trascinarci con loro nel loro delirio, una sceneggiatura potente quanto semplice (e neanche tanto originale) la giusta dose di violenza (fisica e verbale) e crudezza, un regista coraggioso che voleva mostrare qualcosa di mai visto prima.

    L’ho visto stamattina aspettandomi il solito film sulla droga e ne sono uscito letteralmente devastato. è un film che ti pugnala allo stomaco fin dall’inizio ma lo fa con un crescendo di violenza che culmina con le scene finali (spaventose e allucinate come neanche nei film horror di serie A).

    Dimostra che con un po’ di creatività si può fare ancora CINEMA. Questo film non è un capolavoro. E’ CINEMA, quello puro e che trasmette qualcosa (senza retorica eccessiva)

  4. Alberto Cassani ha detto:

    Un mio omonimo più importante di me continua a dire che Aronofsky è un regista bluff… Mah…

  5. Riccardo ha detto:

    de gustibus comunque penso però che la scena di un film che mi ha fatto soffrire quasi fisicamente sia stato il finale di questo “Requiem for a dream”…quando a lui va in cancrena in braccio (indicibile il pezzo in cui insiste a bucarsi proprio in quel punto del braccio…) e glielo amputano, mentre lei si ritrova a puttaneggiare pesantemente in un festino…è una spirale discendente terribile in 5 minuti…ho provato un senso di oppressione e disagio che era quasi fisico °_°

    Mi scuso per gli spoiler a manetta…

  6. Plissken ha detto:

    Assieme a “Cristiana F. …” credo sia il film sulla droga più “crudo” che io abbia mai visto, tanto che non mi sentirei di consigliarlo a persone troppo “sensibili”, in quanto è ovviamente più “duro” dell’antesignano citato in virtù della maggiore modernità.

    Anche il film di Gilliam mi è piaciuto molto, ma proprio perché suo per certi versi si discosta un po’ dal “mondo reale”, questo invece direi di no.

    Per quel che mi riguarda la stellina la merita tutta.

    @Cassani: per curiosità, chi sarebbe questo tuo “omonimo più importante di te”? Con Google ho trovato solo un assessore di Ravenna (se ho ben capito)… Il Sig. al quale ti riferisci è anch’egli un critico cinematografico?
    Più che altro perché non vorrei mai leggere qualcosa dell’uno e scambiarla per il lavoro dell’altro…
    Spero di non essere stato indiscreto, ammesso non sia una battuta della quale mi sfugge il senso (come ahimè già accaduto…)

  7. Plissken ha detto:

    Capperi, era riferito ad “Alberto” presumo… Pezzotta, Barbera… e sì che io non mi drogo, mannaggia…

  8. Plissken ha detto:

    Se Aronofsky dovesse un giorno realizzare un sequel del film probabilmente mi prenderebbe nel cast, visto quanto sono già stordito di mio, ha ha ha…

  9. Riccardo ha detto:

    D’accordo solo in parte con quello che dici tu Plissken: secondo me questo è un film da far vedere nelle scuole (almeno superiori come è successo nel mio caso ieri mattina) per vedere a cosa si va incontro usando le droghe.
    Io lo amo Christiane F ma questo è un capolavoro con quel montaggio quasi hip-hop come lo ha definito il regista in un’intervista che rende perfettamente l’idea di come le azioni dei drogati siano ripetitive e meccaniche (compra, spaccia e usa la droga) sono solo robot, marionette comandate dalla dipendenza.

  10. Plissken ha detto:

    Capisco ciò che intendi Riccardo e concordo sul fatto che il film possa avere una valenza didattica di non poco conto. 🙂

    Certo “Cristiana F…” nel confronto risulta meno impattante (oggi), ma non dimentichiamo che è un film del 1981 e che quindi sono passati trent’anni, una vita: eppure secondo me risulta ancor oggi attualissimo e crudo in molti frangenti. Non mi sentirei di relegare la pellicola di Edel ad una seconda scelta rispetto a “Requiem for a dream” anzi considerando l’età lo ritengo tutto sommato più riuscito di quest’ultimo, nonostante l’indubbio valore del lavoro di Aronofsky e la maggiore “modernità” ovviamente riscontrabile.

    Diciamo che oggi come oggi se Requiem for a dream ben si presta ad essere proiettato nelle scuole superiori, il film di Edel potrebbe svolgere analoga funzione nelle scuole medie. 🙂

  11. Alberto Cassani ha detto:

    “Cristiana F” ha il problema di rappresentare un mondo a noi totalmente alieno, dal punto di vista sociale. Soprattutto rispetto alle conoscenze che possono avere i ragazzi delle medie. Quando mi sono trovato io nella possibilità di farlo vedere a una terza media l’ho scartato senza pensarci due volte ritenendo fosse impossibile, nel poco tempo a disposizione, far capire la Germania mostrata nel film. A prescindere che è vietato ai minori di 14 anni e quindi serve l’autorizzazione dei genitori per farlo vedere agli studenti.

  12. Plissken ha detto:

    Beh, è vero che nel film non si possono ravvisare caratteristiche rurali da distorni di Pinerolo, ma trent’anni da allora sono passati e basta fare un giro nelle zone limitrofe di qualunque centro anche italiano per vedere personaggi con gli occhi a mezz’asta od in abiti succinti intenti a rimediare una dose od una marchetta per acquistarla. Per lo stesso motivo inoltre, la maggioranza dei film ambientati negli USA o comunque all’estero che trattano problematiche sociali non dovrebbero poter essere compresi, in quanto ambientati in una realtà diversa dalla nostra.

    Voglio dire, credo che i principi di base del film Cristiana F vadano oltre l’ambientazione Berlinese, per quanto essa abbia rilevanza nella pellicola. Per ciò che concerne il divieto ai minori di VM 14 non ci avevo pensato, l’ho buttata li per due chiacchiere, ma sarebbe un ostacolo appunto sormontabile mediante la richiesta ai genitori, che grossomodo dovrebbero conoscere il film in questione. Comunque sia, a distanza di trent’anni, credo sarebbe appunto un film molto “duro” anche per gli scafati ragazzini d’oggi…

  13. Alberto Cassani ha detto:

    Però tu non consideri l’abitudine che gli spettatori e i telespettatori hanno con le ambientazioni anglosassoni (in senso lato), rispetto a quella praticamente nulla nei confronti delle ambientazioni tedesche. E parlo semplicemente di conoscenza del mondo e abitudine all’ambientazione, non del problema della droga. Tantopiù che il quartiere in cui è ambientato il film è vicino al muro di Berlino e non è detto che ai ragazzi sia stato spiegato dagli insegnanti il momento storico in cui il film è mabientato. Ma tanto per dire una stupidaggine, io all’epoca notai come i ragazzi ricordavano facilmente i nomi dei personaggi statunitensi ma facessero molta fatica a ricordare quelli dei personaggi francesi. E per dirne un’altra, siamo sicuri che un tredicenne italiano del 2011 sappia davvero chi è David Bowie? Considera che le proiezioni organizzate all’interno dell’orario scolastico dovrebbero essere collegate al programma didattico, non solo all’educazione civiva (sempre in senso lato). Peraltro sul fatto che i genitori medi di un tredicenne sappiano anche solo grossomodo di cosa parla il film ho dei seri dubbi…

  14. Plissken ha detto:

    Beh, considerando che i genitori di un tredicenne dovrebbero avere una quarantina d’anni probabilmente abbondanti, dovrebbero ricordare il film, in quanto ebbe una enorme risonanza mediatica per l’epoca. Ovviamente sono illazioni di carattere personale… in ogni caso anche se non ne avessero rimembranza, chissenefrega? Non è mica “Quel gran pezzo dell’Ubalda…” quindi non dovrebbero avere contrarietà in merito 🙂

    Su David Bowie concordo: forse uno su cento sa chi sia, ma a mio personale avviso ciò assume importanza relativa: che sia Bowie o Rihanna poco importa, il concerto gioca un ruolo importante, ma non fondamentale; credo che siano altre le cose che colpirebbero i ragazzi: il rapporto tra i due protagonisti degenerato causa droga, la morte di uno della “compagnia” per lo stesso motivo, i non-genitori, le forti scene inerenti la tentata disintossicazione, il prostituirsi del compagno di Cristiana e così via, in una escalation che assume connotazioni sempre più grevi. Oltre a ciò, l’ottima fotografia e la regia stessa del film sono senz’altro di aiuto nel sottolineare via via la decadenza dell’ambiente legato agli stupefacenti: un messaggio forse subliminale in un ragazzo giovane, ma concreto.

    Riguardo l’ambientazione “ti Cermania” sicuramente comporta una minore immedesimazione rispetto ai “consueti” oramai standard anglosassoni, ma secondo me ciò non è sufficiente ad estraniare un eventuale spettatore, pur giovine, dal contesto, che credo rimanga attuale al di là del momento storico in cui è ambientato il film.

  15. Riccardo ha detto:

    Anch’io sono d’accordo sul fatto che Chrstiane F sia un film ancora attualissimo (in questo periodo storico poi, visto che le droghe se ne fanno uso dalla notte dei tempi) però quel film per quanto ancora d’effetto (e lo dico io che lo vidi a dodici anni la prima volta e mi ha letteralmente scioccato) si limita a fare un’indagine storico/sociale mentre Aronofsky è riuscito a fare quello che Gilliam era riuscito solo in parte (ma non sto stroncando Paura e Delirio a Las Vegas, chiariamo, è uno dei miei film preferiti), riesce a creare lo status allucinato dei protagonisti alla perfezione con apputo “i trucchetti elettronici e di montaggio di ogni sorta” che cita Alberto, anche se però Coppola non ha usato poi molti trucchi.

  16. Riccardo ha detto:

    una domanda ad alberto: perché Aronofski dovrebbe bluffare per questo tuo omonimo…

  17. Alberto Cassani ha detto:

    Non ne abbiamo mai discusso, ma leggendo quello che ha sempre scritto mi par di capire che lui trovi che lo stile che Aronofsky sceglie di volta in volta sia funzionale solo ed esclusivamente a distrarre lo spettatore dalla vacuità della storia.

    Riccardo, non ho capito cosa c’entra Coppola nel tuo discorso. Comunque io non dico che il film di Edel non sia attuale e utile, dico semplicemente che non è adatto ai tredicenni di oggi.

  18. Riccardo ha detto:

    Scusa alberto, non mi sono specificato bene. mi stavo riferendo alla scena del ponte infuocato in Apocalypse Now che Coppola ha detto di aver realizzato come se la si guardasse con gli occhi di uno in preda agli acidi e alle droghe e in effetti c’ha ragione…

  19. Adriano ha detto:

    A me il festino erotico ha ricordato molto Salò e le 120 giornate di Sodoma del buon vecchio Pasolini, un film che sconsiglio assolutamente di vedere.

  20. Andrea ha detto:

    Non lo avevo ancora visto…
    Strepitoso. Una discesa negli inferi angosciante come non mai. Regia grandiosa.
    CAPOLAVORO

  21. Riccardo ha detto:

    Cosa vi aspettate da Noah, l’ultima fatica di Aronofsky?

  22. Alberto Cassani ha detto:

    Io sono un grande estimatore di Aronofsky, ma ho un po’ paura.

  23. Val.Green. ha detto:

    Un adorabile Jared Leto interpreta uno “strafatto altetnativo” la cui dipendenza non intacca del tutto i valori e la morale. Contemporaneamente, costituisce un intreccio di causa-e-conseguenza nell’inevitabile declino della propria vita e di quella degli altri personaggi. Film coinvolgente (letteralmente, grazie alle particolari tecniche di ripresa) e finale straziante. Potete piangere, se volete.

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